La franchezza dei giovani greci a colloquio con il Papa
Benedetta Capelli – Città del Vaticano
C’è la parola “grazie” negli interventi dei giovani che frequentano la Scuola San Dionigi delle suore orsoline ad Atene. Un ringraziamento sentito per loro che avvertono di essere “un piccolo gregge disperso in piccole comunità”. Francesco ascolta i dubbi, i sussulti, gli entusiasmi e le rinascite come quella di Aboud Gabro, 18 anni, scappato dalla Siria insieme a suo fratello Mario che oggi è dodicenne.
La guerra negli occhi dei bambini
Nel racconto di Aboud Gabro ci sono immagini dure, c’è la guerra, le bombe che cadono in casa senza un perché. Ci sono le raffiche di mitra degli integralisti che uccisero i suoi vicini affacciati al balcone. Un trauma per un bimbo di soli 9 anni. Incredulità, tristezza, paura in lui albergano tutte le emozioni, sono lo specchio di quelle dei suoi genitori con la valigia in mano, abbracciati nella preghiera. “La guerra diventava ogni giorno più orrenda”, senza corrente, senza acqua, costringe a scavare pozzi in ogni quartiere. Nel 2014 dopo l’ennesima bomba che distrugge la loro casa ma che non li uccide, decidono di andare via. Destinazione Grecia dove c’è un loro zio. “Col suo aiuto ci mettemmo in viaggio, cercando per ben due volte presso le ambasciate greche in Libano e Turchia di ottenere un visto legale di ingresso in Grecia. Ma invano…Non ci rimaneva che arrivare in Grecia in barca, rischiando la vita”.
Aggrappato alla roccia, aggrappato alla vita
Aboud racconta che dopo tre tentativi arrivano “sulla costa della speranza”. “Fu difficile rimanere su una roccia senza acqua e senza cibo, aspettando l’alba e una nave della guardia costiera che venisse a salvarci”. Arriva l’aiuto, l’approdo a Simi e poi a Rodos, “dove gli abitanti - racconta - ci hanno accolto a braccia aperte, capendo le nostre difficoltà. E poi finalmente Atene!”. Aboud ci tiene a far sapere di voler studiare per “diventare un membro utile della società civile”. “Ho tanti sogni e vorrei studiare sia in Grecia che all’estero, se mi sarà possibile”. Il suo racconto termina con la parola “grazie” a coloro che lo hanno accolto, alla sua famiglia, ai suoi compagni di studi.
Una parola di speranza
“Piccolo gregge” così li ha definiti anche monsignor Petros Stefanou, vescovo di Syros, Santorini e Creta, responsabile della Pastorale giovanile che ha sottolineato come esperienze importanti come gli “Incontri Panellenici dei giovani”, ma anche la partecipazione alle Giornate Mondiali della Gioventù, “sostengono l’entusiasmo e alimentano in loro la consapevolezza di trovarsi in un cammino di fede insieme a giovani di tutto il mondo e in comunione con tutta la Chiesa”. Grazie – afferma il presule – perché i giovani attendono una parola di speranza per “scoprire continuamente nella quotidianità la bellezza di essere amici di Cristo e membra vive della sua Chiesa”.
Davanti a Gesù in pace
Katerina Binibini, giovane filippina, dice di sentirsi “benedetta da Dio” per il dono della vita, per la famiglia che ha, ma non nasconde i dubbi che alcune volte l’assalgono come di fronte al dolore nel mondo o al sentirsi “una cattiva persona”. “Durante la pandemia – spiega - la mia fede si è rafforzata” nonostante la perdita della guida della sua comunità, suor Emma, ma allora “ho potuto meditare e parlare con Dio in un clima di pace. Ho compreso che nei momenti difficili siamo tutti uguali e che dobbiamo convertire la nostra mentalità individualista per aiutare il prossimo”.
La fede, bussola del cuore
C’è anche nella storia della giovane di Tinos, Ioanna Vidali, un momento di svolta, uno snodo della sua esistenza. Oggi a 26 anni, dopo gli studi di Sociologia fa la pasticceria e afferma di aver riscoperto la sua fede, pur essendo nata in una famiglia religiosa. Racconta di alcune figure importanti della sua vita come la mamma, la nonna, una suora orsolina, ma anche del travaglio adolescenziale quando ha iniziato a dubitare della sua scelta di camminare insieme a Dio. Ioanna dice di essere diventata cieca, di voler rifiutare Gesù ma è un sogno a risvegliarla dal torpore, a rimetterla sulla strada dell’amore per il Padre. “Lui mi ha permesso di errare, mi ha fatto trovare diverse risposte. Mi ha dato la libertà di provare fino a quando non ho scoperto chi sono veramente, rendendomi conto a Chi appartengo. E qui ho capito la Sua grandezza”. Da allora è nato l’impegno nell’animazione dei giovani, sapendo che la fede è radicata nel suo cuore, “come una bussola”.
La preghiera dei giovani
Dopo le parole del Papa, i giovani hanno rivolto la loro preghiera, invocando il Signore perché scendano nei loro cuori, aiutandoli “a percorrere insieme il cammino che porta dal dubbio alla speranza e dal buio alla luce”. I ragazzi ricordano il loro dolore “che si mescola al grido degli oppressi e dei dimenticati”, chiedono a Gesù di “cogliere ogni opportunità per crescere” nel suo amore, “per poterlo donare ai nostri fratelli”. “Ti offriamo le nostre menti, i nostri cuori, le nostre mani: usali – pregano i giovani - per riportare nel mondo il tuo amore”. “Signore Gesù, aiuta le nostre piccole comunità a rinforzarsi nella fraternità e nell’unità; sarai Tu vivo in mezzo a noi ad attrarre e condurre a Te coloro che ti ignorano e ad illuminare i cuori di coloro che ti cercano”.
Padre del Cielo, ti ringraziamo infinitamente per averci donato questo incontro con Papa Francesco. La sua parola è per noi la tua parola e ci incoraggia a sognare e sperare il tuo regno d’amore tra noi. Ci impegniamo a realizzarlo fin da ora, testimoniando con la nostra vita il tuo amore, fortificando le nostre comunità con il vincolo dell’amore reciproco affinché il mondo creda.
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