Francesco: la comunicazione ha bisogno di pulizia e completezza
Alessandro De Carolis - Città del Vaticano
Una comunicazione “pulita”, limpida come una pagina di Vangelo, autentica e dunque lontana anni luce dalla “disinformazione” delle fake news oggi dilagante. Così la vorrebbe Francesco e la chiede ai chi, in particolare nella Chiesa, la vive ogni giorno come una missione, l’attuazione di un carisma: alla famiglia dei paolini, che il Papa chiama “apostoli della comunicazione”.
Come spesso gli accade di fare il Papa affronta un discorso a braccio e consegna quello scritto, un modo di suonare note diverse di uno stesso spartito e scavare più a fondo in alcuni pensieri. La modalità si ripete anche oggi con i rappresentanti della Società San Paolo riuniti da giorni in capitolo generale e subito, dal discorso spontaneo, emerge una indicazione stringente.
Comunicare è una delle cose che è più che una professione: è vocazione. E questo Don Alberione ha voluto sottolineare nelle diverse famiglie – cosiddette – paoline, questo del comunicare. Comunicare in modo pulito. E voi avete la vocazione di comunicare in modo pulito, evangelicamente.
No alla disinformazione
Lo scenario attuale per Francesco - e lo dichiara con schiettezza - è spesso all’opposto, “un pasto indigesto, sporco, non pulito”. Una distorsione come accade alla favola di Cappuccetto rosso che, osserva con ironia il Papa, passando da una comunicazione all’altra, “incomincia con il lupo che vuole mangiare Cappuccetto rosso e finisce con Cappuccetto rosso e la nonna che mangiano il lupo”.
Se noi prendiamo i mezzi di comunicazione di oggi: manca pulizia, manca onestà, manca completezza. La dis-informazione è all’ordine del giorno: si dice una cosa ma se ne nascondono tante altre. Dobbiamo far sì che nella nostra comunicazione di fede questo non succeda, non accada, che la comunicazione venga proprio dalla vocazione, dal Vangelo, nitida, chiara, testimoniata con la propria vita.
L'identità viene dalla vocazione
“Sta bene”, chiarisce il Papa, che fra voi ci siano “comunicatori professionisti” ma, ripete, “prima della professione è una vocazione, e la vocazione ti dà l’identità”. Ed è quel tipo di identità come accade per il profeta Davide che Dio chiama dal gregge ma gli ricorda da dove è venuto. Un punto che per Francesco è un cardine di magistero.
“Non dimenticare il gregge, che non vengano i “fumi” e ti riempiano la testa perché sei uno importante, sei arrivato a monsignore, a cardinale… Niente, no, questo non serve a nulla. Serve la pulizia, cioè da dove vengo, la realtà. E Dio si comunica sempre nella realtà: fate in modo che la vostra vita sia proprio la comunicazione della vostra vocazione, che nessuno di voi debba nascondere la propria identità vocazionale.
Nel discorso scritto per l’occasione, il Papa aveva chiesto, fra l’altro a tutte le branche della famiglia paolina, di proseguire nel solco degli insegnamenti del beato Giacomo Alberione “valorizzando al meglio i mezzi di comunicazione”. E citando la Redemptoris missio aveva osservato: In effetti, non è sufficiente utilizzare i mezzi di comunicazione per propagare il messaggio cristiano e il Magistero della Chiesa; occorre integrare il messaggio stesso nella nuova cultura creata dalla comunicazione moderna. Una cultura che nasce, prima ancora che dai contenuti, dal fatto stesso che esistono nuovi modi di comunicare con nuovi linguaggi, nuove tecniche e nuovi atteggiamenti psicologici”.
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