Francesco: comunione è sogno di Dio che libera da uniformità e divisioni
Paolo Ondarza - Città del Vaticano
Il sogno di comunione di Gesù ci libera dall’uniformità e dalle divisioni. Così Francesco ai Trappisti convenuti in udienza in Vaticano in occasione della seconda parte del Capitolo Generale presso la Porziuncola di Assisi. (Ascolta il servizio con la voce di Papa Francesco)
I sogni di Gesù
Il Pontefice ha esortato i monaci a ricercare i “sogni di Gesù”, ovvero i suoi desideri più grandi che il Padre suscitava nel suo cuore divino-umano: comunione, partecipazione, missione e formazione. Sognare, ha avvertito, non va inteso in senso utopistico, ma progettuale e l’occasione del Capitolo Generale permette di condividere e fare oggetto di discernimento i sogni che emergono dalle dodici regioni nelle quali si trovano i monasteri dei Cistercensi della Stretta Osservanza:
Si tratta, cioè, di interpretare tutti questi “sogni” attraverso Cristo, immedesimandoci in Lui mediante il Vangelo e immaginando – in senso oggettivo, contemplativo – come Gesù ha sognato queste realtà: la comunione, la partecipazione, la missione e la formazione. In effetti, questi sogni ci edificano come persone e come comunità nella misura in cui non sono i nostri, ma i suoi, e noi li assimiliamo nello Spirito Santo.
Armonia delle differenze
Sognare la comunione di Gesù con i discepoli vuol dire, secondo il vescovo di Roma, vivere la nostra comunione in quanto “suoi”:
Questa comunione – è importante precisarlo – non consiste in una nostra uniformità, omogeneità, compatibilità, più o meno spontanea o forzata, no; consiste nella nostra comune relazione a Cristo, e in Lui al Padre nello Spirito. Gesù non ha avuto paura della diversità che c’era tra i Dodici, e dunque nemmeno noi dobbiamo temere la diversità, perché lo Spirito Santo ama suscitare differenze e farne un’armonia. Invece, i nostri particolarismi, i nostri esclusivismi, quelli sì, dobbiamo temerli, perché provocano divisioni.
Fraternità partecipativa
Una comunità di vita consacrata, osserva Papa Francesco, può quindi essere segno del Regno di Dio “testimoniando uno stile di fraternità partecipativa tra persone concrete che con i loro limiti, scelgono ogni giorno, confidando nella grazia di Cristo, di vivere insieme”.
Anche gli strumenti attuali di comunicazione possono e devono essere al servizio di una partecipazione reale – non solo virtuale – alla vita concreta della comunità.
Missione riguarda tutti
Il sogno della missione riguarda tutti nella Chiesa, precisa il Pontefice: “tutti i carismi, in quanto dati alla Chiesa, sono per l’evangelizzazione del mondo”:
Un monaco che prega nel suo monastero fa la sua parte nel portare il Vangelo in quella terra, nell’insegnare alla gente che vive lì che abbiamo un Padre che ci ama e in questo mondo siamo in cammino verso il Cielo. Dunque, la domanda è: come si può essere Cistercensi di stretta osservanza e far parte di «una Chiesa in uscita»? Sarebbe bello sentirlo da voi! Per ora, ci basta ricordare che «in qualunque forma di evangelizzazione il primato è sempre di Dio».
Il sogno di santità
Confidare nella forza dello Spirito Santo, raccomanda ancora Francesco, permette di non cedere allo scoraggiamento nel cammino di formazione, altro sogno di Gesù, che ogni discepolo è chiamato a compiere in umiltà e servizio.
Tanti potrebbero essere i riferimenti evangelici che attestano il sogno di formazione nel cuore del Signore. Mi piace riassumerli come un sogno di santità, rinnovando questo invito: «Lascia che la grazia del tuo Battesimo fruttifichi in un cammino di santità. Lascia che tutto sia aperto a Dio e a tal fine scegli Lui, scegli Dio sempre di nuovo.
I monaci e il dialogo interreligioso
Da parte sua il nuovo abate generale Dom Bernardus Peeters, eletto nella prima parte del Capitolo Generale nello scorso mese di febbraio, ha ringraziato il Santo Padre per aver concesso l’udienza subito dopo il viaggio in Kazakhstan. “San Paolo VI ha affidato il dialogo interreligioso ai monaci e alle monache che vivono secondo la regola di San Benedetto. Il nostro dialogo interreligioso non è un dialogo di parole, ma semplicemente il dialogo di una vita condivisa secondo la cultura dell’incontro e la spiritualità della Visitazione”.
Il Capitolo Generale si celebra normalmente ogni tre anni, ma a causa della pandemia non veniva convocato dal 2017. “Osando sognare abbiamo riscoperto il nostro carisma contemplativo e il suo valore profetico”, ha proseguito Peeters: “siamo consapevoli della nostra responsabilità nei confronti della Chiesa e del mondo”.
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