Santa Sede: crimini d'odio contro i cristiani, serve impegno per la sicurezza
Debora Donnini – Città del Vaticano
I “crimini anticristiani non sono più un fenomeno marginale”. Intolleranza e discriminazione colpiscono non solo comunità minoritarie ma anche le maggioritarie: troppo spesso il termine “minoranze” è considerato sinonimo di “vittime”, senza rendersi conto che anche le vittime di tali crimini potrebbero appartenere a maggioranze. È a partire da questa considerazione che la Missione permanente della Santa Sede presso le Organizzazioni Internazionali a Vienna esprime la propria esortazione a evitare un approccio selettivo nell’attenzione alle forme di discriminazione religiosa, notando anche che nessuna parte della regione dell'OSCE è immune da atti di intolleranza.
L’invito è contenuto in una delle tre Dichiarazioni rilasciate ieri della stessa Missione permanente su vari aspetti dei diritti umani e della sicurezza, durante la Conferenza ODIHR (l'Ufficio per le istituzioni democratiche e i diritti umani), che è un’istituzione dell’OSCE, l’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa. La Conferenza di Varsavia, nel 30.mo anniversario dell’ODIHR, ha come titolo "Tre decenni e pronti per il futuro Democrazia, diritti umani e sicurezza".
In merito alla persecuzione religiosa, l'ODIHR, si rileva, ha registrato casi di minacce, attacchi violenti, omicidi, profanazione di chiese, devastazione di luoghi di culto, cimiteri e altri beni religiosi. Una realtà non infrequente nell’area dell'OSCE, “un fenomeno in crescita”.
Rimanere vigili anche sulle discriminazioni contro i cristiani
La Delegazione della Santa Sede, dunque, “rimane fiduciosa che, beneficiando dell'esperienza acquisita nell'elaborazione di linee guida per affrontare la sicurezza delle comunità ebraiche e musulmane, l'ODIHR intraprenderà sforzi analoghi per rispondere alle esigenze di sicurezza delle comunità cristiane”. Si tratta, in generale, di sfide di interesse reciproco perché ovunque una comunità religiosa è perseguitata a causa delle sue convinzioni religiose, “il bene comune è in pericolo”. L’impatto negativo non è solo sulla vita quotidiana dei cristiani e dei membri di altre religioni, ma anche sulla coesione sociale negli Stati. Si sottolinea anche che l'OSCE è stata una delle prime organizzazioni internazionali ad aver lanciato l'allarme sull'intolleranza nei confronti dei cristiani, esortando a rimanere vigili, “perché i cristiani continuano a soffrire di pregiudizi, intolleranza, discriminazione e violenza, sia a est che a ovest di Vienna”.
Interpretazioni discordanti sui diritti umani
Ampio spazio in un’altra delle tre Dichiarazioni viene dato al tema dei diritti umani. “Siamo convinti che il riconoscimento della dignità intrinseca e dei diritti uguali e inalienabili di tutti i membri della famiglia umana – senza distinzione di razza, sesso, lingua o religione – sia il fondamento della libertà, della giustizia e della pace nel mondo”, si rimarca. Non è però sufficiente proclamare solennemente i diritti umani fondamentali: devono anche essere messi in pratica. In molte parti del mondo vi sono gravi offese contro tali diritti e persino nei Paesi con forme democratiche di governo, “non sono sempre pienamente rispettati”.
Si segnala, inoltre, che gli Stati partecipanti mantengono posizioni divergenti e “talvolta persino contradditorie” non solo su questioni specifiche inerenti alla dimensione umana, ma anche sulla stessa interpretazione dei diritti umani e delle libertà fondamentali. Solo se gli Stati partecipanti possono accordarsi su cosa significa il concetto di "diritto umano", la dimensione umana dell'OSCE - si afferma - tornerà ad essere una potente pietra angolare nell'approccio globale alla sicurezza e alla cooperazione. In proposito si fa riferimento anche al discorso al Corpo diplomatico rivolto dal Papa nel 2018 nel quale Francesco osservava con preoccupazione come l'interpretazione di alcuni diritti fosse progressivamente cambiata, con l'inclusione di una serie di “nuovi diritti” che non di rado entrano in conflitto tra loro. Sono state avanzate nozioni discutibili di diritti umani che sono in contrasto con la cultura di molti Paesi. Il rischio, dunque, è che in nome dei diritti umani, si assista al sorgere di moderne forme di colonizzazione ideologica da parte dei più forti e dei più ricchi, a scapito dei più poveri e dei più vulnerabili. La Delegazione, dunque, si dice convinta che l'unico approccio significativo alla dimensione umana sia cercare una comprensione comune dei diritti umani universali e delle libertà fondamentali, nonché della loro protezione e promozione.
Gli impegni devono essere concordati consensualmente
Viene anche espressa gratitudine al direttore dell’ODIHR Matteo Mecacci e ai suoi predecessori per gli sforzi compiuti negli ultimi 30 anni. In una delle tre Dichiarazioni, la Delegazione assicura il suo continuo desiderio di dialogo e impegno su questioni di interesse comune. La Santa Sede conta, dunque, sulla professionalità e sulla genuina imparzialità dell'ODIHR, affinché tutte le attività dell’organizzazione possano essere svolte in modo coerente con gli impegni concordati consensualmente. Un punto importante, questo, per il principio di uguaglianza fra gli Stati partecipanti. A questo proposito, la Delegazione si sente in dovere di esprimere la propria preoccupazione per il fatto che l'ODIHR, durante il Generation Equality Forum tenutosi a Parigi lo scorso luglio, abbia aderito alla Generation Equality Action Coalitions on Gender-Based Violence and on Femministe Movements and Leadership senza alcuna mandato consensualmente conferito da tutti gli Stati partecipanti.
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