Il Papa all’Angelus: la Parola di Dio è l’unica che rende liberi
Amedeo Lomonaco - Città del Vaticano
Riferendosi al Vangelo odierno incentrato sulla parabola del seminatore, Papa Francesco all'Angelus ricorda che “ognuno di noi è un terreno su cui cade il seme della Parola” e “nessuno è escluso”. Quella del seminatore, afferma il Santo Padre, "è un po’ la 'madre' di tutte le parabole, perché parla dell’ascolto della Parola".
La Parola di Dio, simboleggiata dai semi, non è una Parola astratta, ma è Cristo stesso, il Verbo del Padre che si è incarnato nel grembo di Maria. Pertanto, accogliere la Parola di Dio vuol dire accogliere la persona di Cristo, lo stesso Cristo.
Fede corrosa dalla distrazione
Il Pontefice sottolinea che “ci sono diversi modi di ricevere la Parola di Dio”.
Possiamo farlo come una strada, dove subito vengono gli uccelli e mangiano i semi. Questa sarebbe la distrazione, un grande pericolo del nostro tempo. Assillati da tante chiacchiere, da tante ideologie, dalle continue possibilità di distrarsi dentro e fuori di casa, si può perdere il gusto del silenzio, del raccoglimento, del dialogo con il Signore, tanto da rischiare di perdere la fede, di non accogliere la Parola di Dio. Stiamo vedendo tutto, distratti da tutto, dalle cose mondane.
Semi tra le pietre
Oppure “possiamo accogliere la Parola di Dio - aggiunge il Papa - come un terreno sassoso, con poca terra”.
Lì il seme germoglia presto, ma presto pure si secca, perché non riesce a mettere radici in profondità. È l’immagine di quelli che accolgono la Parola di Dio con l’entusiasmo momentaneo che però rimane superficiale, non assimila la Parola di Dio. E così, davanti alla prima difficoltà, pensiamo a una sofferenza, a un turbamento della vita, quella fede ancora debole si dissolve, come si secca il seme che cade in mezzo alle pietre.
Accogliere la Parola tra le spine
Il Santo Padre spiega che “possiamo, ancora, accogliere la Parola di Dio come un terreno dove crescono cespugli spinosi”.
E le spine sono l’inganno della ricchezza, del successo, delle preoccupazioni mondane... Lì la Parola cresce un po’, ma rimane soffocata, non è forte, muore o non porta frutto.
Il terreno fertile
Papa Francesco infine sottolinea poi che possiamo ricevere il seme della Parola “come il terreno buono”.
Qui, e soltanto qui il seme attecchisce e porta frutto. La semente caduta su questo terreno fertile rappresenta coloro che ascoltano la Parola, la accolgono, la custodiscono nel cuore e la mettono in pratica nella vita di ogni giorno.
Che tipo di terreno sono?
Dopo aver ricordato i diversi tipi di terreno - quelli sterili e quello che invece porta frutto - Francesco pone due cruciali domande. Che tipo di terreno sono? Assomiglio alla strada, alla terra sassosa, al roveto?
Se vogliamo, con la grazia di Dio possiamo diventare terreno buono, dissodato e coltivato con cura, per far maturare il seme della Parola. Esso è già presente nel nostro cuore, ma il farlo fruttificare dipende da noi, dipende dall’accoglienza che riserviamo a questo seme. Spesso si è distratti da troppi interessi, da troppi richiami, ed è difficile distinguere, fra tante voci e tante parole, quella del Signore, l’unica che rende liberi.
Abituarsi alla Parola di Dio
Francesco esorta anche - come fatto anche altre volte durante il Pontificato - a portare sempre un Vangelo con sè per essere abituati alla Parola di Dio.
Portate sempre con voi un piccolo Vangelo, un’edizione tascabile del Vangelo, in tasca, in borsa… E così, leggete ogni giorno un pezzetto, perché siate abituati a leggere la Parola di Dio, e capire bene qual è il seme che Dio ti offre, e pensare con quale terra io lo ricevo.
Il Papa molto addolorato per la Basilica di Santa Sofia
Dopo la preghiera mariana, lo sguardo del Papa è andato verso Istanbul, verso la Basilica Santa Sofia che per un decreto della presidenza turca diventa una moschea. "Sono molto addolorato", ha detto il Pontefice. Poi ha salutato i fedeli di Roma e i pellegrini di vari Paesi, in particolare le famiglie del Movimento dei Focolari. Francesco ha infine rivolto un saluto e manifestato la propria gratitudine ai “rappresentanti della Pastorale della Salute della Diocesi di Roma, pensando a tanti sacerdoti, religiose, religiosi e laici che sono stati accanto ai malati in questo periodo di pandemia”.
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