Panama, lotta al Covid-19: il dono del Papa per indigeni, migranti e carcerati
Davide Dionisi - Città del Vaticano
Termometri digitali per le comunità indigene, i migranti e i detenuti. Il dono di Papa Francesco all’arcidiocesi di Panama è arrivato a destinazione ed è stato consegnato direttamente al ministro degli Esteri, Alejandro Ferrer, dall’arcivescovo monsignor José Domingo Ulloa e dal delegato ai rapporti istituzionali della Nunziatura, padre Gilber Tsogli. “Con questo gesto il Papa ha dimostrato ancora una volta la sua opzione per i più deboli e di avere Panama nel cuore” ha detto il presule a margine dell’incontro. “I destinatari dei termoscanner”, ha aggiunto, “sono ad alto rischio e possono facilmente ammalarsi a causa del sovraffollamento e delle difficoltà all’accesso dei servizi di base”.
La situazione nelle carceri
Monsignor Ulloa ha denunciato, in particolare, il problema delle carceri panamensi: “Nelle case di reclusione contiamo ad oggi 17.800 detenuti. Di questi, secondo fonti governative, 665 sono contagiati. Il dato risale al 4 giugno, potrebbe aver subito un incremento. Sappiamo inoltre che nel penitenziario di Santiago a Veraguas, 313 dei 500 ospiti sono risultati positivi al virus. Uno di loro è morto”.
Migranti e indigeni
Non meno preoccupante è la situazione dei migranti: “A Darién ci sono due centri di accoglienza letteralmente congestionati dove gira il Covid”. Tra le situazioni più critiche si registra il presidio di La Peñita, dove a maggio scorso erano presenti 1694 persone, ovvero sette volte la capacità massima del presidio. Infine le minoranze indigene: “Rappresentano l’11 per cento della popolazione dei quasi quattro milioni di residenti” ha spiegato l’arcivescovo di Panama. “Vivono per lo più nelle cinque aree del Paese difficilmente raggiungibili. Anche qui la curva dei contagi è in netta ascesa”.
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