Francesco: le società diventino palestre di fraternità
Antonella Palermo - Città del Vaticano
Fare propria la cultura della cura e diffonderla, diventare campioni di fraternità, affrontare le sfide della vita lasciandosi orientare dalla creatività fedele di Dio e da buoni consiglieri. Questi, in sintesi, i tre inviti che Papa Francesco ha voluto consegnare ai giovani del Bahrein incontrati ad Awali in circa 800, nella Scuola del Sacro Cuore. Il Pontefice, senza trascurare lo sfondo delle guerre che inquinano il cuore, pronuncia il suo discorso in un clima di gioiosa accoglienza, manifestata con una danza e un coro, dopo le parole di benvenuto della direttrice della Scuola, Suora Roselyn Thomas A.C., e le testimonianze di uno studente musulmano e di una studentessa cattolica. Provocato dalle questioni che loro pongono alla luce della propria vita ed esperienza di fede, offre l'incoraggiamento essenziale a vivere la fraternità.
Ascolta il podcast con la voce del Papa
I giovani siano la base di una società amica e solidale
Da un luogo che è alle porte del "grande e multiforme continente asiatico", Francesco diffonde nuovamente l'invito a essere "palestra di fraternità". Nei contesti plurali contemporanei è necessario - dice il Papa - far cadere gli steccati. Mutuando le parole della direttrice della Scuola, insiste sulla necessità di sviluppare un atteggiamento di empatia, uno sguardo che aiuti a uscire da se stessi, che porti a superare l'indifferenza.
Nella pasta del mondo, siete voi il lievito buono destinato a crescere, a superare tante barriere sociali e culturali e a promuovere germogli di fraternità e di novità. Siete voi giovani che, come inquieti viaggiatori aperti all’inedito, non temete di confrontarvi, di dialogare, di “fare rumore” e di mescolarvi con gli altri, diventando la base di una società amica e solidale.
I venti di guerra non si placano con il progresso tecnico
Al centro del discorso del Pontefice resta anche stavolta l'anelito alla fraternità. Lo ripete più che mai in questa circostanza proprio perché sa di trovarsi in mezzo alle nuove generazioni, raccoglitrici del futuro. Riprendendo la metafora sportiva di Abdulla, invita a essere 'campioni' in questo senso, "campioni fuori campo", dice, a gareggiare nell'amore per dirla con San Paolo. Non bastano, aggiunge, gli strumenti tecnologici, ci vuole il cuore.
I venti di guerra, infatti, non si placano con il progresso tecnico. Constatiamo con tristezza che in molte regioni le tensioni e le minacce aumentano, e a volte divampano nei conflitti. Ma ciò spesso accade perché non si lavora sul cuore, perché si lasciano dilatare le distanze nei riguardi degli altri, e così le differenze etniche, culturali, religiose e di altro genere diventano problemi e paure che isolano anziché opportunità per crescere insieme. E quando sembrano più forti della fraternità che ci lega, si rischia lo scontro.
Essere cultori della cura, artisti delle relazioni
Il Papa guarda a Gesù che per tutta la vita terrena si è preso cura dell'altro, cucendo relazioni, guarendole, toccando le ferite. E invita ad allenarsi, in primis con la preghiera e in silenzio, per imitare questo stile nel tentativo di evitare di chiudersi in un mondo "impigionato dalla tristezza". E qui aggiunge a braccio: "Mi permetto di dirvi quanto male fa lo spirito di tristezza, quanto male!".
Se non impariamo a prenderci cura di ciò che ci sta attorno – degli altri, della città, della società, del creato – finiamo per trascorrere la vita come chi corre, si affanna, fa tante cose, ma, alla fine, rimane triste e solo perché non ha mai gustato fino in fondo la gioia dell’amicizia e della gratuità.
Il rischio di vivere da "turisti della vita"
Che ci sfugga di mano la nostra stessa vita senza averla gustata interiormente a servizio dell'altro: questo è uno dei rischi su cui mette in guardia Francesco. Così, come, dall'altra parte, avverte circa la tentazione di "mettere la vita in cassaforte", isolandosi.
