Il Papa: dopo la pandemia ripartire con responsabilità e senza egoismi
Salvatore Cernuzio - Città del Vaticano
“Ripartenza”, con una responsabilità collettiva e non con egoismo. Questa la parola d’ordine che Papa Francesco indica ai partecipanti alla 42.ma edizione del Meeting per l’Amicizia dei popoli - al via domani, 20 agosto, a Rimini - in questo tempo drammatico della pandemia che ha fatto, sì, emergere egoismi e idolatrie del potere e del denaro, ma al contempo la solidarietà tra gli esseri umani. In un messaggio indirizzato a monsignor Francesco Lambiasi, vescovo della città romagnola che dal 1980 ospita l’evento, a firma del cardinale segretario di Stato, Pietro Parolin, si rilancia l’invito alla fraternità e all’amicizia sociale per superare il guado della crisi provocata dal Covid. Si citano quindi Kierkegaard, san Tommaso, don Giussani e anche Manzoni, e si richiamano le parole di Papa Benedetto XVI, quando affermava che “la libertà deve sempre di nuovo essere conquistata per il bene”.
Rischiare come atto di libertà
Proprio il concetto di libertà, si legge nel messaggio, è strettamente connesso al tema scelto per l’edizione 2021 del Meeting che torna a svolgersi in presenza fino al 25 agosto: “Il coraggio di dire io”, tratto dal Diario del filosofo Søren Kierkegaard. Un titolo, osserva Papa Francesco, “quanto mai significativo nel momento in cui si tratta di ripartire con il piede giusto, per non sprecare l’occasione data dalla crisi della pandemia”. “Ripartenza” che non si realizza automaticamente perché “in ogni iniziativa umana è implicata la libertà”. “La libertà presuppone che nelle decisioni fondamentali ogni uomo sia un nuovo inizio”, affermava Benedetto XVI, “la libertà deve sempre di nuovo essere conquistata per il bene. In questo senso, il coraggio di rischiare è innanzitutto un atto della libertà”.
Il dramma di sprecare la crisi
Nel messaggio si ricordano le parole pronunciate da Papa Francesco durante il primo lockdown del marzo-aprile 2020, il monito poi ripetuto e declinato in molte forme: “Peggio di questa crisi c’è solo il dramma di sprecarla”.
“Mentre ha imposto il distanziamento fisico, la pandemia ha rimesso al centro la persona, l’io di ciascuno, provocando in molti casi un risveglio delle domande fondamentali sul significato dell’esistenza e sull’utilità del vivere che da troppo tempo erano sopite o peggio censurate. E ha suscitato anche il senso di una responsabilità personale”.
Solidarietà e idolatrie
“Tanti lo hanno testimoniato in diverse situazioni. Davanti alla malattia e al dolore, di fronte all’emergere di un bisogno, molte persone non si sono tirate indietro e hanno detto: ‘Eccomi’”, si legge ancora nel testo a firma di Parolin.
Del resto, “le idolatrie del potere e del denaro preferiscono avere a che fare con individui piuttosto che con persone, cioè con un ‘io’ concentrato sui propri bisogni e i propri diritti soggettivi piuttosto che un ‘io’ aperto agli altri, proteso a formare il ‘noi’ della fraternità e dell’amicizia sociale”.
La tentazione di scartare la persona
Il Papa non si stanca, dunque, di “mettere in guardia coloro che hanno responsabilità pubbliche dalla tentazione di usare la persona e di scartarla quando non serve più, invece di servirla”.
Certamente c’è la necessità di “reperire risorse e mezzi per rimettere in moto la società”, ma “c’è bisogno innanzitutto di qualcuno che abbia il coraggio di dire ‘io’ con responsabilità e non con egoismo, comunicando con la sua stessa vita che si può cominciare la giornata con una speranza affidabile”.
Il coraggio per contrastare la paura
Il coraggio, però, “non è sempre una dote spontanea e nessuno può darselo da sé”, diceva il don Abbondio manzoniano, soprattutto in un tempo come quello odierno dove “la paura – rivelatrice di una profonda insicurezza esistenziale – gioca un ruolo così determinante da bloccare tante energie e slanci verso il futuro, percepito sempre più come incerto soprattutto dai giovani”.
Don Luigi Giussani avvertiva di un duplice pericolo: “Dubbiezza e comodismo”, quali “nemici dell’io”. Da dove può venire, allora, il coraggio di dire io? Avviene grazie a un “fenomeno” che si chiama incontro, grazie al quale “si dà la possibilità all’io di decidere, di rendersi capace di accogliere, di riconoscere e di accogliere. Il coraggio di dire ‘io’ nasce di fronte alla verità, e la verità è una presenza”.
“Dal giorno in cui si è fatto carne ed è venuto ad abitare in mezzo a noi, Dio ha dato all’uomo la possibilità di uscire dalla paura e di trovare l’energia del bene seguendo il suo Figlio, morto e risorto”, afferma il messaggio.
Percorrere nuove strade
Dunque “la ragione profonda del coraggio del cristiano è Cristo”. “È il Signore risorto la nostra sicurezza, che ci fa sperimentare una pace profonda anche in mezzo alle tempeste della vita”, si legge nel messaggio. Che si conclude con l’auspicio del Papa che nella settimana del Meeting organizzatori e ospiti diano “testimonianza viva” della “gioia del Vangelo” che “infonde l’audacia di percorrere nuove strade”.
“Bisogna avere il coraggio di trovare i nuovi segni, i nuovi simboli, una nuova carne, particolarmente attraenti per gli altri”, si legge nelle ultime righe del testo, citando il documento programmatico del pontificato Evangelii Gaudium. “È il contributo che il Santo Padre si aspetta che il Meeting dia alla ripartenza, nella consapevolezza che la sicurezza della fede ci mette in cammino, e rende possibile la testimonianza e il dialogo con tutti”. Nessuno escluso, “perché l’orizzonte della fede in Cristo è il mondo intero”.
Ultimo aggiornamento 20.08.ore 08.40
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