I Papi e la preghiera del Rosario
Jean-Charles Putzolu - Città del Vaticano
Bisogna risalire al XV secolo e a Papa Sisto IV perché la preghiera del Rosario venga ufficialmente approvata dalla Chiesa cattolica. Nel corso dei due secoli precedenti la pratica, nata probabilmente tra i Cistercensi per facilitare la preghiera delle persone che non sapevano né leggere né scrivere, recitando in sequenza preghiere e salmi, divenne poi una successione di 150 “Ave Maria”. Salutare Maria tante volte significava regalarle una corona di rose, il “Rosario”.
Due secoli per strutturare il Rosario
Nel XV secolo il Rosario, sostenuto dai Domenicani, prende la forma di una meditazione sulla vita di Cristo, intervallata dal Padre Nostro e dall’Ave Maria. Nel XVI secolo, il teologo domenicano Antonio Ghisleri, divenuto poi Papa Pio V, struttura il Rosario intorno a 15 misteri e il 7 ottobre 1571 istituisce la festa della Madonna del Rosario.
Giovanni Paolo II nel 2002 completa il Rosario con 5 nuovi misteri. I misteri luminosi si aggiungono ai misteri gaudiosi, dolorosi e gloriosi. Tra il 1571 e il 2002, i Papi non si sono mai stancati di incoraggiare la recita del Rosario. Leone XIII afferma nel settembre 1893, con l’Enciclica Laetitiae Sanctae, di essere “pienamente convinto che la pratica del Rosario, curata in modo da farne scaturire la forza morale che vi è racchiusa, genererà frutti copiosi non solo per i singoli, ma per tutta la società”, di cui denunciava i mali all’alba della seconda rivoluzione industriale, che acuiva lo squilibrio tra le classi sociali.
La preghiera dei momenti difficili
Nel 1937, nella sua Enciclica Ingravescentibus Malis, Pio XI vedendo arrivare l’onda del nazionalsocialismo e dello stalinismo osserva come “nella sua superbia” il XX secolo “rifiuta il Rosario”, che tuttavia “una innumerevole moltitudine di uomini santi di ogni età, di ogni condizione, hanno sempre avuto carissimo”. Si rivolge ai fedeli chiedendo loro di recitare il Rosario a casa “affinché i nemici del nome divino (...) siano finalmente essere piegati e indotti a penitenza e ritornino sul retto sentiero, affidandosi alla tutela e alla protezione di Maria”.
Due anni prima dell’inizio della Seconda Guerra mondiale, Pio XI aggiungeva: “Il Rosario non soltanto serve a vincere i nemici di Dio e della Religione, ma è pure uno stimolo e uno sprone alla pratica delle virtù evangeliche che esso insinua e coltiva negli animi nostri”.
Giovanni XXIII recita il Rosario per i neonati
Il 4 maggio 1963, mentre la Chiesa è impegnata nel Concilio Vaticano II, Giovanni XXIII riceve il primo pellegrinaggio italiano del Rosario Vivente, durante il quale il “Papa buono” incontra numerosi bambini malati: “Ci siete cari, come la pupilla dei nostri occhi”, dice loro il Sovrano Pontefice. “Ci siete cari anzitutto perché con la naturale vivacità dei vostri anni, siete fanciulli che pregano”, dice loro, accogliendo con favore il loro impegno a recitare almeno una decina di Rosari al giorno, aggiungendo che una giornata senza preghiera è come “un cielo senza stelle, un giardino senza fiori”.
È sempre Giovanni XXIII che nel 1961, in un saggio complementare alla Lettera apostolica “Il Congresso religioso”, confida di recitare “dieci Ave Maria” ogni giorno per i nuovi nati nelle ultime 24 ore che precedono la preghiera del Rosario, per “raccomandare a Gesù tutti i bambini che nascono (...) da tutti i lignaggi umani che di notte, di giorno, si rivelano su tutta la superficie della terra”.
Nell’Enciclica Grata Recordatio del 1959, Giovanni XXIII incoraggiava la preghiera quotidiana, affermando che il Rosario è “un modo eccellentissimo di preghiera meditata” che “non tralasciamo mai di recitare per intero in ogni giorno dell'anno”. Invitava i fedeli a pregare il Rosario per il Concilio ecumenico che si stava preparando e per tutte le virtù cristiane che ci si attende dalla Chiesa.
