Padre Wada: la testimionianza dei cristiani nella società giapponese
Adriana Masotti - Città del Vaticano
Papa Francesco sarà in Giappone dal 23 al 26 novembre prossimi. Per lui sarà il secondo viaggio nel Paese nipponico in cui fu proprio la Compagnia di Gesù a portare per prima l'annuncio del Vangelo a partire dal 1549 con l'arrivo di san Francesco Saverio. Dopo una prima stagione di grande diffusione, la Chiesa cattolica subì in Giappone una persecuzione feroce con l'espulsione di tutti i sacerdoti. Simbolo di essa sono san Paolo Miki, il primo religioso cattolico giapponese, e i suoi Compagni martiri di Nagasaki, un gruppo di 26 tra religiosi e laici, beatificati già nel 1627 e canonizzati da Pio IX nel 1862. Cento anni dopo a Nagasaki venne eretto un Monumento alla loro memoria e Papa Francesco farà tappa proprio lì per rendere omaggio a questi santi nella sua tappa nella città giapponese, domenica 24 novembre.
Le sfide della Chiesa cattolica in Giappone
Padre Makoto Wada, carmelitano, dopo più di 25 anni di lavoro alla Radio Vaticana nella redazione giapponese, è ora procuratore della Conferenza episcopale giapponese a Roma e consigliere ecclesiastico dell’Ambasciata del Giappone presso la Santa Sede. Le sue origini sono buddiste, poi è venuta la conversione al cristianesimo e la decisione di farsi religioso. Ai nostri microfoni analizza la società giapponese oggi, il rapporto con la religione buddista e scintoista, racconta l’attesa del Papa e la curiosità verso la sua persona anche da parte dei non cristiani. Infine affronta le sfide della Chiesa cattolica nell’attuale società:
Padre Wada, oltre due secoli di persecuzioni nei confronti dei cristiani in Giappone a partire dal XVI secolo. Ma quanto è lontano, quel tempo? I cristiani, oggi, come si sentono in una società in cui sono una piccolissima minoranza?
R. – Sì, sono veramente una piccolissima minoranza. Neanche l’1 per cento. Però in Giappone i cristiani sono molto rispettati, oggi. Questo ricordo delle persecuzioni ormai è lontano, perché adesso stiamo benissimo nella società giapponese. Soltanto che la società giapponese è completamente diversa dalla mentalità cristiana e quindi vivere veramente il Vangelo di Cristo nella società giapponese non è tanto facile. Per esempio, il concetto del rispetto della vita è completamente diverso. Voi sapete quanti suicidi ci sono ogni anno in Giappone, ad esempio…
La difesa della vita sarà proprio uno dei temi al centro della visita del Papa
R. – Proprio per questo. Quindi noi aspettiamo che il Papa dica che la vita umana è una cosa molto preziosa.
Diceva poco fa che tra cristiani e shintoisti o buddisti, dunque, c’è rispetto…
R. – Rispetto sì, perché in Giappone la mentalità sincretista è molto forte. Anche il mio papà non era cristiano, ma era molto contento che io fossi diventato cristiano e sacerdote. Lui diceva sempre: “La cima della montagna è una sola, ma per arrivare alla cima ci sono tante strade. Tu hai scelto la via che si chiama cristianesimo: hai fatto bene. Allora vai. Invece io ho scelto la via che si chiama buddhismo, quindi io vado per questa strada fino alla cima; così ci incontreremo sulla cima”. Quindi, anche questa volta, quando il Papa sarà a Tokyo, andranno tanti non cristiani alla sua Messa.
Perché ci saranno tanti non cristiani alla Messa del Papa?
R. – Perché vogliono ricevere la sua benedizione: per loro, la benedizione del Papa è come la benedizione del Buddha. Infatti, anche qui a Roma vengono tanti giapponesi e visitano anche la Basilica Vaticana. La maggioranza dei turisti che arrivano dal Giappone non sono cristiani, ma sono rispettosi: davanti all’altare fanno l’inchino. Così, in qualche modo venerano anche Cristo.
Eppure, ai tempi di San Francesco Saverio molti si sono convertiti al cristianesimo: il cristianesimo è cresciuto tanto, ha avuto una grande diffusione. Oggi, nell’attuale società, i cristiani potrebbero crescere di più?
R. – La società è molto cambiata: quando San Francesco Saverio è arrivato in Giappone, il Giappone non era così, non c’era lo stesso rispetto per la dignità umana. Il cristianesimo dice che tutti sono uguali davanti al Signore, mentre allora non c’era questa mentalità. C’erano quattro ranghi completamente su piani diversi come samurai, commercianti, contadini … I primi cristiani del Giappone erano quasi tutti di rango basso perché quando hanno capito che il cristianesimo dice che anche coloro che stanno sotto, davanti al Signore sono tutti uguali, allora erano molto contenti: era la prima volta che venivano a conoscenza di una dottrina simile. Quindi loro si convertivano volentieri al cristianesimo. Invece oggi la società giapponese non è più così e per questo forse i giapponesi non sentono la necessità di diventare cristiani subito.
Oggi di che cosa hanno bisogno i cattolici giapponesi per testimoniare ancora di più la fede all’interno della loro società?
R. – Come ripete sempre il Santo Padre, noi siamo amati dal Signore, da Dio; allora i cristiani devono sentire prima di tutto che “noi siamo amati da Dio”. In Giappone ci sono tanti disastri naturali, in continuazione. La gente allora non sente di essere amata da qualche divinità, perché si sente piuttosto abbandonata. Però noi dobbiamo dimostrare che, pur con tutte le nostre disgrazie, noi siamo amati dal Signore. Questo è il nostro problema. Perché tanti chiedono: “Voi cristiani dite che il vostro Dio ci ama: ma dove si vede, questo amore del vostro Dio?”. Allora se i cristiani presenteranno – nonostante la realtà – questa convinzione che “noi siamo amati”, allora verranno in tanti ad attingere a questo amore di Dio.
A proposito dei disastri naturali, il Papa incontrerà anche alcune vittime di Fukushima: è molto presente ancora in Giappone questo evento?
R. – Molto, perché molti ancora stanno soffrendo tanto: due anni fa sono andato a vedere direttamente quel posto: è come fosse una città morta. Ci sono tante case, ma nessuno ci può entrare. Dicono che non basteranno nemmeno 100 anni per eliminare la radioattività nucleare di quel posto. Ancora ci sono tante persone che non possono tornare alle loro case.
E anche riguardo a questo la Chiesa è impegnata…
R. – Sì, la Chiesa aiuta perché la Chiesa conosce la realtà. Tanti religiosi e anche tanti sacerdoti vanno come volontari a Fukushima.
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