Lo sguardo d’amore del Papa e della Chiesa per l’uomo e il bene comune
Debora Donnini – Città del Vaticano
È uno sguardo che abbraccia non solo il mondo da Nord a Sud, da Est a Ovest, con le sue ferite, ma tutto l’uomo anche nella sua dimensione sociale e intima, quello che il Papa offre tradizionalmente, qualche giorno dopo l’Epifania, nell’incontro con il Corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede, per lo scambio degli auguri per il nuovo anno. È uno sguardo prima di tutto e soprattutto d’amore per l’uomo: ha sullo sfondo lo scacchiere internazionale ma interpella il cuore di ciascuno. Un discorso che si impasta con gli eventi di cronaca, con il Magistero, con i viaggi apostolici compiuti. E in particolare che riecheggia il Messaggio per Giornata Mondiale per la Pace, pubblicato ogni primo gennaio. A gettare luce sul presente è sempre una retrospettiva storica forte, senza dimenticare quella vocazione allo strumento del dialogo come via privilegiata proprio della Santa Sede.
Sono 6 i discorsi al Corpo diplomatico accreditato, quelli che Francesco ha tenuto finora. Con quello di oggi, saranno 7. E se l’attenzione è sempre puntata sui Paesi in conflitto, sui migranti, sulle violazioni dei diritti umani, sul futuro dei cristiani in Medio Oriente, sulla minaccia nucleare, e sulla pace come orizzonte a cui guardare, ogni anno si può rintracciare una sfumatura particolare che compone il mosaico dello sguardo di Francesco sul mondo. Siria, Penisola coreana, rapporti fra israeliani e palestinesi, Venezuela, Yemen e Afghanistan, diversi Paesi dell’Africa e tante altre situazioni dolorose nel mondo sono stati al centro dei suoi interventi ma anche l’attenzione al creato e al dramma della violenza sulle donne.
La diplomazia cerchi soluzioni comuni di fronte a tendenze nazionalistiche (2019)
Protagonista del discorso di Papa Francesco del 2019 è la diplomazia multilaterale:
Ritengo dunque importante che anche nel tempo presente non venga meno la volontà di un confronto sereno e costruttivo fra gli Stati, pur essendo evidente come i rapporti in seno alla comunità internazionale, e il sistema multilaterale nel suo complesso, stiano attraversando momenti di difficoltà, con il riemergere di tendenze nazionalistiche, che minano la vocazione delle Organizzazioni internazionali ad essere spazio di dialogo e di incontro per tutti i Paesi.
È proprio il centenario della nascita della Società delle Nazioni, che offre al Papa l’opportunità di ricordare che premessa indispensabile della diplomazia multilaterale sono buona fede, un confronto leale e la volontà di accettare gli inevitabili compromessi che nascono dal confronto, perché altrimenti prevale la ricerca di soluzioni unilaterali fino alla sopraffazione del più forte sul più debole. Oltre allo sguardo internazionale, viene ribadito l’impegno della Chiesa contro gli abusi sui minori da parte di alcuni membri del clero. Così come, particolarità del 2019, viene segnalato con gratitudine dal Papa che, “dopo tanti anni, tutti i vescovi in Cina sono in piena comunione con il Successore di Pietro e con la Chiesa universale”. Si menziona l’Accordo provvisorio tra la Santa Sede e la Repubblica Popolare Cinese sulla nomina dei vescovi in Cina, del settembre 2018, con l’auspicio che si risolvano le questioni aperte.
I diritti “fondamentali” e la molteplicità dei “nuovi diritti” (2018)
Se c’è un tratto distintivo del suo intervento nel 2018, è senz’altro quello dei diritti, quelli fondamentali e quelli “nuovi”, a partire dai 70 anni della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo adottata dall’Onu nel 1948. Francesco nota infatti che soprattutto in seguito ai sommovimenti sociali del “Sessantotto”, l’interpretazione di alcuni diritti è andata progressivamente modificandosi, così da includere una molteplicità di “nuovi diritti”, non di rado in contrapposizione tra loro:
Ciò non ha sempre favorito la promozione di rapporti amichevoli tra le Nazioni, poiché si sono affermate nozioni controverse dei diritti umani che contrastano con la cultura di molti Paesi, i quali non si sentono perciò rispettati nelle proprie tradizioni socio-culturali, ma piuttosto trascurati di fronte alle necessità reali che devono affrontare. Vi può essere quindi il rischio – per certi versi paradossale – che, in nome degli stessi diritti umani, si vengano ad instaurare moderne forme di colonizzazione ideologica dei più forti e dei più ricchi a danno dei più poveri e dei più deboli.
Nello stesso tempo il Papa segnala però che molti diritti fondamentali sono ancor oggi “violati” con riferimento non solo alla guerra e alla violenza ma ai “bambini scartati ancora prima di nascere”, agli anziani scartati soprattutto se malati e alle donne “che spesso – ricorda – subiscono violenze e sopraffazioni anche in seno alle proprie famiglie”.
La follia omicida del terrorismo (2017)
Nel 2017, rivolgendosi al Corpo diplomatico per gli auguri per il nuovo anno, il Papa denuncia il fenomeno del “terrorismo di matrice fondamentalista”.
