Francesco: chi fa la guerra non sa dominare le proprie passioni
Benedetta Capelli – Città del Vaticano
Una bimba di un anno e mezzo che muore per il freddo in Siria. Il ricordo di Papa Francesco fa piombare nella crudeltà della guerra, delle calamità ma anche nelle conseguenze gravi di passioni incontrollate, di “azioni cattive” che partono dal cuore, culla anche di bontà e di amore. E’ un viaggio tra le cadute e le risalite dell’uomo quello che Francesco offre all’Angelus in Piazza San Pietro, commentando il passo del Vangelo tratto dal “Discorso della montagna”. E’ una riflessione sui Comandamenti dati a Mosè e un invito a vivere la Legge come “strumento di libertà”, a guidare i desideri perché “non è bene – afferma il Papa – cedere a sentimenti egoistici e possessivi”. La Legge però non esclude l’amore; Gesù sa che non è semplice vivere profondamente i Comandamenti “per questo ci offre il soccorso del suo amore”; “si tratta – continua il Pontefice - di affidarsi a Lui”. E’ quella la via per dirsi davvero cristiani. (Ascolta il servizio con la voce del Papa)
Incapaci di gestire la vita
Dio ci educa alla vera libertà e responsabilità se ci mostriamo disponibili. Il Papa sottolinea come Gesù voglia spiegare ai suoi interlocutori il vero senso della Legge, contenuta nei Comandamenti dati a Mosè.
Non dimentichiamo questo: vivere la Legge come uno strumento di libertà, che mi aiuta ad essere più libero, che mi aiuta a non essere schiavo delle passioni e del peccato. Pensiamo alle guerre, pensiamo alle conseguenze delle guerre, pensiamo a quella bambina morta di freddo in Siria l’altro ieri. Tante calamità, tante. Questo è frutto delle passioni e la gente che fa la guerra non sa dominare le proprie passioni. Gli manca di adempiere la Legge. Quando si cede alle tentazioni e alle passioni, non si è signori e protagonisti della propria vita, ma si diventa incapaci di gestirla con volontà e responsabilità.
Il cuore accoglie la Legge di Dio
Francesco si sofferma sulla comunicazione di Gesù, il suo ricorso alle 4 antitesi che fanno riferimento a situazioni di vita quotidiana – “l’omicidio, l’adulterio, il divorzio e i giuramenti” – e incoraggia a passare da “un’osservanza formale della Legge a un’osservanza sostanziale, accogliendo la Legge nel cuore, che è il centro delle intenzioni, delle decisioni, delle parole e dei gesti di ciascuno di noi”. “Dal cuore – sottolinea il Papa - partono le azioni buone e quelle cattive”; da qui inizia il cambiamento di uno stile di vita, dimenticando quello “fatto di promesse non mantenute”.
Accogliendo la Legge di Dio nel cuore si capisce che, quando non si ama il prossimo, si uccide in qualche misura sé stessi e gli altri, perché l’odio, la rivalità e la divisione uccidono la carità fraterna che è alla base dei rapporti interpersonali. E questo vale per quello che ho detto delle guerre e anche per le chiacchiere, perché la lingua uccide. Accogliendo la Legge di Dio nel cuore si capisce che i desideri vanno guidati, perché non tutto ciò che si desidera si può avere, e non è bene cedere ai sentimenti egoistici e possessivi.
Il soccorso dell’amore
Affidarsi a Gesù è la strada che il Papa indica per sentirsi sostenuti, per accogliere la sua mano tesa, la grazia, il suo aiuto “ricolmo di bontà e misericordia”, perché Lui sa che è facile cadere.
Gesù è consapevole che non è facile vivere i Comandamenti in questo modo così totalizzante. Per questo ci offre il soccorso del suo amore: Egli è venuto nel mondo non solo per dare compimento alla Legge, ma anche per donarci la sua Grazia, così che possiamo fare la volontà di Dio, amando Lui e i fratelli. Tutto, tutto possiamo fare con la grazia di Dio! Anzi, la santità non è altra cosa che custodire questa gratuità che ci ha dato Dio, questa grazia.
La via del cuore
La strada da percorrere per dirsi cristiani è quella “di progredire sulla via dell’amore che Lui ci ha indicato e che parte dal cuore”. Un cammino che, grazie all’intercessione della Vergine, possiamo vivere “per raggiungere la gioia vera e diffondere dappertutto la giustizia e la pace”.
I saluti
Nei saluti, al termine dell’Angelus, il Papa ha ricordato i pellegrini italiani e quelli provenienti dalla Croazia e dalla Serbia; da Trappes, in Francia; dalla diocesi di Toledo, in Spagna; e gli studenti del “Colegio Asunción Cuestablanca” di Madrid.
Grazie per aver letto questo articolo. Se vuoi restare aggiornato ti invitiamo a iscriverti alla newsletter cliccando qui