Francesco: si arriva a Dio conoscendo se stessi e vivendo per gli altri
Alessandro De Carolis e Gabriella Ceraso - Città del Vaticano
Facciamo un salto indietro nel tempo a quando Francesco era Jorge Mario Bergoglio gesuita, responsabile dei suoi confratelli in Argentina, e attingiamo alle radici di una "volontà di cambiamento" che allora come ora, in tempo di pandemia, improntava il suo pensiero. E' quanto ci aiuta a fare il volume dal titolo "Cambiamo!", delle edizioni Solferino, che esce oggi con la prefazione del direttore de La Civiltà Cattolica, padre Antonio Spadaro, che lo presenta appunto come un'opera che "ci aiuta a comprendere l’esperienza religiosa e i criteri di azione del primo Papa gesuita della storia della Chiesa", che ci aiuta a "capire il Pontefice e la sua convinzione di quanto sia importante l’utopia intesa non come astrazione, ma come forza vitale e apertura al futuro a partire dal reale, da ciò che si è".
"Per comprendere un uomo, infatti - si legge nella prefazione - bisogna andare alle radici della sua formazione, ma anche indagare i turning points, i momenti di crisi e di svolta. Ecco perché questo libro è importante per capire Papa Francesco: è espressione di un tempo di passaggio, nel quale ha maturato capacità di discernimento e di scelta".
Il desiderio
Su quali cardini ruota la riflessione? Innanzitutto sul desiderio di cui si tratta nella prima e seconda parte del volume. "Qualsiasi vita si decide sulla capacità di donarsi. È lì che trascende se stessa, che arriva a essere feconda", afferma nel Preambolo firmato da Jorge Bergoglio il giorno di Natale del 1987. "Al contrario - prosegue - vita e morte per se stessi significano chiusura, incapacità di essere fecondi. Non vivere per sé e non morire per sé è dunque la condizione di qualsiasi possibilità di trascendere se stessi. Soltanto in questo modo la vita è vera vita e la morte è vera morte. Diversamente si traccia soltanto una caricatura, s’intreccia una noiosa – e al tempo stesso sfiancante – catena di egoismi che ci soffoca nell’apatia spirituale". Pensieri che, secondo padre Spadaro, mostrano il superamento di "ogni vuoto vitalismo" e mettono a fuoco ciò che "stappa" dall’interno, ovvero il desiderio, una "forza interiore che spalanca al senso della vita". Nella prima delle sei parti che formano il volume, emerge come il futuro Papa assimili la visione di sant’Ignazio di Loyola così come emerge negli Esercizi Spirituali. Afferma che i "desideri al largano il cuore", è in essi che "si può discernere la voce di Dio" nella storia di oggi.
"Come si capisce, il desiderio è la molla che apre la nostra esistenza e si modula nella 'medietà' di ogni vita. Bergoglio - fa notare padre Spadaro seguendo gli snodi principali del contenuto del volume - non parla mai di un desiderio eroico e sublime, distante dal quotidiano scorrere dei giorni. Si fonda sul riconoscimento semplice del nostro essere creature, che è il 'principio e fondamento' della vita spirituale. E così ha avvio il percorso della ricerca della nostra verità al cospetto di Dio. Ma anche il percorso nel quale cerchiamo la verità di Dio su di noi. Bergoglio è molto attento a ribadire il fatto che il cammino spirituale non è mai il viaggio in un 'altrove', e non ha nulla a che fare con una pseudo-mistica che 'promuove favole inventate dai nostri cuori ansiosi e non purificati. Il vero cammino interiore implica il 'farsi carico' della nostra età, delle nostre povertà, della storia che ci appartiene".
Se stessi e Dio
Da qui il percorso spirituale a cospetto di Dio e di se stessi che il volume affronta in particolare nella terza parte, in cui affrontando l'aspetto della conoscenza di se stessi - nella fattispecie una serie di spunti e linee-guida utili per accompagnare la formazione dei novizi - l'autore invita a ricercare l'autenticità in questo percorso di crescita, che può valere per tutti i cammini di fede. "L’uomo che va incontro a Dio - osserva Bergoglio - deve imparare a conoscersi, deve conoscersi nelle sue più intime aspirazioni. Deve cercare Dio con la sua precisa realtà, e non con una maschera. Deve crescere all’interno, con il proprio scheletro, e non chiedere forza a una corazza". "Il lettore - commenta padre Spadaro - qui si troverà a confrontarsi innanzitutto con il mistero di sé in relazione al suo Signore. Nessuna lettura distaccata e oggettiva potrà aprire lo scrigno di queste pagine. L’unico modo per leggerle, comprendendole, è il coinvolgimento personale." Per Bergoglio la mistica non è mai astratta, ma legata alla concretezza della storia, anzi della propria storia. Perciò conoscenza di Dio e conoscenza di sé camminano di pari passo". La sequela di Cristo per l'allora responsabile dei Gesuiti argentini è fatta sostanzialmente di un radicale abbandonarsi "nelle mani del Padre e dare la propria disponibilità a essere abbandonati dal Padre". Insomma "essere disposti a 'perdere' Dio per essere veramente con Lui. È su questo abbandono che si fondano la missione e la stessa missionarietà della Chiesa".
Svuotati di sè e al servizio di Dio
All'inizio della quarta parte in un passaggio Bergoglio afferma reciso: "I cristiani si dividono in due categorie: quelli che restano saldi e quelli che non restano saldi. Questi ultimi vengono sedotti". In questa sezione, intitolata "Parole sul Natale", l'indagine interiore si sofferma sul silenzio, la comunità, l'amore e la fortezza, la "voglia di essere buoni", ma è preceduta da una visione concreta sul valore della "perseveranza nella vocazione. "Resistere, sopportare, pazientare, tollerare - scrive l'autore - significa essere fermi davanti ai 'movimenti' che tentano di farci venir meno". Mentre la quinta parte, "Alcuni aspetti della vita religiosa", scandaglia la criticità delle debolezze e indica il punto di arrivo ideale, tra paragrafi che vanno da "La seduzione del benessere" o "Infedeltà e incertezza" a "Pace e identità", "Coraggio e costanza apostolici". Con quella dialettica che Bergoglio individua tra "Croce e senso bellico della vita".
Tutta la meditazione di Bergoglio - si legge nella Prefazione - nasce dalla contemplazione del cuore di Dio, che, per amore, si è "svuotato". Questo svuotamento, ha detto Papa Francesco il 3 gennaio 2014 ai gesuiti riuniti nella Chiesa del Gesù, provoca «l’inquietudine della nostra voragine» che lascia aperti al Deus semper maior, al Dio che ci sorprende senza sosta superando i nostri ideali e i nostri desideri. E questa è anche la chiave per comprendere che cosa abbia significato per Jorge Mario Bergoglio essere membro della Compagnia di Gesù, argomento che trova largo spazio nella sesta e ultima parte del volume, intitolata "I gesuiti" e articolata tra la storia della presenza in Argentina e i criteri di vita apostolica, con uno spazio particolare sul ruolo dei laici e del "popolo".
Il libro si chiude con una meditazione dal titolo "Il Signore del miracolo di Salta" in cui trova spazio il concetto della " grazia" intrecciato alla preghiera, alla pazienza, alla penitenza e alla croce. Scrive Bergoglio:
"È la gratitudine che radica una grazia in noi. Se un cuore non si alimenta di gratitudine, la speranza cambia segno: non più il sentimento grato di chi ha ricevuto e la mano tesa a ricevere ancora, bensì la fretta ingrata che respinge tutto perché tutto le sembra poco".
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