Molti di voi sono qui di passaggio, per motivi lavorativi e spesso per un tempo determinato. Se però viviamo con la mentalità del turista, non cogliamo il momento presente e rischiamo di buttare via pezzi interi di vita!
E qui invita ciascuno a farsi la domanda: "Che traccia sto lasciando ora, qui dove vivo, nel luogo dove la Provvidenza mi ha messo?".
L'amore non è una telenovela, è avere a cuore l'altro
La precisazione di Papa Francesco sull'amore trova espressioni efficaci: l'amore non è una telenovela o un film romantico, dice. Senza voler smontare facili idealismi, Francesco ci tiene a non ignorare la fatica dall'amore.
Amare è avere a cuore l’altro, prendersi cura dell’altro, offrire il proprio tempo e i propri doni a chi ne ha bisogno, rischiare per fare della vita un dono che genera ulteriore vita. Amici, per favore, non dimenticatevi mai una cosa: siete tutti – nessuno escluso – un tesoro, un tesoro unico e prezioso.
La fraternità ha bisogno di gesti concreti
Il Papa ricorda il primo comandamento dell'amore, non amare solo chi ci è più simpatico ma farsi prossimo a tutti, e poi cita la Fratelli tutti quando sprona a compiere gesti concreti nel quotidiano, perchè usare solo le parole diventa troppo limitante e quindi non efficace.
Sappiate viaggiare anche dentro di voi, allargare le frontiere interiori, perché cadano i pregiudizi sugli altri, si restringa lo spazio della diffidenza, si abbattano i recinti della paura, germogli l’amicizia fraterna!
Prima di guardare sul web, cercate buoni consiglieri nella vita
Da buon gesuita allenato attraverso il discernimento spirituale insegnato da Ignazio di Loyola, Francesco suggerisce di non sottrarsi all'esercizio di fare luce e ordine dentro di sé, in modo da orientarsi nelle scelte, perché "il Signore desidera rischiarare la vostra intelligenza - dice - i vostri pensieri più intimi, le aspirazioni che portate nel cuore, i giudizi che maturano dentro di voi". Mentre si compiace di come Merina, una delle ragazze che ha parlato al Papa prima del suo intervento, abbia avuto coraggio nel porre le domande al Papa su come orientarsi, sottolinea per ben tre volte un consiglio, quello di "andare avanti senza paura, e mai da soli!".
Cercate sempre, prima dei suggerimenti in internet, dei buoni consiglieri nella vita, persone sagge e affidabili che possano orientarvi, aiutarvi. Penso ai genitori e agli insegnanti, ma anche agli anziani, ai nonni, e a un bravo accompagnatore spirituale.
Educare i giovani è costruire la pace
"Mai soli, mai soli, abbiamo bisogno di essere accompagnati nella strada della vita": è ciò che il Papa ripete in chiusura del suo discorso. Lascia ancora una rassicurazione:
Da Papa voglio dirvi: la Chiesa è con voi e ha tanto bisogno di voi, di ciascuno di voi, per ringiovanire, esplorare nuovi sentieri, sperimentare nuovi linguaggi, diventare più gioiosa e ospitale.
E con la benedizione che ricomprende anche, come di consueto, un saluto nella lingua locale, il Pontefice si congeda anche qui invocando preghiere: God be with you! Allah ma’akum! [Dio sia con voi].
Le preghiere per la pace lette di fronte al pontefice da un gruppo di giovani che, uno dopo l'altro le appendono all'albero della vita decorandolo in segno di corale appello per la riconciliazione nel mondo, commuovono il Papa che firma il libro d'onore della scuola con queste parole: Dedicare tempo, passione ed energie a educare i giovani è costruire la pace. Che questa scuola – e ogni scuola! – sia un cantiere aperto e fraterno di speranza, dove si lavora per realizzare i sogni più grandi dei piccoli.
Accompagnato in carrozzina, lascia la scuola sulle note di un dolcissimo canto.
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