Sant’Ireneo di Lione verso il titolo di Dottore della Chiesa
Adriana Masotti - Città del Vaticano
Un passo avanti verso il riconoscimento del titolo di Dottore della Chiesa universale a Sant’Ireneo: stamattina incontrando Papa Francesco il cardinale Marcello Semeraro, prefetto della Congregazione delle Cause dei Sant, gli ha proposto di accogliere il parere affermativo della sessione plenaria dei cardinali e vescovi membri del medesimo Dicastero, circa il conferimento del titolo al vescovo di Lione del II secolo. Francesco ne aveva già parlato il 7 ottobre dell'anno scorso incontrando il Gruppo Misto di Lavoro ortodosso-cattolico Sant’Ireneo: “Volentieri - aveva detto - dichiarerò Dottore della Chiesa il vostro patrono”. In quell'occasione lo aveva definito “un grande ponte spirituale e teologico tra cristiani orientali e occidentali”, sottolineando che il suo stesso nome “porta impressa la parola pace”.
Il primo grande teologo della Chiesa
Apostolo presso i popoli celtici e germanici, è stato difensore della dottrina: ha affrontato l’eresia rappresentata dal nascente gnosticismo in ambito cristiano e il diffondersi tra i pagani della filosofia del neoplatonismo, che presentava alcune affinità con il cristianesimo, aprendosi al dialogo e accogliendone alcuni principi generali. Sant’Ireneo può essere considerato il primo grande teologo della Chiesa. Al centro della sua riflessione la “Regola della fede” e la sua trasmissione cioè la questione della Tradizione apostolica. Gli Apostoli hanno insegnato una fede semplice, che si fonda sulla rivelazione di Dio, sosteneva Ireneo. Non c’è una dottrina segreta dietro il comune Credo della Chiesa, non esiste un cristianesimo superiore per intellettuali. Verità e salvezza non sono privilegio e monopolio di pochi, ma tutti le possono raggiungere. Alla Chiesa di Roma, affermava il vescovo di Lione, devono riferirsi tutte le Chiese locali. Scrive infatti: “A questa Chiesa, per la sua peculiare principalità è necessario che convenga ogni Chiesa, cioè i fedeli dovunque sparsi, poiché in essa la tradizione degli Apostoli è stata sempre conservata”.
Due le opere che ci rimangono del vescovo di Lione: i cinque libri “Contro le eresie” e l’“Esposizione della predicazione apostolica”, considerato il più antico catechismo della dottrina cristiana. Obiettivo dei suoi scritti è difendere la vera dottrina ed esporre con chiarezza le verità della fede, ma nelle sue opere emerge anche il ‘buon pastore’ preoccupato per quanti sono smarriti.
La vita di Sant’Ireneo
Sant’Ireneo nasce nell'Asia Minore, probabilmente a Smirne, ora Izmir in Turchia, fra il 130 e il 140 da una famiglia cristiana d’origine greca. Da giovane conosce San Policarpo, vescovo di quella città e discepolo di San Giovanni. Intorno all’anno 170 il suo trasferimento in Gallia, l’antica Francia, per annunciare il Vangelo a quelle popolazioni. Dopo la morte tragica in carcere del vescovo Potino nel 177, Ireneo viene chiamato a succedergli alla guida della città di Lione e da allora si dedica totalmente al ministero pastorale che si conclude nell’anno 202 quando è martirizzato durante il massacro dei cristiani lionesi sotto l'imperatore Settimio Severo. È sepolto nella chiesa di San Giovanni, che più tardi viene chiamata di Sant’Ireneo. Nel 1562 la sua tomba viene distrutta e i suoi resti dispersi dagli Ugonotti durante le guerre di religione.
I tre nuovi venerabili
Nel corso del colloquio con il cardinal Marcello Semeraro, Francesco ha autorizzato la Congregazione delle Cause dei Santi a promulgare i Decreti riguardanti il riconoscimento delle virtù eroiche di tre Servi di Dio, tutti e tre italiani, che diventano così Venerabili. Sono monsignor Francesco Saverio Toppi, Maria Teresa De Vincenti e Gabriella Borgarino.
Un uomo innamorato di Cristo che ha amato la gente
Monsignor Francesco Saverio Toppi, dell’Ordine dei Frati Minori Cappuccini, arcivescovo prelato di Pompei, nasce a Brusciano (Napoli) il 26 giugno 1925, in una famiglia contadina. Entrato a 11 anni nel Seminario francescano cappuccino di Sorrento, viene ordinato sacerdote il 29 giugno 1948. Successivamente consegue il dottorato in Storia Ecclesiastica presso la Pontificia Università Gregoriana. Dal 1959 al 1968 è ministro provinciale della Provincia di Napoli, nel 1971 ministro provinciale di Palermo e cinque anni dopo viene eletto definitore generale dell’Ordine. Terminato l’incarico a Roma, nel 1982, fa rientro nella sua Provincia di appartenenza inserendosi con grande semplicità tra i suoi confratelli. Il 13 ottobre 1990 viene nominato arcivescovo prelato di Pompei e allo stesso tempo delegato pontificio per il Santuario mariano. Nel 2000, per raggiunti limiti di età, rassegna le dimissioni accolte da San Giovanni Paolo II nel 2001. Dopo 3 anni si trasferisce presso l’infermeria dei Frati Cappuccini, a Nola, dove muore il 2 aprile 2007. Monsignor Toppi è stato un uomo innamorato di Cristo, profondamente devoto a Maria, distaccato da interessi personali, preoccupato solo del bene dei fedeli. Frequenti le sue visite ai malati, si privava anche del poco che aveva per donarlo ai bisognosi. La sua fiducia nel Signore era inalterabile, anche nei momenti più difficili. La sua esistenza è stata accompagnata da fenomeni mistici e ha vissuto la “notte oscura”, una prova spirituale che lo ha afflitto per diversi anni. A sostenerlo nel conservare quell’equilibrio umano e spirituale che sempre ha caratterizzato il suo ministero, è stata anche l’amicizia con personalità di straordinaria santità di vita, come il confratello San Pio da Pietrelcina, o di profonda spiritualità, come la Serva di Dio Chiara Lubich, del cui Movimento dei Focolari faceva parte.
