Greccio, il “San Francesco” del presepe vivente: così rivive il Natale del 1223
Alessandro Di Bussolo – Greccio (Rieti)
A Greccio, sotto la rupe sulla quale è abbarbicato l’eremo francescano di Greccio, che ospita il Santuario del presepe, c’è una piana sulla quale è atterrato e poi ripartito l’elicottero che ha portato Papa Francesco dal Vaticano a questi monti della valle reatina. Qui, dal 24 dicembre al 6 gennaio per sei serate, va in scena la rievocazione storica del presepe di Greccio del 1223, che non è ambientata a Betlemme, ma fa rivivere la nascita del primo presepe della storia, realizzato da San Francesco d’Assisi con l’aiuto del nobile signore di Greccio, Giovanni Velita. Decine di personaggi in costumi medievali sono protagonisti di sei scene, in una rappresentazione che si apre nella chiesetta di Greccio dove frate Leone, il primo compagno del Poverello, con frate Angelo e frate Ruffino, a vent’anni dalla morte di San Francesco, parlano della vita del fondatore che Leone è incaricato di redigere.
Giovannelli: riproponiamo il messaggio di San Francesco
La rappresentazione si chiude con il Santo che tiene in braccio il bambinello - realizzato dalla moglie di Velita, donna Alticama - che sembra prendere vita. Così, da quella sera, Greccio diventa la nuova Betlemme. A Federico Giovannelli, impiegato di Greccio, che interpreta San Francesco, e che con un gruppo di figuranti ieri ha incontrato Papa Francesco, chiediamo di raccontarci come vive questo suo servizio da volontario e di commentare alcune parti della Lettera del Papa sul presepe firmata e consegnata nel Santuario francescano.
R. – La rappresentazione storica di Greccio è molto importante in quanto fa vedere ciò che realizzò qui San Francesco. Impersono ormai circa da otto anni la figura di San Francesco d’Assisi. È un onere ma anche un onore, perché devi cercare di riproporre il messaggio che San Francesco voleva trasmettere all’epoca, nel 1223. La rappresentazione è sempre realizzata da ragazzi e ragazze e adulti del nostro borgo, e il numero è abbastanza nutrito. Certo, sarebbe ancora meglio che tutta la popolazione lavorasse nel presepe vivente. Comunque, devo dire che la rievocazione storica è molto sentita qui a Greccio.
Nella lettera il Papa ricorda la visione del Bambino Gesù alla fine del presepe e la gioia che riempì tutti i presenti. Nella rappresentazione riuscite a trasmettere questa gioia?
R. - Credo di sì. Sono ormai più di 50 anni che il presepe vivente viene rievocato e tutti gli anni c’è il pienone; viene moltissima gente, non solo dall’Italia ma anche dall’estero. La prima rappresentazione del presepe con le scene che abbiamo oggi, è avvenuta nel 1973. Il presidente dell’epoca, Luigi Scasciafratte, ebbe questa idea di rappresentare proprio qui al santuario la rievocazione storica. In questi ultimi anni abbiamo, nelle sei rappresentazioni che vengono svolte nel periodo che va dal 24 dicembre fino al 6 gennaio, circa 2000 – 2500 persone a rappresentazione. Alla fine molta gente si avvicina e ci fa commuovere veramente, perché ci abbracciano, si commuovono. Cerchiamo di metterci tutto il cuore per poter trasmettere il significato del presepe. La gente è molto presa dalla nostra rappresentazione storica.
Nel vostro piccolo cercate anche voi, nella rappresentazione, di evangelizzare, come il Papa scrive che fece San Francesco con il primo presepe: “una grande opera di evangelizzazione”?
R. - Sicuramente sì. Noi trasmettiamo il senso del presepe. Credo che in ogni casa, non solo a Greccio, ma in tutto il mondo cristiano, deve esserci il presepe durante il periodo natalizio. Ci fa ricordare le nostre tradizioni, la nostra cultura cristiana. Ad esempio ogni anno, anche nella mia casa, con i miei figli, realizzo un piccolo presepe statico, come moltissimi degli abitanti di Greccio.
Ma il primo presepe fu un bue, un asinello, una mangiatoia e un po’ di paglia: la semplicità. Il Papa infatti scrive che il presepe “ripropone la bellezza della nostra fede con semplicità”. Voi nella vostra rappresentazione date questo senso di semplicità?
R. - La nostra rappresentazione segue per filo e per segno le fonti francescane, quello che raccontò Tommaso da Celano proprio quella notte. Abbiamo creato qualche effetto scenografico, però sempre rimanendo nei canoni della semplicità francescana. Noi abbiamo San Francesco, Giovanni Velita, il feudatario di Greccio del 1223, sua moglie, donna Alticama, il bue, l’asinello e un bimbo in terracotta che, come racconta proprio il Celano, fu realizzato da donna Alticama. Quella notte, quando San Francesco prese in braccio il bimbo, agli occhi dei presenti, questo prese vita - così racconta il Celano - e la paglia che era sulla mangiatoia fece da guarigione a tutte le partorienti. Sicuramente sarà leggenda, sarà tradizione, però è la nostra storia, è la nostra cultura e a noi piace portarla avanti in questo modo.
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