Francesco: non "maltrattare" la liturgia, è fonte di gioia non una cosa da museo
Tiziana Campisi – Città del Vaticano
Rivolge il suo grazie, Francesco, all’Associazione dei professori e cultori di Liturgia - che in questi giorni celebra il 50.mo anniversario di fondazione - per l’apporto dato alla recezione in Italia della riforma liturgica ispirata dal Concilio Vaticano II. L’udienza nella Sala Clementina del Palazzo Apostolico ai membri dell’organizzazione è lo spunto, per il Papa, per ricordare che il processo di tale riforma è ancora in corso, richiede approfondimento, tempo, “una cura appassionata e paziente”, “intelligenza spirituale e intelligenza pastorale”, e necessita di “formazione, per una sapienza celebrativa che non si improvvisa e va continuamente affinata”. (Ascolta il servizio con la voce del Papa)
Nel suo discorso, Francesco auspica che l’attività di studio e di ricerca di docenti ed esperti di liturgia continui a offrire il suo contributo, chiede uno slancio rinnovato e incoraggia “a portarla avanti nel dialogo”. “Perché anche la teologia può e deve avere uno stile sinodale - afferma il Papa -, coinvolgendo le diverse discipline teologiche e delle scienze umane, ‘facendo rete’ con le istituzioni che, anche al di fuori dell’Italia, coltivano e promuovono gli studi liturgici”.
L’indispensabile ascolto delle comunità cristiane
Ma c’è un altro aspetto indispensabile nell’ambito della liturgia: è l’“ascolto delle comunità cristiane”. Per questo Francesco esorta l’Associazione a non separare mai il suo lavoro “dalle attese e dalle esigenze del popolo di Dio”, che “ha sempre bisogno di formarsi, di crescere, eppure in sé stesso possiede quel senso di fede – il sensus fidei – che lo aiuta a discernere ciò che viene da Dio e che realmente conduce a Lui, anche in ambito liturgico”.
La liturgia è opera di Cristo e della Chiesa, e in quanto tale è un organismo vivente, come una pianta, non può essere trascurata o maltrattata. Non è un monumento di marmo o di bronzo, non è una cosa da museo. La liturgia è viva come una pianta, e va coltivata con cura. E anche, la liturgia è gioiosa, con la gioia dello Spirito.
Perché canta la lode al Signore la liturgia, rimarca il Pontefice, e per questo non deve essere triste, funebre.
Non ci sia separazione tra teologia e pastorale
Francesco insiste perché nel lavoro “di discernimento e di ricerca” dei liturgisti non sia disgiunta “la dimensione accademica da quella pastorale e spirituale”, perché, come ha insegnato il Concilio Vaticano II, non deve esserci una separazione “tra teologia e pastorale, tra fede e vita”.
Abbiamo bisogno, oggi più che mai, di una visione alta della liturgia, tale da non ridursi a disquisizioni di dettaglio rubricale: una liturgia non mondana, ma che faccia alzare gli occhi al cielo, per sentire che il mondo e la vita sono abitati dal Mistero di Cristo; e nello stesso tempo una liturgia con “i piedi per terra”, propter homines, non lontana dalla vita, non con quella esclusività mondana: no. Questa non c’entra. Seria, vicina alla gente. Le due cose insieme: rivolgere lo sguardo al Signore senza girare le spalle al mondo.
L’esempio di Romani Guardini
E rimarca, il Papa, quanto sottolineato nella sua Lettera Apostolica Desiderio desideravi, del 29 giugno scorso sulla formazione liturgica, ossia “la necessità di trovare canali adeguati per uno studio della liturgia che oltrepassi l’ambito accademico e raggiunga il popolo di Dio”. Elogia l’apporto del movimento liturgico e quello “di tanti studiosi e varie istituzioni accademiche” e cita, in particolare, Romano Guardini, che ha saputo rendere accessibile, alla mano, i frutti dei progressi accademici, perché ogni fedele – a partire dai giovani – potesse crescere nella conoscenza viva della liturgia. Il teologo e il suo approccio all’educazione liturgica, siano un punto di riferimento, indica il Pontefice, perché nello studio si “unisca intelligenza critica e sapienza spirituale, fondamento biblico e radicamento ecclesiale, apertura all’interdisciplinarietà e attitudine pedagogica.
La tradizione e l'indietrismo
Tuttavia bisogna sempre rimanere radicati nella tradizione, ma non andando indietro, evidenzia il Papa, facendo attenzione allo "spirito mondano dell’indietrismo, oggi alla moda", quel "pensare che andare alle radici significa andare indietro". Invece, si va alle radici per crescere, come l’albero "che cresce da quello che gli viene dalle radici", perché la tradizione, continua Francesco, è "andare alle radici" ed "è la garanzia del futuro".
Invece, l’indietrismo è andare indietro due passi perché è meglio il “sempre si è fatto così”. È una tentazione nella vita della Chiesa che ti porta a un restaurazionismo mondano, travestito di liturgia e teologia, ma è mondano. E l’indietrismo sempre è mondanità.
Ed è anche andare contro la verità l'andare indietro, è contro lo Spirito. Tanti nell'ambito della liturgia si dicono "secondo la tradizione", osserva il Pontefice, ma in realtà sono tradizionalisti e "il tradizionalismo è la fede morta di alcuni vivi", che "uccidono quel contatto con le radici andando indietro". Bisogna stare attenti, oggi, avverte il Papa, dalla tentazione dell’"indietrismo travestito di tradizione".
Studio e preghiera
Infine Francesco raccomanda quella che ritiene “la cosa più importante”: unire gli studi alla preghiera, aprire la mente, sì, come richiede la teologia, ma in atteggiamento orante.
Che il vostro studio della liturgia sia impregnato di preghiera e di esperienza viva della Chiesa che celebra, così che liturgia “pensata” sgorghi sempre, come da una linfa vitale, dalla liturgia vissuta.
È un’indicazione valida “per tutte le discipline teologiche”, e tanto più per la liturgia, conclude il Papa, che celebra “la bellezza e la grandezza del mistero di Dio che si dona a noi”.
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