Francesco: Edith Bruck, punti di luce nelle tenebre della Shoah
FRANCESCO
Quando ho letto su L’Osservatore Romano del 26 gennaio 2021, alla vigilia della Giornata della Memoria, la bella intervista di Francesca Romana de’ Angelis a Edith Bruck, rimasi colpito dalla forza calma e luminosa di questa donna. Era riuscita a trovare nella sua vita, e poi a trasmettere nella sua opera letteraria, diversi “punti di luce” in uno degli abissi più tenebrosi della storia dell’umanità. Chiusi il giornale e chiamai il direttore Andrea Monda chiedendogli di attivarsi per farmi conoscere, e possibilmente incontrare, la signora Bruck.
E così, nemmeno un mese dopo, andai a trovarla nella sua casa al centro di Roma. Fu una visita emozionante per entrambi. Un’emozione che ora la signora Bruck ha voluto raccontare, e gliene sono grato, in questo libro che cerca di racchiudere un’esperienza molto difficile da rappresentare e trasmettere. Appena uscito dall’ascensore la signora mi ha accolto sul vano della porta in silenzio, perché l’emozione quasi le impediva di parlare: tra le lacrime che prendevano il sopravvento mi ringraziava per la visita ed io a mia volta la ringraziavo per la testimonianza che dava, che aveva dato in tutti questi anni, direi meglio, la testimonianza che era ed è. Una memoria vivente, ecco chi avevo davanti ai miei occhi: in questa esile ed elegante signora di novant’anni dotata di quella forza che le permetteva di piangere, accogliendo e non resistendo al dono delle lacrime, contemplavo una memoria viva, fatta persona.
Mi accolse nel suo salotto insieme ai parenti più stretti e siamo stati a lungo a conversare. Ricordo che si parlò di quei “punti di luce” che aveva saputo raccontare nei suoi libri, ma anche di altro, della condizione degli anziani, della sua esperienza intensa con il marito Nelo Risi, malato di Alzheimer per lungo tempo, di cinema (con il nipote Marco si parlò del film Il sorpasso) come si fa in una piacevole conversazione domestica, familiare.
Ci siamo poi sentiti e incontrati di nuovo, in occasioni pubbliche e, di recente, ancora in privato ma questa volta da me, a Casa Santa Marta. Era di nuovo il 27 gennaio, Giornata della Memoria. Nel frattempo la situazione del mondo era cambiata e i venti di guerra avevano ripreso a soffiare, anche in Europa. La signora Edith venne a trovarmi con la sua fedele aiutante, Olga, ucraina, con cui parlammo inevitabilmente di quello che stava succedendo al confine di quella terra oggi martoriata. Quanto è importante che la memoria non vada perduta! C’è bisogno di persone che, anche soltanto vivendo, tengano viva la memoria, mantengano acceso il suo fuoco. Edith e Olga mi portarono un pane cotto da loro, che rievocava quel “pane perduto” della mamma che la scrittrice aveva immortalato in un suo libro. Forse nessun pane è mai perduto definitivamente, può essere sempre riscattato. La Speranza risorge sempre e sempre ci sorprende. È la sorellina più piccola che trascina per mano le due più grandi, Fede e Carità, come canta Péguy. Quel pane non più perduto lo avevamo ora nelle nostre mani. Lo spezzammo, insieme, e ne mangiammo un po’. Un gesto semplice, umano. Come una preghiera. Così, quasi in silenzio, ci siamo fatti “compagnia”, abbiamo mangiato il pane insieme. Forse è così che si può ricominciare, ripartire come umanità, facendo qualcosa insieme, magari la cosa più semplice, nutrirsi.
L’umanità è qualcosa di delicato, fragile, sempre pronto a spezzarsi, a deteriorarsi, a degenerare. Ma a volte capita anche di incontrare persone, è questo il caso della signora Edith, che rivelano di possedere risorse impensabili, una forza che scaturisce non si sa bene da dove e che supera ogni avversità e permette di rimanere umani.
Il libro che avete tra le mani è il tentativo di raccontare questo incontro che a me ha dato tanta forza e speranza e un senso di gratitudine, di fiducia, che sono convinto verrà comunicato anche a chi sceglierà di leggerlo; questo almeno è il mio auspicio.
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