Il Papa ai vescovi giapponesi: proteggere la vita ed evangelizzare, unica missione
Alessandro Di Bussolo – Città del Vaticano
“Proteggere ogni vita e annunciare il Vangelo” fanno parte della stessa missione, essere vigilanti rispetto a ciò che può impedire, in Giappone “lo sviluppo integrale delle persone” a voi affidate. Papa Francesco si rivolge così, nel suo primo discorso nell’arcipelago del Sol Levante, ai 29 vescovi del Paese, che incontra nel refettorio della nunziatura apostolica di Tokyo. Ricordando il motto “Proteggere ogni vita” che contrassegna il viaggio, 38 anni dopo quello di san Giovanni Paolo II, il Papa sottolinea le minacce alla vita dei giapponesi, come l’aumento dei suicidi, il bullismo e tutte le forme di isolamento che creano alienazione e disorientamento spirituale. Per combattere la disperazione, soprattutto dei giovani, è necessario aprire la “cultura del successo” a quella dell’amore gratuito, che offra a tutti, non solo agli “arrivati” la possibilità di una vita felice.
Il saluto dell'arcivescovo Takami, presidente dei vescovi
Francesco prende la parola dopo il saluto di monsignor Joseph Takami, arcivescovo di Nagasaki e presidente della Conferenza episcopale del Giappone, che ricorda come quest’anno ricorra il 470 esimo anniversario dell’arrivo nell’arcipelago di san Francesco Saverio, il missionario gesuita morto poi in Cina. Takami parla della prima diffusione del cristianesimo nel Paese, della persecuzione iniziata nel 1614 e durata 260 anni, con molti martiri tra missionari e fedeli. Sottolinea che i giapponesi amano e rispettano la natura, e sono un popolo pacifico, ma “diversi problemi relativi alla vita ostacolano lo sviluppo della persona nella sua integrità”.
"L'umanità faccia a meno per sempre delle armi atomiche"
Per questo la Chiesa locale attende dal Papa un messaggio sulla dignità della vita, sul suo significato e su come viverla”. E gli chiede di fare appello al mondo intero “affinché l’umanità faccia a meno delle armi atomiche”, perché non si ripeta più il disastro che nel 1945 colpì Hiroshima e Nagasaki. E nel centenario dell’arrivo del primo inviato papale in Giappone, (monsignor Pietro Fumasoni Biondi, delegato di Benedetto XV, n.d.r.), i vescovi locali pregano “affinché i giapponesi apprendano di più sul cristianesimo e la Chiesa universale apprenda sempre di più sul Giappone, e così le relazioni tra essi si arricchiscano e contribuiscano alla pace e allo sviluppo della comunità internazionale”.
L'impulso missionario verso il Giappone del giovane Bergoglio
Il Pontefice inizia il discorso ricordando che fin da giovane ha “provato simpatia e affetto per queste terre”, ma che la realizzazione di “quell’impulso missionario”, “si è fatta attendere” per problemi di salute, anche se poi, da arcivescovo di Buenos Aires, ha inviato molti sacerdoti “fidei donum” in Giappone. E oggi, sottolinea, “il Signore mi offre l’opportunità di essere tra voi come pellegrino missionario sulle orme di grandi testimoni della fede”. Parla di san Francesco Saverio e di tutti coloro che “nel corso dei secoli, si sono dedicati a seminare il Vangelo e a servire il popolo giapponese con grande unzione e amore”. Come i martiri san Paolo Miki e ai suoi compagni e il beato Justo Takayama Ukon, “che in mezzo a tante prove ha dato testimonianza fino alla morte”.
La fede conservata dai "cristiani nascosti" di Nagasaki
L’offerta di sé di questi martiri, spiega Papa Francesco, “per mantenere viva la fede attraverso la persecuzione, ha aiutato la piccola comunità cristiana a crescere, a consolidarsi e a portare frutto”.
Pensiamo anche ai “cristiani nascosti” della regione di Nagasaki, che hanno conservato la fede per generazioni grazie al battesimo, alla preghiera e alla catechesi. Autentiche Chiese domestiche che risplendevano in questa terra, forse senza saperlo, come specchi della Famiglia di Nazaret.
Una Chiesa apprezzata per il suo contributo al bene comune
Grazie a questa testimonianza e a questa presenza silenziosa, ricorda il Papa, oggi “voi siete una Chiesa viva, che si è conservata pronunciando il Nome del Signore e contemplando come Lui vi guidava in mezzo alla persecuzione”.
La semina fiduciosa, la testimonianza dei martiri e l’attesa paziente dei frutti che il Signore dona a suo tempo, hanno caratterizzato la modalità apostolica con cui avete saputo accompagnare la cultura giapponese. Di conseguenza, avete plasmato nel corso degli anni un volto ecclesiale generalmente molto apprezzato dalla società giapponese, grazie ai vostri molteplici contributi al bene comune.
