Il Papa contro il crimine che schiavizza e il pensiero all'Ecuador
Fausta Speranza - Città del Vaticano
"Mi ha molto addolorato": con queste parole, dopo la recita della preghiera mariana, Papa Francesco ha ricordato quanto è avvenuto nei giorni scorsi nel carcere di Guayaquil, in Ecuador. "Una terribile esplosione di violenza tra detenuti appartenenti a bande rivali - ha sottolineato - ha provocato più di cento morti e numerosi feriti". Francesco ha assicurato la sua preghiera "per loro e per le loro famiglie", rivolgendo una preghiera e un appello: "Dio ci aiuti a sanare le piaghe del crimine che schiavizza i più poveri. E aiuti quanti lavorano ogni giorno per rendere più umana la vita nelle carceri."
I fatti
Nel carcere El Litoral di Guayaquil, in Ecuador, il 30 settembre scorso, 116 detenuti sono morti e altri 80 sono rimasti feriti negli scontri a colpi d’arma da fuoco scoppiati tra bande rivali all’interno del penitenziario. A darne notizia è stato lo stesso presidente della Repubblica dell’Ecuador, Guillermo Lasso, che si è trasferito nella città portuale ecuadoriana dopo aver decretato due mesi di stato di emergenza per il sistema carcerario nazionale. Ha assicurato che le vittime sono tutti detenuti e che negli scontri non sono rimaste coinvolte persone che facevano parte del personale carcerario. Sembra che tutto sia iniziato a causa di una festa di compleanno festeggiata pensando di rivendicare il controllo dell’intero penitenziario. Una presa di posizione che ha scatenato la reazione di membri di altre gang rivali incarcerati nella struttura che, così, hanno aperto il fuoco nei padiglioni otto e nove della prigione. La polizia è riuscita a sottrarsi allo scontro armato, ma centinaia di agenti hanno circondato l’edificio per evitare fughe di massa, riuscendo a riprendere il controllo della situazione dopo cinque ore. Da tempo in Ecuador la situazione delle carceri è esplosiva e quest’anno si sono spesso ripetuti ammutinamenti e rivolte. A febbraio almeno 79 prigionieri sono morti in disordini simultanei in quattro prigioni dove è reclusa circa il 70 per cento della popolazione carceraria ecuadoriana. Ma quest’ultimo episodio, riportano alcuni media locali, ha fatto registrare il bilancio più pesante nella storia delle carceri del Paese.
Annunciati provvedimenti da parte del governo
Il governo ecuadoriano ha annunciato l'intenzione di concedere circa 2.000 indulti e rimpatriare i prigionieri stranieri nei rispettivi Paesi come prime misure per cercare di ridurre il sovraffollamento nelle carceri del Paese, dopo gli scontri di martedì nel carcere El Litoral di Guayaquil che hanno avuto un bilancio di 118 morti e decine di feriti. La notizia, riferisce la tv Ecuavisa, è stata resa nota ieri nel corso di una conferenza stampa tenuta dalla ministra dell'Interno, Alexandra Vela, e dal direttore del Servizio nazionale per l'assistenza globale ai reclusi (Snai), Bolivar Garzòn. Quest'ultimo ha spiegato la portata di proposte che sono fra le sue competenze, fra cui "l'avvio immediato di provvedimenti di grazia per persone anziane, donne, disabili e malati terminali". Si tratta, ha detto, di "provvedimenti di grazia per circa 2.000 persone che non sono implicate in reati gravi" e che lo Snai raccomanderà al governo di rendere effettive. Da parte sua Vela ha ricordato che "la grazia in questi casi può essere concessa da due figure delle istituzioni ecuadoriane: il presidente della Repubblica e l'Assemblea nazionale (An)". La ministra ha quindi segnalato che è stato anche deciso di "gestire con rapidità il processo di rimpatrio degli stranieri" che scontano pene nelle carceri ecuadoriane. In questo ambito, ha precisato, è in corso l'esame di "82 casi". Riguardo al Centro di reclusione El Litoral, che nell'ultimo anno è stato l'epicentro di sanguinose risse tra bande legate al traffico di droga, Vela ha affermato che lo Snai sta mettendo a punto misure per "assumere il controllo totale della prigione". Fra queste, l'inasprimento delle misure di sicurezza e l'istallazione di scanner per esaminare a fondo il materiale che entra nella prigione, e impedire soprattutto l'arrivo di armi ai detenuti.
Grazie per aver letto questo articolo. Se vuoi restare aggiornato ti invitiamo a iscriverti alla newsletter cliccando qui