Il Papa: è possibile costruire un mondo di pace e salvarsi insieme
Amedeo Lomonaco - Città del Vaticano
È il cielo di Roma, avvolta nella sua storia millenaria, ad accogliere le voci e le speranze dei leader religiosi riuniti per prendere parte all’incontro internazionale di preghiera per la pace “Nessuno si salva da solo”, promosso dalla Comunità di Sant’Egidio. Davanti a numerose autorità, tra cui il presidente della Repubblica italiana Sergio Mattarella, un polifonico coro religioso ha declinato insieme, attraverso lingue e fedi diverse, il paradigma della pace. (Ascolta il servizio con la voce del Papa)
Da Assisi a Roma
Lo "Spirito di Assisi", legato alla storica giornata voluta da Giovanni Paolo II nel 1986, ha accompagnato i discorsi del Patriarca ecumenico di Costantinopoli Bartolomeo I, del rabbino capo di Francia Rav Haïm Korsia, del segretario generale del Comitato superiore della fraternità umana (Islam) Mohamed Abdelsalam Abdellatif, del buddista Shoten Minegishi e del rappresentante Sikh Kamaljit Singh Dhillon. L’ultimo a prendere la parola, dal palco nella piazza del Campidoglio, è stato Papa Francesco. Nel cuore della città, ribattezzata capitale della pace, il Pontefice ha indicato una via, quella della fraternità, per risanare il mondo scosso dalla pandemia e devastato oggi da oltre 380 conflitti, come quello scoppiato lo scorso 27 settembre nella regione caucasica del Nagorno Karabakh o la guerra che da 10 anni insanguina la Siria.
Siamo insieme questa sera, come persone di diverse tradizioni religiose, per comunicare un messaggio di pace. Questo manifesta chiaramente che le religioni non vogliono la guerra, anzi smentiscono quanti sacralizzano la violenza, chiedono a tutti di pregare per la riconciliazione e di agire perché la fraternità apra nuovi sentieri di speranza. Infatti, con l’aiuto di Dio, è possibile costruire un mondo di pace, e così, fratelli e sorelle, salvarci insieme.
Non rassegnarsi mai alla guerra
Le parole del Papa si sono intrecciate con quelle pronunciate il 27 ottobre del 1986, nella Basilica di Santa Maria degli Angeli, da Giovanni Paolo II e rivolte ai rappresentanti delle diverse Chiese e comunioni cristiane convenuti ad Assisi per la Giornata mondiale di preghiera per la pace. Gli anni trascorsi, ha sottolineato Francesco, sono stati segnati da fatti dolorosi “come conflitti, terrorismo o radicalismo, a volte in nome della religione”. Ma si devono anche riconoscere “i passi fruttuosi nel dialogo tra le religioni”. Un segno di speranza che, nello spirito di Assisi, “invita a lavorare insieme come fratelli”. “Così siamo giunti - ha ricordato il Pontefice - all’importante Documento sulla Fratellanza per la pace mondiale e la convivenza comune”, firmato nel 2019 dal Papa e dal Grande Imam di al-Azhar, Ahmed al-Tayyeb. Le religioni, ha aggiunto Francesco, sono al servizio della pace e non ci si deve mai rassegnare alla guerra.
I credenti hanno compreso che la diversità di religione non giustifica l’indifferenza o l’inimicizia. Anzi, a partire dalla fede religiosa si può diventare artigiani di pace e non spettatori inerti del male della guerra e dell’odio. Le religioni sono al servizio della pace e della fraternità. Per questo, anche il presente incontro spinge i leader religiosi e tutti i credenti a pregare con insistenza per la pace, a non rassegnarsi mai alla guerra, ad agire con la forza mite della fede per porre fine ai conflitti.
C’è bisogno di pace
Oltre alla pandemia, ci sono altre piaghe che affliggono il mondo. Sono le guerre e hanno una sola e unica cura alimentata da una preghiera, da una sete, da una priorità. È il “bisogno di pace”, ha affermato Francesco, che deve riconciliare popoli e Paesi dilaniati da dolore e sofferenza.
