Quelle domande del Papa sulla pace
ANDREA TORNIELLI
“Mi chiedo se si stia veramente ricercando la pace…”. Papa Francesco ha scelto di presentare sotto forma di domande i dubbi che attanagliano molti e che si accrescono con l’aumentare dell’escalation militare nella guerra in Ucraina. Un’escalation militare preoccupante per un conflitto sempre più devastante che ha costi altissimi per la popolazione civile inerme e che va di pari passo con l’aumento delle minacce verbali, della totale demonizzazione dell’avversario, delle simulazioni su possibili attacchi nucleari.
Il protrarsi della guerra di aggressione perpetrata dall’esercito russo contro l’Ucraina, la corsa al riarmo, la mancanza di iniziative forti a livello internazionale, fa sì che si stia sempre più affermando il pensiero di chi considera ineluttabile il conflitto armato, il ritorno al passato e ai vecchi “schemi” di guerra che speravano superati.
“Mentre si assiste a un macabro regresso di umanità – ha detto il Papa - mi chiedo, insieme a tante persone angosciate, se si stia veramente ricercando la pace; se ci sia la volontà di evitare una continua escalation militare e verbale; se si stia facendo tutto il possibile perché le armi tacciano”.
È piuttosto evidente la difficoltà a rispondere affermativamente ai quesiti di Francesco. “Tutti vogliamo la pace”, è la risposta dei leader del mondo. Ma questa volontà a parole – se viene espressa – non si trasforma in determinazione creativa e in autentica volontà di negoziare. Si parla di pace e si continua ad applicare quello che il Papa ha definito lo “schema di guerra”. Nei giorni scorsi il cardinale Pietro Parolin, auspicando una nuova Conferenza di Helsinki, ha detto: “Guardare a ciò che è accaduto negli ultimi decenni ci dovrebbe convincere della necessità di confidare maggiormente negli organismi internazionali e nella loro costruzione, cercando di renderli di più una ‘casa comune’, dove tutti si sentano rappresentati. Al tempo stesso ci dovrebbe convincere della necessità di costruire un nuovo sistema di relazioni internazionali, non più basato sulla deterrenza e sulla forza militare: è una priorità. E lo è perché, se non riflettiamo su questo, se non lavoriamo per questo, siamo destinati a correre verso il baratro della guerra totale”.
Per questo il Successore di Pietro ha ripetuto la sua supplica chiedendo che “non ci si arrenda alla logica della violenza, alla perversa spirale delle armi” e si imbocchi finalmente la via del dialogo e della pace.
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