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Celebrazione per i 150 anni di Roma Capitale Celebrazione per i 150 anni di Roma Capitale 

Il Papa: Roma è una grande risorsa dell’umanità, sia sempre più una città fraterna

La Città Eterna deve rinnovarsi aprendosi al mondo e includendo tutti. Lo ricorda Francesco nel messaggio per l’inizio delle celebrazioni dei 150 anni della Capitale. Richiamata la responsabilità per le periferie, segnate da troppe miserie. Ricordate le parole di Montini sulla fine del potere temporale

Debora Donnini – Città del Vaticano

“Solo se diverrà sempre più una citta fraterna”, Roma vivrà la sua vocazione universale e così sarà promotrice di unità e pace nel mondo. Nel Messaggio per l’apertura delle celebrazioni dei 150 anni di Roma Capitale, il Papa ricorda l’alta vocazione della città ad essere “una città d’incontro” nel panorama internazionale carico di conflittualità. A leggere il testo del Papa nel pomeriggio, il cardinale segretario di Stato, Pietro Parolin, al Concerto al Teatro dell’Opera di Roma. Un evento che apre le celebrazioni per questo anniversario, alla presenza del presidente della Repubblica Sergio Mattarella.

Fraternità fra la Chiesa cattolica e la Comunità ebraica

In 150 anni Roma è cambiata molto passando da ambiente umano omogeno a comunità multietnica, in cui convivono, accanto a quella cattolica, visioni ispirate ad altri credo religiosi e a concezioni non religiose dell’esistenza. Ricordando che la Chiesa ha condiviso gioie e dolori dei romani, Papa Francesco richiama quindi tre momenti di questa ricca storia comune. Il suo pensiero va, in primo luogo, ai nove mesi di occupazione nazista della città e, dal 16 ottobre del 1943, alla “terribile caccia per deportare gli ebrei”: “fu la Shoah vissuta a Roma”, scrive il Papa, che ricorda come allora la Chiesa fu “uno spazio di asilo per i perseguitati” e caddero “antiche barriere” e “dolorose distanze”. Tempi difficili, da cui trarre prima di tutto la lezione dell’”imperitura fraternità” fra la Chiesa cattolica e la Comunità ebraica, evidenzia ancora, sottolineando “con umiltà” che la Chiesa rappresenta “una risorsa di umanità nella città” e che i cattolici sono chiamati a vivere con passione e responsabilità la vita di Roma.

Gli anni del Concilio Vaticano II 

Il secondo avvenimento riguarda gli anni del Concilio Vaticano II, dal 1962 al 1965, quando la città che accolse Padri Conciliari, Osservatori ecumenici e tanti altri, “brillò come spazio universale, cattolico, ecumenico”, divenendo appunto “città universale di dialogo ecumenico e interreligioso” e di pace. Si vide quindi il significato della città per la Chiesa e per il mondo intero, rimarca Francesco richiamandosi allo studioso tedesco Theodor Mommsen che diceva che “a Roma non si sta senza avere dei propositi cosmopoliti”.

Il convegno sui "mali di Roma" in ascolto delle periferie

Il terzo momento richiamato dal Papa è il cosiddetto convegno sui “mali di Roma” del 1974, voluto dall’allora cardinale vicario Ugo Poletti, con le partecipate assemblee di popolo quando ci si pose in ascolto dei poveri e delle periferie. Un’universalità vissuta nel senso dell’inclusione dei periferici. La città è infatti chiamata ad essere “la casa di tutti” ed è una responsabilità anche oggi perché – scrive il Papa – le odierne periferie sono segnate da “troppe miserie”, “abitate da grandi solitudini” e “povere di reti sociali”.

Non sguardo pessimista, Roma si rinnovi 

Papa Francesco sottolinea infatti la domanda di inclusione che è presente nei poveri e in quanti, immigrati e rifugiati, guardano Roma come “un approdo di salvezza”, con occhi che la vedono con più attesa e speranza “di noi romani che – evidenzia - per molteplici problemi quotidiani, la guardiamo in modo pessimista, quasi fosse destinata alla decadenza”. “No, Roma una grande risorsa dell’umanità” - prosegue - una città di una bellezza unica e “può e deve rinnovarsi nel duplice senso dell’apertura al mondo e dell’inclusione di tutti”. In questo la stimolano anche i Giubilei, scrive ancora, ricordando che “quello del 2025 ormai non è più lontano”.

Serve una visione comune

Non si può vivere “a testa bassa”, ciascuno preso dai suoi impegni: serve una visione comune di città “fraterna e universale”, rimarca nel Messaggio. Una visione che è scritta nei "cromosomi" di Roma, attorno alla quale riunirsi, e “un sogno proposto alle nuove generazioni”. “Roma - sottolinea il Papa - sarà promotrice di unità e pace nel mondo, quanto sarà capace di costruirsi come una città fraterna”. San Giovanni Paolo II, che amava tanto Roma, citava spesso un poeta polacco che diceva: “Se tu dici Roma, ti risponde Amor”. Un amore che non fa vivere per sé ma per gli altri. E San Paolo VI sottolineava come Roma fosse erede dell’ideale tipico della civiltà in quanto tale e centro della Chiesa cattolica.

Le parole di Montini sul potere temporale

Ma la dimenticanza della storia, la poca speranza e la rassegnazione nel costruire un domani migliore spesso si accompagnano mentre assumere il ricordo del passato “spinge a vivere un futuro comune” sottolinea Francesco che avverte: “se condivideremo la visione di città fraterna, inclusiva, aperta al mondo”, Roma avrà un futuro. Nel Messaggio ricorda anche come “la proclamazione di Roma Capitale fu un evento provvidenziale, che allora suscitò polemiche e problemi” ma cambiò Roma, l’Italia e la Chiesa stessa e così iniziò una nuova storia. In questo senso si richiama alle parole dell’allora cardinale Montini che alla vigilia del Concilio Vaticano II, riferendosi all’evento di Roma Capitale, disse che “parve un crollo” e lo fu “per il dominio territoriale pontificio” ma la Provvidenza “aveva diversamente disposto le cose, quasi drammaticamente giocando negli avvenimenti”.

 

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03 febbraio 2020, 18:06