Il Papa: difendere l’innocenza dei bambini dagli Erode di oggi
Isabella Piro – Città del Vaticano
“I nuovi Erode dei nostri giorni spezzano l’innocenza dei bambini sotto il peso del lavoro schiavo, della prostituzione e dello sfruttamento, delle guerre e dell’emigrazione forzata. #PreghiamoInsieme oggi per questi bambini e difendiamoli. #SantiInnocenti”: questo il tweet lanciato da Papa Francesco dal suo account @Pontifex per l’odierna memoria liturgica dei Santi Innocenti, che ricorda i bambini di Betlemme fino a due anni, fatti uccidere dal re Erode allo scopo di eliminare il Bambino Gesù, annunciato dalle profezie come il Messia e nuovo re d’Israele.
152 milioni i minori costretti a lavorare
Ma oggi, come ieri, gli Erode sono ancora tanti e tante sono le armi che usano per distruggere l’innocenza dei bambini: basti dire che, secondo l’ultimo rapporto dell’Ilo (Organizzazione internazionale del lavoro), pubblicato a marzo 2021, sono ancora 152 milioni i bambini e adolescenti — 64 milioni sono bambine e 88 milioni sono bambini — vittime di lavoro minorile. Metà di essi, 73 milioni, sono costretti in attività di lavoro pericolose che mettono a rischio la salute, la sicurezza e il loro sviluppo morale. Molti di loro vivono in contesti colpiti da guerre e da disastri naturali nei quali lottano per sopravvivere, rovistando nelle macerie o lavorando per strada. Altri vengono reclutati come bambini soldato per combattere nelle guerre volute dagli adulti.
I “mercanti di morte” fagocitano l’innocenza dei bambini
Un fenomeno drammatico e inaccettabile contro il quale lo stesso Papa Francesco aveva levato la voce nel 2016, in una Lettera ai vescovi pubblicata il 28 dicembre di quell’anno: invitando i presuli ad avere il coraggio di difendere i minori da tutto ciò che “fagocita” la loro innocenza, il Pontefice ricordava che “migliaia di nostri bambini sono caduti nelle mani di banditi, di mafie, di mercanti di morte che l’unica cosa che fanno è sfruttare i loro bisogni”. Francesco citava i milioni di bambini rimasti senza istruzione, quelli oggetto di “traffico sessuale”, i minori costretti a “vivere fuori dai loro Paesi per spostamento forzato”, i piccoli che muoiono di malnutrizione e quelli piegati dal lavoro schiavo.
Mai più queste atrocità!
“Se la situazione mondiale non muta – scriveva il Papa, citando le stime dell’Unicef - nel 2030 saranno 167 milioni i bambini che vivranno in estrema povertà, 69 i milioni di bambini sotto i 5 anni che moriranno entro il 2030 e 60 i milioni di bambini che non frequenteranno la scuola primaria di base”. Francesco non dimenticava, poi, “la sofferenza, la storia e il dolore dei minori abusati sessualmente da sacerdoti”: “Un peccato che ci fa vergognare”, sottolineava, da “deplorare profondamente” e per il quale “chiediamo perdono”. Di qui, l’appello del Pontefice a “rinnovare tutto il nostro impegno affinché queste atrocità non accadano più tra di noi”.
“Il nostro silenzio è complice”
Le parole di Francesco del 2016 facevano eco a quelle del messaggio Urbi et Orbi del Natale 2014, durante il quale il Pontefice aveva rivolto un pensiero a “tutti i bambini oggi uccisi e maltrattati, sia a quelli che lo sono prima di vedere la luce, privati dell’amore generoso dei loro genitori e seppelliti nell’egoismo di una cultura che non ama la vita; sia a quei bambini sfollati a motivo delle guerre e delle persecuzioni, abusati e sfruttati sotto i nostri occhi e il nostro silenzio complice; e ai bambini massacrati sotto i bombardamenti, anche là dove il figlio di Dio è nato”. “Ancora oggi il loro silenzio impotente grida sotto la spada di tanti Erode – aveva sottolineato Francesco - Sopra il loro sangue campeggia oggi l’ombra degli attuali Erode. Davvero tante lacrime ci sono in questo Natale insieme alle lacrime di Gesù Bambino!”
La risorsa della preghiera
Ma c’è una risposta a tutto questo, ovvero “alla tragedia dell’uccisione di esseri umani indifesi, all’orrore del potere che disprezza e sopprime la vita”? La preghiera è certamente una risorsa, come ha spiegato lo stesso Papa all’udienza generale del 4 gennaio 2017: “Quando qualcuno si rivolge a me e mi fa domande difficili, per esempio: ‘Mi dica, Padre: perché soffrono i bambini?’, davvero, io non so cosa rispondere – ha spiegato - Soltanto dico: ‘Guarda il Crocifisso: Dio ci ha dato il suo Figlio, Lui ha sofferto, e forse lì troverai una risposta’. (…) Soltanto guardando l’amore di Dio che dà suo Figlio che offre la sua vita per noi, può indicare qualche strada di consolazione; la sua Parola è definitivamente parola di consolazione, perché nasce dal pianto”.
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