Francesco: ci sono "paladini di Dio" che disprezzano, la Chiesa porti riconciliazione
Paolo Ondarza - Città del Vaticano
“Non c’è peccato o fallimento che, portato a Dio, non possa diventare un’occasione per iniziare una vita nuova, diversa, nel segno della misericordia”. All’omelia della messa celebrata nel piazzale di Granai a Floriana, subito fuori le mura de La Valletta a Malta, Francesco ricorda che Dio lascia sempre aperta una possibilità e sa trovare ogni volta vie di liberazione e salvezza. Lo ha capito la donna adultera del Vangelo odierno, accusata da scribi e farisei che desideravano lapidarla a causa del suo peccato: smarrita, finita fuori strada cercando la felicità per vie sbagliate è condannata a morte dai suoi accusatori. (Ascolta il servizio con la voce del Papa)
Il perdono che insegna a perdonare
Lo sguardo di Gesù la raggiunge e con esso il perdono che cambia non solo la sua vita, ma anche lo sguardo sui suoi accusatori, che in qualche modo le hanno permesso di incontrare il Signore. Perdonata da Gesù, impara a perdonare:
lI Signore desidera che anche noi suoi discepoli, noi come Chiesa, perdonati da Lui, diventiamo testimoni instancabili di riconciliazione: di un Dio per il quale non esiste la parola “irrecuperabile”; di un Dio che sempre perdona, continua a credere in noi e dà ogni volta la possibilità di ricominciare.
In cerca degli assenti
L’adultera convertita suggerisce alla Chiesa di rimettersi sempre alla scuola del Vangelo, di non stare a contare i presenti, ma andare a cercare gli assenti. Assenti quel giorno tra il popolo radunatosi attorno a Gesù erano oltra alla donna, i suoi accusatori, scribi e farisei, “coloro che si vantano di essere giusti, osservanti della legge di Dio, persone a posto e perbene”.
Il pericolo di fraintendere Gesù
Essi, osserva il Vescovo di Roma, “non badano ai propri difetti, ma sono attentissimi a scovare quelli degli altri, agli occhi della gente sembrano esperti di Dio, ma non riconoscono Gesù e lo vedono come un nemico da far fuori”.
Questi personaggi ci dicono che anche nella nostra religiosità possono insinuarsi il tarlo dell’ipocrisia e il vizio di puntare il dito. In ogni tempo, in ogni comunità. C’è sempre il pericolo di fraintendere Gesù, di averne il nome sulle labbra ma di smentirlo nei fatti. E lo si può fare anche innalzando vessilli con la croce.
Lo sguardo che rivela
È lo sguardo verso il prossimo e verso noi stessi la cartina tornasole per verificare se siamo “discepoli alla scuola del Maestro. Non basta infatti pregare o partecipare a funzioni religiose: non l’esteriorità solenne, ma la povertà interiore è il tesoro più prezioso dell’uomo. Il nostro - chiede Francesco - è uno sguardo di misericordia oppure è giudicante o sprezzante?
Chi crede di difendere la fede puntando il dito contro gli altri avrà pure una visione religiosa, ma non sposa lo spirito del Vangelo, perché dimentica la misericordia, che è il cuore di Dio. (…) Per Gesù quello che conta è l’apertura disponibile di chi non si sente arrivato, bensì bisognoso di salvezza, (…) perché il Maestro non si accontenta dell’apparenza, ma cerca la verità del cuore. E quando gli apriamo il cuore nella verità, può compiere prodigi in noi.
Correggere con carità
Proprio nel momento in cui la donna adultera è ricoperta di insulti ed è pronta a ricevere parole implacabili e castighi severi, con stupore, osserva Francesco, si vede assolta da Dio:
Che differenza tra il Maestro e gli accusatori! Quelli avevano citato la Scrittura per condannare; Gesù, la Parola di Dio in persona, riabilita completamente la donna, restituendole speranza. Da questa vicenda impariamo che ogni osservazione, se non è mossa dalla carità e non contiene carità, affossa ulteriormente chi la riceve.
Il saluto dell'arcivescovo Scicluna
Al termine della celebrazione eucaristica al Pontefice è giunto il ringraziamento dell’arcivescovo metropolita di Malta, monsignor Charles Jude Scicluna: "La parola che oggi Lei ci ha donato sia per noi motivo di incoraggiamento nella vita, luce nel cammino, consolazione nelle difficoltà". Il presule ha fatto memoria dell'accoglienza di "rara umanità" che i maltesi riservarono all'Apostolo Paolo giunto insieme 275 naufraghi. Da qui l'auspicio: "l’odierna Visita e la Sua Benedizione, suscitino anche nel nostro cuore quella fiamma di carità e quella 'rara umanità' che sono frutto dello Spirito del Signore". Scicluna ha quindi salutato Francesco con la parole di san Giorgio Preca, maltese, fondatore della Società della Dottrina Cristiana: "Salve Papa noster. Salve Petra Fidei. Salve Coeli Janitor. Et Dominus sit tecum"
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