Il Papa: viviamo la civiltà dello scontro, serve l'incontro per risanare i conflitti
Tiziana Campisi e Salvatore Cernuzio – Città del Vaticano
Noi stiamo vivendo una civiltà dello scontro. Le guerre sono un grande scontro e oggi nessuno dubita che stiamo vivendo la terza guerra mondiale: in un secolo, uno scontro dietro l’altro, uno dietro l’altro… E non impariamo mai, a livello mondiale, ma anche a livello personale.
Francesco torna ancora a parlare del rischio di un nuovo conflitto mondiale. Lo fa nel discorso, pronunciato interamente a braccio, ai membri della Focsiv ricevuti in udienza nella Sala del Concistoro del Palazzo Apostolico. Il Pontefice li incontra in occasione del 50.mo anniversario di fondazione della Federazione Organismi Cristiani Servizio Internazionale Volontario, che rappresenta 90 organizzazioni attive in oltre 80 Paesi del mondo. Evidenziandone il prezioso contributo offerto alla lotta contro la povertà e l'emarginazione, per la tutela della dignità dell’uomo e l’affermazione dei diritti umani, il Papa rimarca il valore del volontariato, "una delle cose più belle". (Ascolta il servizio con la voce del Papa)
Volontariato "in uscita"
Nel volontariato, infatti, "ognuno con la propria libertà sceglie di fare questo cammino che è un cammino di uscita verso l’altro, uscita con la mano tesa, un cammino di uscita per preoccuparsi degli altri", dice il Pontefice.
Io posso rimanere a casa seduto, tranquillo, guardando la tv o facendo altre cose… No, io mi prendo questa fatica di uscire. Il volontariato è la fatica di uscire per aiutare altri, è così. Non c’è un volontariato da scrivania e non c’è un volontariato da televisione, no. Il volontariato è sempre in uscita, il cuore aperto, la mano tesa, le gambe pronte per andare. Uscire per incontrare e uscire per dare.
La civiltà dello scontro
Proprio questo uscire per incontrare e per dare assume grande importanza alla luce dell'attualità, caratterizzata da continui scontri e decisioni prese in base allo scontro: “Tu chi sei? No, io non so chi sono, ma sono contro questo e contro questo", dice Francesco simulando un colloquio tra due persone. "La propria identità è essere-contro, scontrarsi", aggiunge, "invece la strada che voi proponete, che voi vivete, e che è una vera proposta cristiana è l’incontro per risolvere, per risanare lo scontro".
Noi stiamo vivendo la civiltà dello scontro. È più facile dire “io sono contro questo, contro quello, contro quell’altro”, che dire “io sono con”. Ci costa più fatica questo. E voi uscite per trovare gente, per trovare uomini e donne che hanno bisogno di aiuto, hanno bisogno della mano tesa, per camminare insieme, con, non contro.
Gratis e per vocazione
Questo la rete di volontari, diffusa in tutta Italia, già lo fa. E lo fa "senza stipendio": "Sì, forse vi danno qualcosa per il bus, il biglietto, ma niente di più. Senza stipendio, non per guadagnarti la vita, ma per vocazione. Ed è un investimento del vostro tempo che rende feconda la vita degli altri". Il Papa incoraggia quindi a proseguire su questa strada che, sottolinea, "è una delle ricchezze della vostra cultura italiana". Ci saranno pure dei problemi, certo, come dappertutto, ma i problemi "non vanno risolti come fa lo struzzo mettendo la testa sotto terra, i problemi si risolvono camminando, andando, litigando… Sì, litigando, fa bene!", afferma Francesco. Anzi, "a volte fa bene una bella litigata", perché aiuta a "capirsi bene ma come fratelli".
Una "bella litigata" fa bene
"I buoni fratelli sanno litigare bene", insiste Papa Francesco, ricordando un aneddoto familiare di una lite tra suo fratello e sua sorella: "Si sono detti (cose) di tutti i colori! Io lì che li ascoltavo, pensavo: 'Dio mio, questi non se le mandano a dire!'. 'Tu hai fatto… tu sei una cretina… tu sei questo, quell’altro…'. Di tutto. Poi si sono fermati. E mio fratello ha detto: 'Io me ne vado perché ho da fare… Ciao bella!'. Un bacio ed è finita."
I fratelli sanno discutere ma senza arrivare a distruggere l’essenziale che è il legame fraterno. Noi dobbiamo fare questo, cercare la verità, ci sono punti di vista diversi, si discute, bene, ma quello non si tocca, quello rimane sempre, la fratellanza. E il volontariato è un inno alla fratellanza, è un inno ad andare avanti così. Per questo, continuate ad andare avanti così, ad aiutare in questo senso, aiutare dando una mano alla gente.
Il discorso consegnato
Anche nel discorso consegnato, il Papa loda la testimonianza resa dal volontariato italiano: “Un bel segno della Chiesa-madre che genera speranza in un mondo assuefatto agli scandali della fame e delle guerre”, nonché "una risposta concreta a quanti non credono più in una pace possibile”, poiché dimostra come “ogni piccolo tassello quotidiano può costruire il grande mosaico della fratellanza”
L’ombra di una terza guerra mondiale incombe sul destino di intere nazioni, con conseguenze terribili per le persone. Penso, in modo particolare, agli anziani, alle donne, ai bambini. Che futuro stiamo costruendo per le nuove generazioni?
"È una domanda che dovrebbe accompagnare sempre le decisioni a livello internazionale", afferma il Pontefice nel testo. Dove esprime anche la speranza di "un mondo solidale, in cui ciascuno si senta accolto e non sia costretto a rinunciare ai propri sogni. Non si tratta di un semplice auspicio, ma di una volontà ben precisa".
La pace e lo sviluppo
A proposito di pace, oggi ferita e calpestata, Francesco non fa mancare un pensiero all’Ucraina e quei molti altri luoghi afflitti da vari drammi.
Quando manca la pace, quando prevalgono le “ragioni” della forza, le persone soffrono, le famiglie vengono divise, i più fragili restano soli. Da mesi vediamo immagini di distruzione, di morte. La pace nella giustizia è condizione necessaria per una vita dignitosa, per costruire assieme un futuro migliore.
L’attenzione per i migranti
Sulla stessa scia, il Papa non dimentica quei tanti giovani “costretti a lasciare la propria terra alla ricerca di un’esistenza dignitosa”, e ancora uomini, donne e bambini che “affrontano viaggi disumani e violenze di ogni tipo, pur di cercare un domani migliore”, e “quanti continuano a morire sulle rotte della disperazione, mentre si discute sul loro destino o ci si gira dall’altra parte”.
Le migrazioni forzate – per fuggire a guerre, fame, persecuzioni o mutamenti climatici – sono uno dei grandi mali di questa epoca, che potremo affrontare alla radice solo assicurando un reale sviluppo in ogni Paese.
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