Si tratta di una follia omicida che abusa del nome di Dio per disseminare morte, nel tentativo di affermare una volontà di dominio e di potere. Faccio perciò appello a tutte le autorità religiose perché siano unite nel ribadire con forza che non si può mai uccidere nel nome di Dio. Il terrorismo fondamentalista è frutto di una grave miseria spirituale, alla quale è sovente connessa anche una notevole povertà sociale. Esso potrà essere pienamente sconfitto solo con il comune contributo dei leader religiosi e di quelli politici.
Proprio nel settembre precedente si era tenuta ad Assisi la Giornata Mondiale di Preghiera per la Pace con i rappresentanti delle diverse religioni. Centrale è quella “cultura della misericordia” ricordata nella Misericordia et misera. Il Papa ribadisce che la chiave per la pace è di fatto lo sviluppo integrale e chiede anche un nuovo umanesimo per l’Europa “basato sulle capacità di integrare, di dialogare e di generare, che hanno reso grande il cosiddetto vecchio Continente”, richiamandosi al discorso rivolto in occasione del conferimento del Premio Carlo Magno nel maggio dell’anno precedente.
Il volto della misericordia e gli idoli del profitto (2016)
Sempre, è la dignità della vita umana a fare da sfondo ai suoi discorsi. Un accorato appello in questo senso, in particolare per i migranti che fuggono da guerre e miseria in cerca di speranza, lo ha rivolto nel 2016 quando ribadì la richiesta di “ribaltare la cultura dello scarto”, rammaricandosi nel constatare “che spesso questi migranti non rientrano nei sistemi internazionali di protezione in base agli accordi internazionali”:
Come non vedere in tutto ciò il frutto di quella “cultura dello scarto” che mette in pericolo la persona umana, sacrificando uomini e donne agli idoli del profitto e del consumo? È grave assuefarci a queste situazioni di povertà e di bisogno, ai drammi di tante persone e farle diventare “normalità”. Le persone non sono più sentite come un valore primario da rispettare e tutelare, specie se povere o disabili, se “non servono ancora” – come i nascituri –, o “non servono più” – come gli anziani.
Ricordando, poi, che ogni esperienza religiosa autenticamente vissuta non può che promuovere la pace, il Papa richiama proprio la sua scelta di aprire la Porta Santa a Bangui, nella Repubblica Centrafricana, inaugurando il Giubileo straordinario della Misericordia alcuni mesi, prima, cioè nel novembre 2015.
La cultura dello scarto (2015)
La denuncia della “cultura dello scarto”, termine decisivo, era già forte nel discorso del 2015 con quella esortazione alla pace che di anno in anno si rinnova di fronte a quella che si presenta come “una vera e propria guerra mondiale combattuta a pezzi”. Lo stesso terrorismo di matrice fondamentalista è “conseguenza della cultura dello scarto applicata a Dio”, sottolineava, perché rifiuta Dio relegandolo a “un mero pretesto ideologico”. Vittima ne è anche la famiglia che, proprio negli anni 2014 e 2015, sarà al centro dei due Sinodi voluti dal Papa:
La famiglia stessa è poi non di rado fatta oggetto di scarto, a causa di una sempre più diffusa cultura individualista ed egoista che rescinde i legami e tende a favorire il drammatico fenomeno della denatalità, nonché di legislazioni che privilegiano diverse forme di convivenza piuttosto che sostenere adeguatamente la famiglia per il bene di tutta la società.
L’attenzione d’amore della Chiesa (2014)
Nel 2014, il suo primo discorso al Corpo diplomatico accreditato, ricordava come la via “per risolvere le problematiche aperte deve essere quella diplomatica del dialogo”, la strada maestra indicata con lucidità da Benedetto XV che chiedeva di porre fine all’“inutile strage” del primo conflitto mondiale. Anche in questo discorso si ergevano con chiarezza le problematiche della cultura dello scarto, il dramma delle moltitudini costrette a fuggire e l’indifferenza davanti alle tragedie dei naufraghi nel Mediterraneo, con il ricordo della sua breve visita compiuta a Lampedusa nel luglio precedente, alcuni mesi dopo la sua elezione al soglio pontificio.
Purtroppo, oggetto di scarto non sono solo il cibo o i beni superflui, ma spesso gli stessi esseri umani, che vengono “scartati” come fossero “cose non necessarie”. Ad esempio, desta orrore il solo pensiero che vi siano bambini che non potranno mai vedere la luce, vittime dell’aborto, o quelli che vengono utilizzati come soldati, violentati o uccisi nei conflitti armati, o fatti oggetti di mercato in quella tremenda forma di schiavitù moderna che è la tratta degli esseri umani, la quale è un delitto contro l’umanità.
È la consapevolezza che la pace non si riduce ad un’assenza di guerra ma si costruisce giorno per giorno, lo spirito che anima la Chiesa a prodigarsi al servizio di chiunque sia bisognoso. È a partire da tale “attenzione d’amore” - ricordava il Papa riferendosi alla sua prima e programmatica delle sue Esortazioni Apostoliche, l’Evangelii Gaudium del novembre 2013 - che “la Chiesa coopera con tutte le istituzioni che hanno a cuore tanto il bene dei singoli quanto quello comune”.
ULTIMO AGGIORNAMENTO: GIOVEDì 9 GENNAIO
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