Dziwisz: Giovanni Paolo II e il "Non abbiate paura"
Benedetta Capelli e Krzysztof Oldakowski – Città del Vaticano
Una presenza discreta, fidata e molto importante per Giovanni Paolo II. Il cardinale Stanislaw Dziwisz, per oltre 40 anni, è stato l’angelo custode di Papa Wojtyla. Ieri sera, in un messaggio televisivo, ha ricordato la sua figura a cento anni dalla sua nascita. La vita di Giovanni Paolo II, ha evidenziato “ci porta oggi, in un periodo difficile di pandemia per tutti, consolazione e un raggio di speranza”.
Testimone della preghiera di un santo
“Ho avuto il privilegio di vivere e lavorare al fianco di quest'uomo straordinario per diversi decenni. Sono stato testimone della sua preghiera e del suo servizio quotidiano, dei suoi innumerevoli incontri e viaggi, del suo lavoro creativo, delle sue riflessioni e dei suoi pensieri registrati in molte opere, discorsi e documenti della Chiesa”. Il porporato ha ricordato anche il momento della scomparsa di Giovanni Paolo II quando il mondo gli ha reso omaggio “ringraziandolo per ciò che ha portato nella vita delle persone e delle nazioni”. Ripercorrendo la vita di Papa Wojtyla, il cardinale Dziwisz ha sottolineato come abbia “vissuto in prima persona il male di due ideologie e sistemi totalitari che volevano conquistare il mondo del XX secolo”, di come da Papa abbia acquisito una grande autorità “di cui godono gli autentici e indiscussi leader mondiali”. “Le sue parole su Dio e sull'uomo hanno portato a profondi cambiamenti sociali e politici nella nostra parte d'Europa e in altre parti del mondo. Non è esagerato – ha aggiunto - includere Giovanni Paolo II tra i padri della nostra libertà e sovranità polacca. E dobbiamo ricordarcene”.
“Non abbiate paura”
Il cardinale ha indicato queste parole per leggere l’oggi, secondo lo sguardo del Papa santo. “Queste parole sono state dettate dal suo cuore e dalla sua fede, dalla convinzione che Dio è al centro di tutte le vicende umane. L'uomo contemporaneo non deve temere Cristo. Non ci toglie nulla di veramente umano. La civiltà europea, con la sua portata globale oggi, è nata dallo spirito del Vangelo di Gesù”. Secondo Dziwisz, quel “Non abbiate paura” sarebbe ciò che Papa Wojtyla direbbe oggi in un tempo di pandemia che genera sofferenza e ansia. “La vita di Papa Giovanni Paolo II ci incoraggia a non abbandonare mai i nostri sforzi per formare una grande comunità umana, ricca di diversità, rispettosa delle radici storiche dell'identità e una comunità riconciliata da un amore sincero, indulgente e sacrificale. Non lasciamoci sconfiggere dai particolarismi, dall'egoismo! Cerchiamo l'armonia in uno spirito di solidarietà umana e fraterna. Possiamo permetterci quello di cui il Papa era convinto”.
Il raggio di speranza
Proprio in questo momento difficile a causa del virus, ha rimarcato il Papa santo porta a tutti "consolazione e un raggio di speranza". “Posso assicurarvi – ha spiegato - che la caratteristica distintiva di Giovanni Paolo II è stata la sua incrollabile fede in Dio e la fiducia nell'uomo, redenta da Cristo. Il Papa, che ha dovuto vivere in tempi difficili, non ha mai perso la convinzione della grandezza e della dignità dell'uomo, non ha mai perso la speranza. Sono convinto che oggi egli prega per noi e ci incoraggia dall'alto, affinché anche noi non perdiamo la speranza e non perdiamo la speranza”.
Rispetto e amore per chi incontrava
Nel centenario della nascita di Giovanni Paolo II, il cardinale Stanislaw Dziwisz sottolinea a Vatican News “la grande semplicità”, “la bontà” e “il grande amore” con il quale il Pontefice polacco trattava la famiglia dell’appartamento pontificio:
R. – Io ho vissuto con Karol Wojtyla dopo la sua nomina a cardinale e poi dopo l’elezione a Pontefice. Il segreto di questa persona è stato la profondità della sua vita spirituale. Lui pregava sempre, la sua vita è sempre stata unita alla preghiera. Ha imparato il valore della preghiera da ragazzo e questo aspetto si è approfondito, dopo. Naturalmente, lui ha lasciato una grande, importante eredità. Importante non solo per ieri e per oggi, ma per il futuro. E non bisogna poi dimenticare la sua personalità, la sua straordinaria personalità. Il suo contatto con la gente, con tutti i gruppi che incontrava e anche come trattava ogni persona che incontrava nella sua attività pastorale. Povero, debole, ammalato: il trattamento era sempre lo stesso, con grande rispetto e amore. Io ricordo durante il viaggio in America, a San Francisco. C’era una famiglia con un bambino, malato di Aids, tutti si erano allontanati da questo bambino: il Papa ha preso le sue mani, le ha baciate, lo ha benedetto e lo ha restituito alla sua famiglia. Questo gesto veramente è stato più importante di una predica, soprattutto in quell’epoca. Lui ci ha trattati in modo familiare; veramente, nell’appartamento (pontificio – ndr) aveva creato l’atmosfera di una famiglia. Ci trattava con grande semplicità, ma anche con bontà e con grande amore e così si lavorava molto bene, perché sapevamo che lui vedeva come, da parte nostra, volevamo servirlo bene e con tanta dedizione.
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