Biografia del missionario che “ha fatto cristiano il Papa”
Fabio Colagrande – Città del Vaticano
Un “operaio del Regno di Dio”, un “santo” – come l’ha definito lo stesso Papa Francesco – ma allo stesso tempo un missionario come tanti altri, partito dalla Lombardia per l’Argentina negli anni dell’emigrazione italiana verso l’America Latina, all’inizio del Novecento. La storia di don Enrico Pozzoli sarebbe forse caduta nell’oblio, come quella di molti “santi della porta accanto”, se questo sacerdote salesiano, nato a Senna Lodigiana nel 1880 e deceduto a Buenos Aires 81 anni dopo, non avesse, nel giorno di Natale del 1936, nella Basilica di San Carlo Borromeo e Maria Ausiliatrice della capitale argentina, battezzato il futuro Papa Francesco. Così, il suo nome ha cominciato a circolare nelle redazioni giornalistiche la sera del 13 marzo 2013, quando Jorge Mario Bergoglio è salito sul Soglio di Pietro scegliendo il nome di Francesco e i primi articoli, dedicati alla biografia del nuovo Papa, hanno subito colto il ruolo cruciale nella sua vita spirituale di quel missionario lodigiano con la passione della fotografia e l’hobby di riparare orologi.
"Ha aiutato la mia vocazione"
Un’esauriente e appassionante ricostruzione della vita di don Pozzoli è contenuta ora nel volume “Ho fatto cristiano il Papa”, firmato dal giornalista e storico, anche lui lodigiano, Ferruccio Pallavera e edito dalla Libreria Editrice Vaticana. Il testo, frutto del lavoro di ricerca certosino dell’autore, a lungo direttore del quotidiano di Lodi “Il Cittadino”, è arricchito da fotografie e aneddoti che lo stesso Pontefice ha fornito a Pallavera nel luglio del 2020 in un colloquio privato. Circostanza che conferma l’affetto e la devozione speciale che Francesco nutre nei confronti di questo suo “padre spirituale”, già manifestati in numerose occasioni pubbliche. Nel giugno 2015, incontrando a Torino i salesiani e le Figlie di Maria Ausiliatrice, il Papa ha ricordato la figura di don Enrico definendolo “un bravo uomo e grande confessore della famiglia salesiana”. “Io andavo a confessarmi da lui, mi ha battezzato – ha affermato Francesco in quell’occasione – e mi ha aiutato nella mia vocazione”. Il 25 marzo 2017, incontrando i ragazzi della cresima allo stadio di San Siro di Milano, il Papa ha poi definito don Pozzoli “un bravo sacerdote che mi ha battezzato e mi ha accompagnato fino all’entrata al noviziato”.
Direttore spirituale della famiglia Bergoglio
Nel libro di Pallavera, che è anche uno spaccato storico della vita dei contadini del lodigiano tra i due secoli e delle missioni salesiane in Patagonia negli stessi anni, è ricostruito nei dettagli il rapporto fra don Enrico Pozzoli e la famiglia Bergoglio. “Negli anni '30 don Enrico non si occupava solo del grande Collegio che i Salesiani avevano a Buenos Aires, ma anche dell’Oratorio”, ha spiegato l’autore ai microfoni di Radio Vaticana. “Qui diventa confessore di Mario Bergoglio, il padre del futuro Papa, appena arrivato in Argentina dall’Italia. E proprio andando all’Oratorio Mario Bergoglio diventa amico dei due fratelli Sivori e comincia a frequentare la loro casa, dove s’innamora della sorella, Regina Maria. Sarà proprio don Pozzoli a sposarli nel 1935 e l’anno dopo a battezzare il loro primogenito, Jorge Mario”. Don Enrico sarà protagonista anche di un altro momento decisivo della vocazione spirituale di Papa Francesco. Come lo stesso Jorge Mario Bergoglio ha ricordato in una lunga memoria dattiloscritta nel 1990 indirizzata al salesiano Cayetano Bruno, pubblicata integralmente da Pallavera, don "Enrique", Pozzoli nel 1955 ebbe il compito delicato di aiutare i genitori del futuro Papa ad accogliere la sua richiesta di entrare in seminario. Il dialogo fra i genitori di Jorge Mario e il suo padre spirituale, nella pasticceria “La Perla de Flores” di Buenos Aires è uno dei momenti più gustosi della ricostruzione di quei giorni fatidici.
Un confessore che sapeva scrutare le anime
“Il carisma di questo prete lodigiano – spiega ancora Pallavera – era quello di interagire con tutti i ragazzi che frequentavano sia la Basilica che l'Oratorio, ma soprattutto di dedicare ore e ore al confessionale, come ha ricordato più volte lo stesso Francesco”. “Quando don Enrico morì, il responsabile dei salesiani di Buenos Aires, in una lettera alla sua famiglia, esprimeva tutto il suo dolore per il fatto che ormai, entrando nella Basilica di Maria Ausiliatrice, non si trovava più nel suo confessionale il padre Pozzoli, così capace di ascoltare e capire i penitenti”. “Lo stesso Papa Francesco mi ha raccontato – prosegue Pallavera - che nel confessionale di padre Pozzoli arrivavano non solo tutti i salesiani di Buenos Aires, ma anche tutti i preti, le religiose e i religiosi del territorio. Questo perché, il sacerdote che fu padre spirituale del Papa, aveva la grande capacità di scrutare le anime”.
La dura vita degli italiani in Argentina
Il volume tratteggia nei particolari la vita difficilissima dei migranti italiani in America Latina in quegli anni. “Gli stessi Bergoglio – ricorda Pallavera - arrivano in Argentina grazie alla tambureggiante richiesta dei loro familiari che avevano fatto, in un certo senso, fortuna, mettendo su un’impresa per asfaltare le strade. Ma migliaia e migliaia di altri migranti italiani erano totalmente allo sbando”. “Poi, la grande crisi del ’29, con il crollo della borsa di New York, spazzò via tutto e anche i familiari del futuro Papa dovettero chiudere l'azienda e si trovarono sul lastrico. I missionari come don Enrico avevano quindi molto da fare per accompagnare e spesso sostenere le famiglie degli immigrati”.
Quel colloquio privato
Come già detto, molti particolari della vita del missionario don Enrico Pozzoli che emergono dal libro di Ferruccio Pallavera sono stati raccontati all'autore dallo stesso Papa Francesco. “Quando nel 2020 ho terminato la prima stesura del libro mi sono accorto che avevo alcuni buchi sostanziali, anche perché don Pozzoli non aveva lasciato documenti sulla sua vita e i testimoni che avevo raggiunto a Senna Lodigiana erano tutti ormai molto anziani”, racconta il giornalista. “L'unica persona che poteva riempirmi i vuoti della mia ricerca era proprio il Papa. Così ho scritto a Francesco per dirgli che stavo mettendo a punto una biografia del sacerdote che l’aveva battezzato, ma non mi sarei mai immaginato che mi avrebbe telefonato e invitato a Casa Santa Marta per un colloquio privato di un’ora”. “Grazie a quell’intervista esclusiva – conclude l’autore – non solo ho potuto riempire i buchi della mia storia, ma ho dovuto praticamente riscrivere il libro”.
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