Giovagnoli: i governanti ascoltino il Papa nel perseguire la strada del bene comune
Debora Donnini – Città del Vaticano
Il mondo della politica stamani al centro dell’intenzione di preghiera di Papa Francesco alla Messa a Casa Santa Marta. Riecheggiando Paolo VI nel sottolineare che “la politica è una forma alta di carità”, il Papa ha pregato per i partiti politici nei diversi Paesi, “perché in questo momento di pandemia cerchino insieme il bene del Paese e non il bene del proprio partito”. Un richiamo, alto quando fondamentale, quello del Papa come sottolinea lo storico Agostino Giovagnoli, docente di Storia contemporanea all' Università Cattolica di Milano:
R. - Papa Francesco in questo periodo è intervenuto più volte in modo molto diretto e preciso su tante questioni. Adesso interviene sul problema di chi governa, dei politici, in questa fase, e anche qui coglie un problema importante perché la pandemia ha colto buona parte del mondo fortemente squilibrato, dal punto di vista politico, verso un rapporto che privilegia la ricerca del consenso elettorale in un modo esagerato. Lo stesso fenomeno del populismo è un fenomeno che si connette a questa attenzione. È chiaro che la pandemia chiede ai politici, soprattutto ai governanti, tutt'altro: chiede di prendere decisioni in modo rapido, tenendo conto delle competenze - cosa anche questa non molto in auge negli ultimi tempi - e a volte anche in modo impopolare, tanto è vero che le decisioni di lockdown sono oggetto di proteste in molte situazioni.
Il Papa aveva anche recentemente pregato per i governanti, con uno sguardo al dopo pandemia perché - aveva detto - trovino la strada giusta sempre in favore dei popoli e, in quell’omelia, aveva spiegato con chiarezza che la scommessa sarà o per la vita e la resurrezione dei popoli o per il sepolcro del Dio denaro, il sepolcro della fame, della schiavitù, delle guerre, dei bambini senza educazione, delle fabbriche di armi. Quindi, di fatto le due grandi strade che si pongono davanti all’umanità, sono queste?
R. - Le due grandi strade sono decisamente alternative, in questo momento. È raro che nella storia ci siano momenti in cui ci si trovi di fronte a dilemmi così netti. Certamente Papa Francesco ha avuto la capacità di cogliere che invece in questo momento c'è un dilemma epocale, che si presenta davanti ai governanti e ovviamente anche ai popoli. Ed è quello tra la strada di una ricostruzione che badi al bene comune, all'interesse collettivo, a un interesse collettivo che oltretutto non può essere solo un interesse nazionale, perché la pandemia ha rilanciato la realtà di un mondo sempre più interdipendente e globalizzato. E va rilevato che l'attenzione ai più poveri deve essere parte integrante di questo progetto per il bene comune e dall'altra parte c'è, invece, il dio denaro, dice Papa Francesco, una logica angusta di interessi particolari, frammentati che sono però anche conflittuali fra di loro e se seguiti uno per uno, danneggiano tutti, e cioè non è più conveniente, in questo momento, perseguire la via dell'egoismo, la via dell' interesse particolare, la via del conflitto esasperato, la mancanza di collaborazione. Ad esempio, anche a livello delle organizzazioni internazionali che in questo momento è necessario rilanciare e non logorare con le polemiche. Mi pare che le indicazioni di Papa Francesco e anche l'incarico affidato al Dicastero per lo Sviluppo Umano Integrale di ragionare e di fare proposte per il dopo pandemia, vanno molto nettamente in una certa direzione e c'è da augurarsi che i governanti di tutto il mondo ascoltino, come dire, il buon senso, la concretezza e la lungimiranza di Papa Francesco.
Di fatto il punto sembra essere proprio questa interconnessione nel macro, fra gli Stati, come nel micro, fra i singoli. Ad esempio, riguardo il ritorno alla normalità dei genitori con le scuole chiuse, ad esempio riguardo agli aiuti per la perdita del lavoro tenendo conto quando si ha anche una famiglia a carico. Penso anche alla questione dei disabili e degli anziani. Una visione sistemica è centrale?
R. – Credo di sì. Le visioni sistemiche sono molto importanti nel momento in cui si tratta di mettere mano a opere molto complesse. Penso al Secondo Dopoguerra quando il mondo è ripartito con una visione sistemica. Penso all’organizzazione delle Nazioni Unite, alla Banca mondiale e al Fondo Monetario Internazionale, cioè una serie di strutture internazionali che disegnavano un mondo come si voleva che diventasse appunto nel Dopoguerra. Naturalmente le visioni sistemiche non si improvvisano e questo è un problema perché invece qui si tratta di prendere rapidamente molte decisioni in una situazione complessa e quindi tenendo conto di interessi che sono anche conflittuali fra di loro e questo è certamente una grande difficoltà, a cui si può sopperire soltanto avendo quantomeno una prospettiva chiara. Se non c'è una visione sistemica, almeno avere delle linee guida da cui non derogare assolutamente e su cui realizzare una condivisione la più larga possibile e, dall'altra, poi c'è un problema di buona volontà. E’ chiaro che ci troveremo di fronte a tanti nodi, che ci porteranno a delle decisioni, anche a degli errori - ovviamente questo va messo in conto - e quindi qualche cosa che andrà corretto via via, in modo rapido. La rapidità può esserci solo se c’è un surplus di volontà, che appunto permette di affrontare decisioni improvvise, permette di correggere gli errori, permette anche di avanzare aldilà degli impacci, delle difficoltà burocratiche, insomma di tutto quello che può rallentare una speditezza di cammino che è molto importante.
E’ importante pensare anche al sostegno dei più poveri, in tutto il mondo …
R. - La pandemia crea disoccupazione, crea povertà. Vediamo già adesso come le realtà dell'assistenza, per esempio del volontariato cattolico, debbano già far fronte per esempio a situazioni di famiglie che avevano condizioni di vita tutto sommato normali e che a questo punto devono andare ai centri, alle mense, a chiedere il sostentamento. C'è poi l'aspetto internazionale di questo problema cioè è chiaro che in altri Paesi non europei questo problema è ancora più forte, è drammatico. Penso a quanto purtroppo si stia diffondendo la pandemia in America Latina, forse un po' meno in Africa, almeno fino ad adesso… Non si può accettare che, dopo la pandemia, sia la povertà a creare tante altre vittime.
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