Con il Papa alla Via Crucis tutta la “piccola famiglia” del Divino Amore
Alessandro Di Bussolo – Città del Vaticano
Valentina e Ismael guardano ancora una volta i disegni che hanno preparato per la Via Crucis di Papa Francesco, nella loro cameretta della casa-famiglia “Mater Divini Amoris”, a due passi dal santuario della Madonna del Divino Amore, nella zona sud di Roma. Sono due fratellini entrati nella “famiglia” allargata di suor Gabriella, la responsabile della casa, suor Isabel Cristina, le educatrici e altri 6 bambini tra i 3 e gli 8 anni, dopo un periodo difficile nella loro famiglia d’origine, ma ora Valentina, la più grande, ha in mente solo la celebrazione in Piazza San Pietro con il Papa del Venerdì Santo, quando leggerà tre o quattro meditazioni e preghiere preparate da altri bambini e ragazzi.
I dubbi di Valentina, lettrice delle meditazioni di altri ragazzi
“Ieri Valentina mi ha detto: ‘sono riflessioni molto forti, come posso leggerle, quando non ho vissuto quello che raccontano?’ – ci rivela suor Isabel Cristina Roman Leon, 47 anni, Figlia della Madonna del Divino Amore originaria di Bucaramanga, in Colombia - le abbiamo spiegato che sono riflessioni di bambini più grandi, della Prima Comunione, o ragazzi della Cresima, ma che lei, leggendole, si fa portavoce del loro pensiero e questa è una cosa molto bella”.
Quel volto di Gesù, sfigurato dal dolore
Valentina, 8 anni, ha scelto di disegnare Gesù che è caricato della croce, la seconda stazione, e spiega di averlo raffigurato con le braccia alzate, come i soldati romani, quasi a chiedere aiuto a Dio Padre. Ismael invece, che di anni ne ha cinque, ha voluto illustrare la settima stazione, Gesù cade per la seconda volta. “Un ragazzo dei più grandi ha disegnato la Veronica e il volto di Gesù tutto sfigurato – racconta ancora suor Isabel Cristina – gli abbiamo chiesto di spiegarci perché e lui ha detto che è diventato ‘un mostro di dolore’, perché tutto il male che ha ricevuto gli ha trasformato la faccia. Purtroppo è quello che questo bambino ha vissuto nella sua vita”.
"Io come il Cireneo, voglio aiutare gli altri bambini"
Suor Gabriella Pistelli, 75 anni, la responsabile della casa-famiglia, che oggi si trova in una struttura inaugurata nel 2008, ma che il fondatore della congregazione, don Umberto Terenzi, che già nel 1933 inaugurò il primo asilo per i bimbi dei contadini dell’agro romano, aveva voluto inizialmente vicino al vecchio santuario, ricorda il motto della Congregazione, “accogliere con amore”. E ci racconta, insieme con la madre generale, suor Luisa Carminati, del bambino che ha scelto di ritrarre Simone di Cirene, il personaggio che, nella quinta stazione, aiuta Gesù a portare la croce. “Finito di disegnare ci ha detto: ‘Anch'io voglio aiutare chi mi sta vicino, voglio aiutare anche degli altri bambini’ “.
La "piccola famiglia" del Divino Amore
Le due religiose ripetono quasi in coro “qui noi siamo una famiglia, che cresce insieme, per recuperare poco a poco quello che le famiglie naturali non hanno dato a questi bambini”. Il giorno che entrano nella casa-famiglia, racconta suor Isabel “gli faccio una foto, e poi la rifaccio ogni uno o due mesi. La cosa che mi impressiona è che nel giro di un mese o due mesi cambiano la loro immagine e loro stessi poi dicono: ‘guarda, quanto ero brutta da piccola e ora guarda come sono bella’, si rendono conto del cambiamento. E i cambiamenti che sperimentano li aiutano a crescere”.
Il "grazie" che viene dal cuore, quando tornano già grandi
Le Figlie della Madonna del Divino Amore cercano di trasmettere amore, dialogo, unione, preghiera, e così serenità a bambini che hanno sofferto molto. “Alcuni di loro vengono accolti da famiglie adottive – prosegue la religiosa colombiana - e quando tornano ci dicono: “Grazie”, e anche le famiglie ci ringraziano per l'educazione che abbiamo dato loro, per i principi e per tutto quello che hanno imparato”. Magari si sono sposati, hanno dei figli, tornano con la moglie e le dicono: “Guarda amore, quello era il mio letto, quella era la mia stanza, quelli erano i miei giocattoli”. “Sono passati 6 o 10 anni – conclude suor Isabel - e il senso della famiglia rimane, e questo ci dà molta gioia”.
Suor Gabriella: condividiamo tutto, siamo una famiglia
Anche suor Gabriella, nell’intervista che riportiamo integralmente, ci parla della “famiglia” di questa casa, che può ospitare solo otto bambini, ma che per questo per loro è molto accogliente.
R. – Quando tornano a trovarci, ricordano gli anni passati qui come un momento molto positivo, e lo ricordano anche molto bene. Sono stati bene e quelli più grandicelli dicono: “Nella nostra sfortuna, abbiamo trovato la fortuna di trovare voi. Noi, essendo pochi, cerchiamo di creare una famiglia, e qui ci si sente in famiglia. Perché noi mangiamo con loro, condividiamo tutte le cose con loro. Dormiamo con loro, a tavola stiamo insieme, i primi piatti sono sempre i loro e poi ci sediamo noi. Anche questo è molto bello e qui si sente proprio la famiglia, il calore della famiglia.
