Cantalamessa: la Chiesa non sia un castello chiuso che scherma il Vangelo
L’Osservatore Romano
«Nato da donna». È sul significato e sull’importanza di queste parole di san Paolo (Galati 4, 4) che il cardinale Raniero Cantalamessa ha sviluppato la terza predica di Avvento, tenutasi questa mattina, 17 dicembre, nell’Aula Paolo VI, alla presenza di Papa Francesco. È stata anche l’occasione per riflettere sul ruolo di Maria nella Chiesa, alla luce della Parola di Dio e della tradizione patristica.
In particolare, il predicatore della Casa pontificia ha sottolineato che nella Bibbia l’espressione «nato da donna» indica l’appartenenza alla condizione umana, fatta di debolezza e mortalità. «Basta provare a togliere queste tre parole dal testo per accorgerci della loro importanza», ha fatto notare il frate minore cappuccino. Infatti, si è chiesto cosa sarebbe il Cristo senza di esse: «un’apparizione celeste, disincarnata». Anche l’angelo Gabriele «fu mandato» da Dio, ma per «tornarsene poi in cielo così come era disceso da esso». La Vergine, invece, è colei che ha «ancorato» per sempre il Figlio di Dio all’umanità e alla storia. E così «in tutto l’universo Maria è l’unica che può rivolgersi a Gesù con le stesse parole del Padre celeste: “Tu sei mio figlio, io ti ho generato”».
Approfondendo ancora l’espressione «nato da donna», Cantalamessa ha osservato che sant’Ireneo la legge alla luce di Genesi 3, 15: «Porrò inimicizia tra te e la donna». Maria appare come «la donna che ricapitola Eva, la madre di tutti i viventi». Non si tratta di «una comparsa marginale che entra in scena per poi scomparire nel nulla». È l’approdo di «una tradizione biblica» che comincia con la donna «figlia di Sion», che «è la personificazione di tutto il popolo d’Israele», e termina con la donna «vestita di sole con la luna sotto i suoi piedi» dell’Apocalisse (12, 1) che rappresenta la Chiesa.
Del resto, «donna» è «il termine con cui Gesù si rivolge a sua madre a Cana e sotto la croce». È «impossibile, non vedere un legame, nel pensiero di Giovanni, tra le due donne»: la donna simbolica che «è la Chiesa e la donna reale che è Maria». Tale legame è recepito nella Lumen gentium che, proprio per questo, «tratta di Maria all’interno della costituzione sulla Chiesa».
In proposito il predicatore ha fatto riferimento alla questione della «dignità della donna», osservando che «molto si è fatto negli ultimi tempi per aumentare la presenza delle donne nelle sfere decisionali della Chiesa e altro, forse, resta da fare». Ma soprattutto ha insistito sulla dimensione ecclesiale dell’affermazione paolina: «se nel senso più pieno la donna nella Scrittura indica la Chiesa — ha sottolineato — allora l’affermazione che Gesú è nato da donna implica che egli deve nascere oggi dalla Chiesa».
Per Cantalamessa «dobbiamo fare il possibile» perché la Chiesa non divenga un «castello complicato e ingombro» che impedisce al messaggio di Cristo di «uscire da essa libero e gioioso. Sappiamo — ha riconosciuto — quali sono “i muri divisori” che possono trattenere il messaggero. Sono anzitutto i muri che separano le varie chiese cristiane tra di loro, poi l’eccesso di burocrazia, i residui di cerimoniali ormai senza senso: paludamenti, leggi e controversie passate, divenuti ormai solo dei detriti». Ma inevitabilmente «arriva il momento quando ci si accorge che tutti questi adattamenti non rispondono più alle esigenze attuali, anzi sono di ostacolo». E allora, ha affermato il cardinale, «bisogna avere il coraggio di abbatterli e riportare l’edificio alla semplicità e linearità delle sue origini, in vista di un loro rinnovato impiego».
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