C’è bisogno di pace! Più pace! «Non possiamo restare indifferenti. Oggi il mondo ha un’ardente sete di pace. In molti Paesi si soffre per guerre, spesso dimenticate, ma sempre causa di sofferenza e povertà» (Discorso nella Giornata Mondiale di Preghiera per la Pace, Assisi, 20 settembre 2016). Il mondo, la politica, la pubblica opinione rischiano di assuefarsi al male della guerra, come naturale compagna della storia dei popoli. «Non fermiamoci su discussioni teoriche, prendiamo contatto con le ferite, tocchiamo la carne di chi subisce i danni. […] Prestiamo attenzione ai profughi, a quanti hanno subito le radiazioni atomiche o gli attacchi chimici, alle donne che hanno perso i figli, ai bambini mutilati o privati della loro infanzia» (FT, 261). Oggi, i dolori della guerra sono aggravati anche dalla pandemia del Coronavirus e dalla impossibilità, in molti Paesi, di accedere alle cure necessarie. Intanto, i conflitti continuano, e con essi il dolore e la morte. Mettere fine alla guerra è dovere improrogabile di tutti i responsabili politici di fronte a Dio. La pace è la priorità di ogni politica. Dio chiederà conto, a chi non ha cercato la pace o ha fomentato le tensioni e i conflitti, di tutti i giorni, i mesi, gli anni di guerra che hanno colpito i popoli!
Basta con la guerra
Il Papa ha ricordato che, prima della Passione, quando i discepoli gli mostrano due spade, Gesù dice “basta”. “Quel ‘basta!’ - ha affermato - supera i secoli e giunge forte fino a noi oggi: basta con le spade, le armi, la violenza, la guerra”. Come uscire, ha chiesto allora il Pontefice, da conflitti bloccati e incancreniti? Come sciogliere i nodi aggrovigliati di tante lotte armate?
La lezione della recente pandemia, se vogliamo essere onesti, è «la consapevolezza di essere una comunità mondiale che naviga sulla stessa barca, dove il male di uno va a danno di tutti. Ci siamo ricordati che nessuno si salva da solo, che ci si può salvare unicamente insieme» (FT, 32). La fraternità, che sgorga dalla coscienza di essere un’unica umanità, deve penetrare nella vita dei popoli, nelle comunità, tra i governanti, nei consessi internazionali. Così lieviterà la consapevolezza che ci si salva soltanto insieme, incontrandosi, negoziando, smettendo di combattersi, riconciliandosi, moderando il linguaggio della politica e della propaganda, sviluppando percorsi concreti per la pace.
Pace nel mondo
L'incontro internazionale si era aperto con le preghiere dei fedeli delle diverse religioni in luoghi distinti di Roma. I cristiani hanno pregato nella Basilica dell’Aracoeli con Papa Francesco, con il Patriarca ortodosso ecumenico Bartolomeo I e con i rappresentanti delle diverse Chiese ortodosse e protestanti. Dopo la meditazione del Santo Padre, sono risuonati i nomi di luoghi e Paesi segnati dalla guerra. La scena si è quindi spostata dalla Basilica dell’Aracoeli alla monumentale Piazza del Campidoglio, dove sono intervenuti vari leader religiosi che hanno saldato auspici e preghiere in un unico, fraterno abbraccio, anche se concretamente impedito dalle norme anti-Covid.
Minuto di silenzio e appello per la pace
Dopo il discorso di Francesco, le ultime istantanee dell’incontro “Nessuno si salva da solo” sono il minuto di silenzio in memoria delle vittime della pandemia e di tutte le guerre, “l’Appello di pace Roma 2020” e l’accensione del candelabro della pace da parte di tutti i leader religiosi presenti. "Nessuno - si sottolinea nell'Appello - può sentirsi chiamato fuori. Siamo tutti corresponsabili. Tutti abbiamo bisogno di perdonare e di essere perdonati. Le ingiustizie del mondo e della storia si sanano non con l’odio e la vendetta, ma con il dialogo e il perdono".
Grazie per aver letto questo articolo. Se vuoi restare aggiornato ti invitiamo a iscriverti alla newsletter cliccando qui