Lampedusa: 7 anni dopo la sua visita, Messa del Papa a Santa Marta
Alessandro Di Bussolo – Città del Vaticano
Un appuntamento da non mancare, pur con tutte le precauzioni anti Covid-19. Anche quest’anno Papa Francesco vuole celebrare con una Messa l’anniversario della sua visita a Lampedusa, nell’isola tra Tunisia e Italia, davanti ad un braccio di mare, il Canale di Sicilia, “che invece di essere una via di speranza è stato una via di morte” per migliaia di migranti. Lo farà mercoledì, ora che l’udienza generale è sospesa per tutto il mese di luglio, nella cappella di Casa Santa Marta, dalle 11 alle 12. Vista la situazione sanitaria, comunica il direttore della Sala Stampa Vaticana Matteo Bruni, “alla Messa parteciperà solo il personale della sezione Migranti e Rifugiati del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale".
Nel 2019 Messa all'altare della Cattedra, in San Pietro
Lo scorso anno il Papa celebrò la Santa Messa all'altare della Cattedra della Basilica di San Pietro, alla quale parteciparono circa 250 persone tra migranti, rifugiati e quanti si sono impegnati per salvare la loro vita. Nel suo primo viaggio al di fuori del Vaticano, Francesco volle denunciare quella “globalizzazione dell'indifferenza” che rende insensibili alle grida degli altri. Quella prima uscita ufficiale fuori dalle Mura Vaticane del Pontefice argentino già portava alcuni dei segni che avrebbero poi contraddistinto il suo Pontificato: le periferie, gli ultimi, i gesti carichi di significato. Papa Francesco racconta, in un’intervista che apre il libro "In viaggio" di Andrea Tornielli, di essersi sentito “toccato e commosso” dalle notizie sui migranti morti in mare, “inabissati”: persone comuni, bambini, donne, uomini che continuano a perdere la vita anche oggi, sette anni dopo quel viaggio, in traversate della disperazione, a bordo di imbarcazioni spesso di fortuna, affidate e gestite da gente senza scrupoli.
Poco dopo la sua visita, il 3 ottobre, ancora una tragedia
Un viaggio non programmato, senza inviti ufficiali, ma "ho sentito che dovevo andare", spiega ancora il Papa nell'intervista. In un programma compresso in una sola ora e mezza, rese omaggio alle vittime del Mediterraneo, tra i sopravvissuti di quelle traversate, gli abitanti dell’isola delle Pelagie, la Chiesa e le istituzioni locali, con i sacerdoti e gli operatori umanitari. Pronunciò l'omelia della Santa Messa al Campo sportivo “Arena”, davanti a 10 mila persone, officiata su un palco costruito anche con i relitti delle barche naufragate, luogo di morte di tanti migranti, con un pensiero “come una spina nel cuore” per una e, insieme, tante tragedie. Il viaggio a Lampedusa volle dunque “risvegliare le nostre coscienze perché ciò che è accaduto non si ripeta”. Purtroppo il dramma dei migranti morti in mare, a Lampedusa e non solo, continua: poche settimane dopo la visita di Papa Francesco, il 3 ottobre di quello stesso anno, a morire in un naufragio al largo delle coste lampedusane furono in 366. Una delegazione di superstiti venne poi ricevuta l’anno successivo da Francesco in Vaticano.
"Siamo caduti nella globalizzazione dell'indifferenza"
Nel luogo simbolo dellla sofferenza nel Mediterraneo, risuona ancora il grido del Pontefice: “in questo mondo della globalizzazione siamo caduti nella globalizzazione dell'indifferenza”, “ci siamo abituati alla sofferenza dell’altro, non ci riguarda, non ci interessa, non è affare nostro”! Ci è stata tolta “la capacità di piangere”. La preghiera fu allora quella di chiedere al Signore “perdono per l’indifferenza verso tanti fratelli e sorelle”, “perdono per chi si è accomodato e si è chiuso nel proprio benessere che porta all’anestesia del cuore”, “perdono per coloro che con le loro decisioni a livello mondiale hanno creato situazioni che conducono a questi drammi”, affinché il mondo abbia “il coraggio di accogliere quelli che cercano una vita migliore”.
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