Nagasaki e Amakusa, Patrimonio culturale mondiale
Francesco sottolinea quindi che “questo importante capitolo della storia del Paese e della Chiesa universale è stato ora riconosciuto con la designazione delle chiese e dei villaggi di Nagasaki e Amakusa come luoghi del Patrimonio culturale mondiale”, e come “memoria viva dell’anima delle vostre comunità”. E spiega che il motto del suo viaggio, “Proteggere ogni vita”, può ben simboleggiare il ministero del vescovo, “che il Signore ha chiamato in mezzo al suo popolo”, “come pastore capace di proteggere ogni vita”.
Il Pontefice descrive poi la missione della Chiesa in Giappone nel segno della “ricerca di inculturazione e dialogo, che ha permesso il formarsi di nuove modalità indipendenti da quelle sviluppate in Europa”, attraverso “scritti, teatro, musica e ogni genere di strumenti, per la gran parte in lingua giapponese”. E chiarisce che “proteggere ogni vita significa, in primo luogo, avere uno sguardo contemplativo capace di amare la vita di tutto il popolo a voi affidato”, che è prima di tutto “un dono del Signore”.
Vigilare su ciò che frena lo sviluppo integrale delle persone
Bisogna porsi davanti ad ogni vita, ribadisce Papa Francesco, “come a un dono gratuito”.
Proteggere ogni vita e annunciare il Vangelo non sono due cose separate né contrapposte: si richiamano e si esigono a vicenda. Entrambe significano stare attenti e vigilanti rispetto a tutto ciò che oggi può impedire, in queste terre, lo sviluppo integrale delle persone affidate alla luce del Vangelo di Gesù.
Chiesa piccola, testimonianza umile e nel dialogo
Il Papa ricorda ancora “che in Giappone la Chiesa è piccola e i cattolici sono una minoranza” (536 mila, lo 0,4 per cento della popolazione, n.d.r), e che l’evangelizzazione richiede l’impegno per “una testimonianza umile, quotidiana e di dialogo con le altre tradizioni religiose”. La cura pastorale per i numerosi lavoratori stranieri, “che rappresentano più della metà dei cattolici del Giappone”, è testimonianza del Vangelo all’interno della società giapponese, e attesta “l’universalità della Chiesa”, nella quale “la nostra unione con Cristo è più forte di qualsiasi altro legame o identità”.
Appello al disarmo nucleare e incontro coi sopravvissuti
Come Chiesa “martiriale”, quella giapponese, per Francesco, “può parlare con maggiore libertà”, sui temi della pace e della giustizia. A Nagasaki e Hiroshima, dove pregherà per le vittime delle bombe atomiche del 1945, conferma che si farà eco “dei vostri appelli profetici al disarmo nucleare” e che incontrerà “coloro che ancora patiscono le ferite di quel tragico episodio della storia umana”, insieme alle vittime del “triplice disastro” del marzo 2011 (terremoto, tsunami e incidente alla centrale nucleare di Fukushima, n.d.r.).
La loro prolungata sofferenza è un eloquente avvertimento al nostro dovere umano e cristiano di aiutare quanti soffrono nel corpo e nello spirito e di offrire a tutti il messaggio evangelico di speranza, guarigione e riconciliazione. Il male non fa preferenze di persone e non si informa sulle appartenenze; semplicemente irrompe con la sua forza distruttiva.
La testimonianza evangelica dell'apostolato educativo
Il Pontefice ricorda anche il devastante tifone che di recente (a metà ottobre, n.d.r.) ha causato tante vittime e danni materiali, affidando alla misericordia del Signore “i morti, i loro familiari e tutti coloro che hanno perso la casa e i beni materiali”. Chiede ancora ai vescovi giapponesi e a tutta la Chiesa di non avere paura “di portare avanti sempre, qui e in tutto il mondo, una missione capace di alzare la voce e difendere ogni vita come dono prezioso del Signore”. Nella testimonianza evangelica della comunità cattolica in Giappone, sottolinea Papa Francesco, è una grande risorsa “l’apprezzato apostolato educativo della Chiesa”, ma la qualità del suo contributo dipenderà “dalla promozione della sua identità e della sua missione”.
Contro i suicidi e il bullismo, la cultura dell'amore gratuito
Il Papa parla quindi dei flagelli “che minacciano la vita di alcune persone” segnate, “dalla solitudine, dalla disperazione e dall’isolamento”.
L’aumento del numero di suicidi nelle vostre città, così come il bullismo e varie forme di auto-esigenza, stanno creando nuovi tipi di alienazione e disorientamento spirituale.
Il Vangelo della compassione e della misericordia
Accompagnati con idee e buona formazione, spiega Francesco, “i vostri giovani possono essere una fonte importante di speranza per i loro coetanei e dare una testimonianza viva di carità cristiana”, perché tante sono in Giappone le vite “assetate di compassione”. In carenza di vocazioni, il Pontefice incoraggia infine i vescovi giapponesi a “far crescere una missione capace di coinvolgere le famiglie e promuovere una formazione in grado di raggiungere le persone là dove si trovano”, nelle città, nei luoghi di lavoro, nelle università, per accompagnarle “con il Vangelo della compassione e della misericordia”.
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