Il Papa: nella nebbia dei nostri tempi custodiamo gli anziani per un futuro in pace
Paolo Ondarza – Città del Vaticano
Tutti siamo figli di una storia da custodire, ma anche artigiani di una storia da costruire. È il messaggio che Francesco lascia ai circa 50 mila fedeli che attorno a lui si sono stretti fin dal suo arrivo nel Commonwealth Stadium di Edmonton dove ha celebrato la Messa nella festa dei santi Gioacchino e Anna. Entrando in papamobile nel più grande stadio all'aperto del Canada tra i canti delle popolazioni indigene in una vera e propria festa della famiglia, il Santo Padre benedice la folla e bacia alcuni bambini che gli sono stati avvicinati dai genitori. (Ascolta il servizio con la voce del Papa)
La fede in dialetto dei nonni
Il Vescovo di Roma invita a fare memoria di chi ci ha preceduto: i nonni da cui “abbiamo imparato il bene, la tenerezza e la saggezza”, coloro che "ci hanno presi per mano quando avevamo paura, rassicurati nel buio della notte, incoraggiati quando alla luce del sole dovevamo affrontare le scelte della vita", nella cui casa “abbiamo respirato il profumo del Vangelo, la forza di una fede che ha il sapore di casa perché - ribadisce ancora una volta - “la fede si comunica in dialetto, attraverso l’affetto e l’incoraggiamento, la cura e la vicinanza”.
Custodi della storia
Dai nonni apprendiamo l’amore che non è mai costrizione, non priva mai l’altro della sua libertà interiore.
Cerchiamo di imparare questo come singoli e come Chiesa: mai opprimere la coscienza dell’altro, mai incatenare la libertà di chi ci sta di fronte e, soprattutto, mai mancare di amore e di rispetto per le persone che ci hanno preceduto e ci sono affidate, tesori preziosi che custodiscono una storia più grande di loro.
La Bibbia e il rosario dei nonni
Il monito di Francesco è a non smarrire mai la memoria e la storia che ha partorito la nostra vita, a parlare con i nostri anziani, dedicare loro tempo e “di fronte alla scelte da prendere oggi domandarci cosa farebbero al nostro posto”.
Nelle nostre case, sempre più equipaggiate, moderne e funzionali, sappiamo ricavare uno spazio degno per conservare i loro ricordi, un luogo apposito, un piccolo sacrario familiare che, attraverso immagini e oggetti cari, ci permetta anche di elevare il pensiero e la preghiera a chi ci ha preceduto? Abbiamo conservato la Bibbia e il rosario dei nostri antenati?
Generare vita
A partire dalla memoria di chi ci ha preceduto il Pontefice esorta ad essere generativi. “Tanta volte - constata - si misura la vita in base ai soldi che si guadagnano, alla carriera che si realizza, al successo e alla considerazione che si ricevono dagli altri”. Ma la vera questione, dice, è “sto generando vita?”. Gli anziani che hanno sognato, sperato e si sono sacrificati per noi ci chiedono: che società volete costruire?
Che cosa vogliamo lasciare in eredità ai nostri posteri? Una fede viva o “all’acqua di rose”, una società fondata sul profitto dei singoli o sulla fraternità, un mondo in pace o in guerra, un creato devastato o una casa ancora accogliente?
No alla cultura dell’indietrismo
Mai cadere nella caricatura della tradizione che porta alla cultura dell’ “indietrismo”, che incasella il presente nella logica del “si è sempre fatto così”, avverte ancora Francesco:
Il Signore non ci vuole solo critici del sistema, non ci vuole chiusi e “indietristi”, ma artigiani di una storia nuova, tessitori di speranza, costruttori di futuro, operatori di pace.
Un fuoco da ravvivare
Occorre invece ravvivare, sostiene il Papa, il fuoco che chi ci ha preceduto ha acceso prima di noi:
Non si tratta di custodire delle ceneri, ma di ravvivare il fuoco che essi hanno acceso. I nostri nonni e i nostri anziani hanno desiderato vedere un mondo più giusto, più fraterno e più solidale e hanno lottato per darci un futuro. Ora, tocca a noi non deluderli.
Sognare insieme
È un invito ad andare avanti insieme quello che, tra acclamazioni e canti, Francesco lancia dal Commonwealth Stadium.
Un'esortazione a sognare insieme un avvenire in cui “gli anziani non vengano più scartati”, “che non giudichi il valore delle persone solo da quanto producono”, “che non sia indifferente verso chi avanti con l’età ha bisogno di più tempo e attenzione”; “un avvenire in cui per nessuno si ripeta la storia di violenza ed emarginazione subita dai nostri fratelli e sorelle indigeni”. Un sogno possibile con l’aiuto di Dio, conclude, se non spezziamo il legame con chi ci ha preceduto e alimentiamo il dialogo con chi verrà dopo di noi.
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