Quindi riuscite a mantenere un contatto con i bambini che in questi anni sono passati per questa casa e poi sono tornati in famiglia? Vengono a trovarvi?
R. – Sì, noi tutti gli anni, di solito, ci incontriamo, anche se sono due anni che non possiamo farlo, facciamo una giornata insieme, con tutti i bambini che sono usciti con la celebrazione della Messa e poi c’è un momento di fraternità insieme. Un’intera giornata che si passa insieme e ritornano quasi tutti i bambini, tornano anche volentieri. I più grandi sono anche sposati e ritornano anche con loro bambini e questo fa molto piacere, perché loro ritornano volentieri. E quando vengono vanno a rivedere la loro cameretta, a vedere se ci sono ancora alcuni giochini che avevano loro. In questo anche monsignor Lojudice (Augusto Paolo, già vescovo ausiliare di Roma Sud e oggi arcivescovo di Siena-Colle Val d’Elsa-Montalcino, n.d.r.) ci aiutava molto, perché lui nelle nostre celebrazioni era sempre presente sia per la celebrazione eucaristica, poi anche nel momento di fraternità, lui stava con noi, ci seguiva molto, e continua a farlo anche se da lontano.
Perché secondo lei Papa Francesco ha voluto che quest’anno fossero i bambini e i ragazzi a scrivere e illustrare le meditazioni della Via Crucis?
R. - Il Papa quest'anno ha voluto dedicare la via Crucis ai bambini, scegliendo un titolo come: “Con il cuore e gli occhi dei piccoli”, ed è una cosa molto bella perché rappresenta proprio quanto dice Gesù: “Lasciate che i bimbi vengano a me”. Anche i nostri bambini hanno accolto con tanta gioia questo invito.
Pensa che ci sia anche un legame con quello che è successo in quest'anno, con i bambini rimasti a casa, senza scuola, senza svaghi, e che il Papa abbia voluto che esprimessero anche un po' quella che è stata la sofferenza di quest’ anno?
R. - Penso proprio di sì. Certo i nostri bambini non ne hanno risentito molto, perché sono piccoli, però hanno percepito anche loro che non si poteva uscire, perché noi prima andavamo sempre in giro, era invece siamo dovute rimanere in casa.
Che esperienza è stata per i bambini della vostra casa realizzare i disegni per la Via Crucis del Papa? Come li avete preparati? Come avete parlato loro della passione e morte di Gesù?
R. – E’ stata un’esperienza molto bella perché per prima cosa gliene abbiamo parlato, e poi abbiamo fatto vedere l'immagine della Via Crucis, dopodiché loro si sono messi al lavoro. Ognuno ha scelto una stazione e loro si sono proprio immedesimati in questo disegno, perché anche nelle riflessioni che hanno fatto, un bambino, riferendosi al Cireneo che aiuta Gesù, ha detto: “Anch'io voglio aiutare chi mi sta vicino, voglio aiutare anche degli altri bambini”. Anche la Veronica che asciuga il volto di Gesù, è stata un’immagine che si è scolpita nel cuore di questi bambini. Però loro aspettano soprattutto il Venerdì Santo per andare alla Via Crucis, anche se non si rendono tanto conto di che cos’è, però loro desiderano incontrare il Papa, pensano di poterlo abbracciare.
Nei loro disegni hanno messo anche un po' la loro storia, oltre a rappresentare quella di Gesù?
R. – Sì, un bambino ha detto che i genitori si devono voler bene, che non devono bisticciare, commentando la stazione nella quale i soldati si dividono le vesti di Gesù. Non bisogna bisticciare, ha detto, ma bisogna volersi bene, anche io prego per i miei genitori affinché si vogliano bene. Perché loro vogliono bene ai genitori. Un’altra bambina ha chiesto che a nessuno manchi lo sguardo della mamma, perché lei è molto afflitta perché la sua mamma non c'è.
E, per venerdì sera, è stato semplice decidere chi farà il lettore, chi porterà la croce e chi le fiaccole?
R. – E’ stato molto facile perché noi abbiamo una sola bambina, Veronica, che ha 8 anni e ha la possibilità di leggere. Poi si, gli altri sono contenti di partecipare, di portare la croce, le fiaccole. Ma penso che non si rendano molto conto di che cos'è la Via Crucis, perché non l'hanno mai fatta. Qui i bambini non sono stati tutti battezzati, ma provengono da tutte le parti, ed è stato un po' difficile parlare loro di Gesù. Però loro nel loro cuore hanno tanto amore e vogliono anche tanto amore.
E questo è anche il vostro motto: “Accogliere con amore”. Come si inserisce questa esperienza nel quotidiano servizio educativo che svolgete qui per la loro crescita e per la loro guarigione dalle ferite della vita?
R. –Cerchiamo di trasmettere il valore del volersi bene tra di loro, in questo periodo preghiamo anche per pandemia. Anche nel loro quotidiano cerchiamo di fargli capire che devono essere bravi e anche aiutare gli altri, condividere anche con gli altri le cose. Anche tra di loro, magari sono piccole sciocchezze, però condividere anche un gioco, perché che tante volte loro anche per un gioco bisticciano.
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