All’indomani del Concilio, Paolo VI consacra un’Esortazione apostolica al culto mariano, nella quale suggerisce alcune riflessioni per una ripresa vigorosa e più consapevole della recita del Santo Rosario. Così, nella Marialis Cultus sottolinea “accanto al valore dell'elemento della lode e dell'implorazione, l'importanza di un altro elemento essenziale del Rosario: la contemplazione. Senza di essa, il Rosario è corpo senza anima e la sua recita rischia di divenire meccanica ripetizione di formule”. Paolo VI prosegue raccomandando “vivamente la recita del Rosario in famiglia”.
La preghiera preferita di Giovanni Paolo II
San Giovanni Paolo II, di cui tutti conoscono la profonda devozione alla Vergine Maria – Totus Tuus era il suo motto apostolico – nel corso dei 27 anni del suo Pontificato ha ripetutamente incoraggiato la recita del Rosario. Nel 2002 pubblica una Lettera apostolica dedicata proprio al Rosario, Rosarium Virginis Mariae; una preghiera, scrive, che “nella sobrietà dei suoi elementi” concentra “la profondità di tutto il suo messaggio evangelico” e dalla quale “il credente attinge abbondanza di grazia, quasi ricevendola dalle mani stesse della Madre del Redentore”. Nel 1978, due settimane dopo la sua elezione, Giovanni Paolo II spiegava di aver sempre, nella sua giovinezza, dato un posto importante a questa preghiera, la sua preferita.
In questa stessa Lettera egli proclama l’Anno del Rosario, dall’ottobre 2002 all’ottobre 2003, per invitare i fedeli a “contemplare con Maria il volto di Cristo”.
All’alba del terzo millennio, il Pontefice polacco sottolinea “l'urgenza di fronteggiare una certa crisi di questa preghiera che, nell'attuale contesto storico e teologico, rischia di essere a torto sminuita nel suo valore e perciò scarsamente proposta alle nuove generazioni”. Preoccupato per la situazione difficile della famiglia, “sempre più insidiata da forze disgregatrici a livello ideologico e pratico”, propone il Rosario come un aiuto efficace per “arginare gli effetti devastanti di questa crisi epocale”.
La nuova primavera del Rosario
Anche Benedetto XVI desidera rivitalizzare la recita del Rosario: “Il Rosario non è una pia pratica relegata al passato, come preghiera di altri tempi a cui pensare con nostalgia”, afferma al termine della preghiera nella Basilica romana di Santa Maria Maggiore, il 3 maggio 2008. “E’ senza dubbio uno dei segni più eloquenti dell’amore che le giovani generazioni nutrono per Gesù e per sua Madre, Maria. Nel mondo attuale, così frammentato, questa preghiera ci aiuta a rimettere Cristo al centro”.
Tre anni prima, in un messaggio ai giovani cattolici dei Paesi Bassi, Benedetto XVI scriveva che “il Rosario può aiutare ad imparare l’arte della preghiera con la semplicità e la profondità di Maria”. Nel maggio 2006, Benedetto XVI invitava i fedeli a intensificare la pratica del Rosario. Lo diceva ai giovani sposi: “Recitare il Rosario in famiglia è un momento di crescita spirituale sotto lo sguardo benevolo della Vergine Maria”. Lo diceva ai malati, esortandoli a rivolgersi “con fiducia a Maria con questo pio esercizio, per affidarle tutte le vostre necessità”.
Ancora momenti difficili
Nell’ottobre 2018 Papa Francesco chiede a tutti i fedeli di pregare il Rosario ogni giorno, perché la Vergine Maria aiuti la Chiesa in un periodo segnato dalla “rivelazione di abusi sessuali, di potere e di coscienza da parte del clero, di persone consacrate e di laici, provocando divisioni interne”.
Oggi Francesco rinnova questo invito alla vigilia del mese mariano, al fine di “contemplare insieme il volto di Cristo con il cuore di Maria”. Pregare il Rosario “ci renderà ancora più uniti come famiglia spirituale e ci aiuterà a superare questa prova”, scrive il Santo Padre, che assicura ai più sofferenti la sua preghiera.
Grazie per aver letto questo articolo. Se vuoi restare aggiornato ti invitiamo a iscriverti alla newsletter cliccando qui