Un'anima imbevuta di fede e di amore
"Il diario di monsignor Toppi contiene pagine di altissimo livello mistico, pregne di un’esperienza di Dio che lo portò talvolta, com’egli stesso dice, a 'toccare il cielo', non senza profonde prove interiori che lo purificarono e lo condussero ai vertici della comunione con Dio". Lo si legge nel comunicato del Santuario di Pompei in cui si esprime la gioia dell'annuncio di oggi per tutta la Chiesa locale e per i devoti della Madonna del Rosario. Del nuovo Venerabile si ricorda alcuni passi di una preghiera a Maria da lui composta e che viene ancora recitata quotidianamente nel Santuario: "O Maria, (...) che la Chiesa sia un cuor solo e un’anima sola... Madre della Chiesa e dell’umanità! Comunicaci lo slancio missionario del tuo Cuore per la nuova evangelizzazione e spingici per le strade del mondo a gridare il Vangelo con la vita". In occasione dell'apertura dell'inchiesta diocesana, l’attuale arcivescovo prelato di Pompei, monsignor Tommaso Caputo, ricordava che in lui "si percepiva non semplicemente il predicatore, ma un’anima tutta imbevuta di fede e di amore".
Una fiducia illimitata in Dio
Maria Teresa De Vincenti, al secolo Raffaella, è la Fondatrice della Congregazione delle Piccole Operaie dei Sacri Cuori. Nasce il 1° maggio 1872 ad Acri (Cosenza) in una famiglia della media borghesia. Conosciuto ancora giovanissima il beato Francesco Maria Greco, parroco di Acri, comincia a dedicarsi ai bambini abbandonati e agli ammalati. Negli anni prosegue la sua collaborazione partecipando nel 1892 alla fondazione, ad opera dello stesso sacerdote, della Pia Unione delle “Piccole Operaie dei Sacri Cuori”. Maria Teresa entra a far parte del Terz’Ordine di San Domenico, ma nel 1898, insieme ad alcune compagne, si trasferisce in una piccola abitazione, per dare inizio alla vita comune basata sull’osservanza della prima Regola scritta dal Beato Greco. Il 17 febbraio 1902 il nuovo Istituto, il cui campo d’azione andava dall’istruzione ai ricoveri per gli anziani abbandonati, agli ospedali e alle scuole, riceve l’approvazione diocesana. Nel 1931 diviene superiora generale ricoprendo questo ruolo fino alla morte ad Acri il 23 novembre 1936. Durante tutta la sua vita Maria Teresa ha nutrito la sua fede con una preghiera intensa. Desidera poter annunciare la fede fino anche al martirio. Vive le sofferenze abbandonandosi in Dio con una fiducia illimitata cercando di accogliere la volontà di Dio in tutto. L’amore verso il prossimo, vissuto con umiltà e premura, è stato il segno visibile del suo cammino verso Dio.
Serenità, umiltà e fortezza
La terza Serva di Dio da oggi riconosciuta Venerabile è Gabriella Borgarino, al secolo Teresa, della Società delle Figlie della Carità. Nata in una famiglia di modeste condizioni economiche il 2 settembre 1880 a Boves (Cuneo) inizia a lavorare all’età di 10 anni. Nel 1899 viene accolta nella Congregazione delle Figlie della Carità presso l’Ospedale di Fossano e nel 1902 prende l’abito e viene inviata prima alla casa della Misericordia di Argera e poi a Lugano, dove si occupa del servizio in cucina. In questo periodo vive alcune esperienze mistiche. Nel 1919, viene trasferita nella comunità di Grugliasco, poi a Luserna, nel torinese. Qui, tra il 1936 e il 1937, Gesù le appare ispirandole la giaculatoria: “Provvidenza Divina del Cuor di Gesù, provvedeteci”, che si diffonde in tutto il mondo. A Luserna Gabriella muore il 1° gennaio 1949. Al centro della sua spiritualità il Cuore di Gesù e una fede assoluta nella Provvidenza che era convinta guidasse la storia di tutti gli uomini. Durante la “Spagnola” Gabriella si dedica all’assistenza dei contagiati. All’interno della Congregazione, svolge sempre con il sorriso gli umili incarichi che le vengono affidati. Accetta con serenità e fortezza la malattia che la porta alla morte. La fama di santità si è diffusa fino ai nostri giorni, grazie anche al gruppo di preghiera che si richiama a lei e alla sua spiritualità.
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