Messaggio di Natale del Papa: Cristo sia luce per i bambini vittime della guerra
Alessandro Di Bussolo – Città del Vaticano
La grande luce profetizzata da Isaia è Gesù, che il Padre ci ha “dato per sempre”, “piccola fiammella accesa nel buio”, “Parola di Dio fatta carne” che “continua a chiamare gli schiavi di ogni tempo ad uscire dalle loro prigioni”. Questa luce di Cristo è più grande delle tenebre “nei cuori umani”, “nelle relazioni” e nei “conflitti economici, geopolitici ed ecologici”. E’ il cuore del messaggio di Natale di Papa Francesco, comunicato al mondo dalla Loggia delle benedizioni della Basilica di san Pietro in uno splendido ma freddo giorno di sole.
Pace in Siria, Terra Santa, Ucraina e Congo
Il Papa chiede a Cristo di essere luce per i tanti bambini che patiscono la guerra e i conflitti in Medio Oriente e in vari Paesi del mondo, e conforto per i popoli di Siria, Terra Santa, Ucraina e Repubblica Democratica del Congo, per le crisi in Libano e Venezuela, per chi è perseguitato per la fede e per chi deve “emigrare nella speranza di una vita sicura”.
Parola che chiama gli schiavi ad uscire dalle prigioni
Dopo la citazione dalla prima lettura, il brano di Isaia inserito nella liturgia di questo giorno di festa, “Il popolo che camminava nelle tenebre ha visto una grande luce”, Francesco sottolinea che Gesù, che significa “Dio salva”, “nato questa notte nuovamente dal grembo della madre Chiesa” è stato mandato nel mondo dal Padre “non per condannarlo, ma per salvarlo”. Ed è “Parola di Dio fatta carne”, la Parola “che ha guidato gli ebrei nel cammino dalla schiavitù alla libertà, e continua a chiamare gli schiavi di ogni tempo, anche di oggi, ad uscire dalle loro prigioni”. È, ricorda il Pontefice, “Parola più luminosa del sole, incarnata in un piccolo figlio di uomo, Gesù, luce del mondo”.
Siria: la comunità internazionale trovi soluzioni
Sì, prosegue, “ci sono tenebre nei cuori umani, ma più grande è la luce di Cristo”. Come “ci sono tenebre nelle relazioni personali, familiari, sociali, ma più grande è la luce di Cristo. Ci sono tenebre nei conflitti economici, geopolitici ed ecologici, ma più grande è la luce di Cristo”. Cristo, è l’auspicio e la preghiera di Papa Francesco, “sia luce per i tanti bambini che patiscono la guerra e i conflitti in Medio Oriente e in vari Paesi del mondo”…
Sia conforto per l’amato popolo siriano che ancora non vede la fine delle ostilità che hanno lacerato il Paese in questo decennio. Scuota le coscienze degli uomini di buona volontà. Ispiri oggi i governanti e la comunità internazionale a trovare soluzioni che garantiscano la sicurezza e la convivenza pacifica dei popoli della Regione e ponga fine alle loro indicibili sofferenze.
Sostegno al Libano, alla Terrasanta, all'Iraq e allo Yemen
Cristo, continua il Papa, “sia sostegno per il popolo libanese, perché possa uscire dall’attuale crisi e riscopra la sua vocazione ad essere un messaggio di libertà e di armoniosa coesistenza per tutti”. Sia luce “per la Terra Santa dov’Egli è nato”, e dove tanti “nella fatica ma senza sfiduciarsi”, aspettano giorni di pace, di sicurezza e di prosperità. Sia consolazione “per l’Iraq, attraversato da tensioni sociali, e per lo Yemen, provato da una grave crisi umanitaria”. E aggiunge a braccio rispetto al testo: “Penso ai bambini dello Yemen”.
Giustizia e riconciliazione per il Venezuela e tutta l'America
Il piccolo Bambino di Betlemme, prosegue Francesco, sia speranza “per tutto il Continente americano, in cui diverse Nazioni stanno attraversando una stagione di sommovimenti sociali e politici”.
Rinfranchi il caro popolo venezuelano, lungamente provato da tensioni politiche e sociali e non gli faccia mancare l’aiuto di cui abbisogna. Benedica gli sforzi di quanti si stanno prodigando per favorire la giustizia e la riconciliazione e si adoperano per superare le varie crisi e le tante forme di povertà che offendono la dignità di ogni persona.
Pace duratura in Ucraina e per i popoli dell'Africa
Sia luce, è l’appello del Pontefice, “per la cara Ucraina, che ambisce a soluzioni concrete per una pace duratura”. E per i popoli dell’Africa, “dove perdurano situazioni sociali e politiche che spesso costringono le persone ad emigrare, privandole di una casa e di una famiglia”.
Sia pace per la popolazione che vive nelle regioni orientali della Repubblica Democratica del Congo, martoriata da persistenti conflitti. Sia conforto per quanti patiscono a causa delle violenze, delle calamità naturali o delle emergenze sanitarie. Sia conforto a quanti sono perseguitati a causa della loro fede religiosa, specialmente i missionari e i fedeli rapiti.
L' ingiustizia costringe i migranti "a subire abusi indicibili"
E a quanti, aggiunge, “cadono vittime di attacchi da parte di gruppi estremisti, soprattutto in Burkina Faso, Mali, Niger e Nigeria”. Il Figlio di Dio, è la preghiera di Papa Francesco, “sia difesa e sostegno per quanti, a causa di queste ed altre ingiustizie, devono emigrare nella speranza di una vita sicura”.
È l’ingiustizia che li obbliga ad attraversare deserti e mari, trasformati in cimiteri. È l’ingiustizia che li costringe a subire abusi indicibili, schiavitù di ogni tipo e torture in campi di detenzione disumani. È l’ingiustizia che li respinge da luoghi dove potrebbero avere la speranza di una vita degna e fa loro trovare muri di indifferenza.
Diventiamo strumenti dell'amore di Cristo per gli altri
E’ l’umanità ferita per la quale, in conclusione, il Papa chiede che “L’Emmanuele sia luce”, e “Sciolga il nostro cuore spesso indurito ed egoista e ci renda strumenti del suo amore”. E’ attraverso i nostri poveri volti che Cristo può donare “il suo sorriso ai bambini di tutto il mondo: a quelli abbandonati e a quelli che hanno subito violenze”. Attraverso le nostre deboli braccia, che può vestire “i poveri che non hanno di che coprirsi”, dare “il pane agli affamati”, e curare “gli infermi”. Grazie alla nostra fragile compagnia, può essere “vicino alle persone anziane e a quelle sole, ai migranti e agli emarginati. In questo giorno di festa, doni a tutti la sua tenerezza e rischiari le tenebre di questo mondo”.
Annunciamo con la testimonianza di vita che Cristo è nato
Dopo la preghiera dell’Angelus, il cardinale protodiacono Renato Raffaele Martino annuncia l’indulgenza plenaria concessa dal Papa nell’occasione. Il Pontefice imparte la benedizione apostolica “Urbi ed Orbi”, che vale quindi per tutto il mondo, non solo per chi è presente in piazza, saluta chi è collegato mediante la radio, la televisione e gli altri mezzi di comunicazione, e ricorda infine che “tutti siamo chiamati a dare speranza al mondo, annunciando con le parole e soprattutto con la testimonianza della nostra vita che Gesù, nostra pace, è nato”.
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