Francesco: nella mangiatoia il senso del Natale, Dio è vicino, povero, concreto
Alessandro Di Bussolo – Città del Vaticano
“Per ritrovare il senso del Natale” guardiamo Gesù adagiato nella mangiatoia: un piccolo oggetto, ma il segno “con cui Cristo entra nella scena del mondo”. E che ci dice che a Natale “Dio è vicino, rinasca la fiducia”, Dio è povero, per questo “rinasca la carità” e infine Dio è concreto, e “nel suo nome facciamo rinascere un po’ di speranza in chi l’ha smarrita!”. Prende spunto dalla mangiatoia di Betlemme, Papa Francesco, nell’omelia della Messa della Notte di Natale, per spiegare cosa Dio ci vuole dire in questa Notte santa. Una mangiatoia come quella sulla quale è posta la statua di Gesù Bambino svelata dal diacono dopo il canto della Kalenda, prima dell’inizio della celebrazione. (Ascolta qui il servizio con la voce del Papa)
Per ritrovare il senso del Natale, guardiamo alla mangiatoia
Luca, nel suo Vangelo della natività, lo menziona per ben tre volte, sottolinea il Papa: con Maria, che pone Gesù “in una mangiatoia”; poi gli angeli, che annunciano ai pastori “un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia”; quindi i pastori, che trovano “il bambino, adagiato nella mangiatoia”. Intorno, a Betlemme “una situazione simile alla nostra: tutti sono presi e indaffarati per un importante evento da celebrare, il grande censimento, che richiedeva molti preparativi. In tal senso, il clima di allora era simile a quello che ci avvolge oggi a Natale”.
Nella mangiatoia Dio ci parla di vicinanza, povertà, concretezza
E attraverso la mangiatoia, chiarisce Francesco, Dio vuole dirci “almeno tre cose: vicinanza, povertà e concretezza”. Vicinanza, innanzitutto, perché “la mangiatoia serve a portare il cibo vicino alla bocca e a consumarlo più in fretta”. Così può simboleggiare “la voracità nel consumare” dell’umanità: gli uomini, anche oggi, “affamati di potere e di denaro, consumano pure i loro vicini, i loro fratelli. Quante guerre! E in quanti luoghi, ancora oggi, la dignità e la libertà vengono calpestate! E sempre le principali vittime della voracità umana sono i fragili, i deboli”.
Anche in questo Natale un’umanità insaziabile di soldi, potere e piacere non fa posto, come fu per Gesù, ai più piccoli, a tanti nascituri, poveri, dimenticati. Penso soprattutto ai bambini divorati da guerre, povertà e ingiustizia. Ma Gesù viene proprio lì, bambino nella mangiatoia dello scarto e del rifiuto. In Lui, bambino di Betlemme, c’è ogni bambino. E c’è l’invito a guardare la vita, la politica e la storia con gli occhi dei bambini.
Coraggio, Dio ti fa rinascere "dove pensavi di aver toccato il fondo"
Nella mangiatoia “del rifiuto e della scomodità”, prosegue il Pontefice, c’è il problema dell’umanità: “l’indifferenza generata dalla fretta vorace di possedere e consumare”. Cristo nasce lì e in quella mangiatoia “lo scopriamo vicino”, viene “dove si divora il cibo per farsi nostro cibo”. Dio in Gesù “ci fa suoi figli e ci nutre di tenerezza. Viene a toccarci il cuore e a dirci che l’unica forza che muta il corso della storia è l’amore. Non resta distante e potente, ma si fa prossimo e umile”. Si fa vicino, spiega Papa Francesco, “perché gli importa di te”. Dalla mangiatoia ti dice: “Se ti senti consumato dagli eventi, se il tuo senso di colpa e la tua inadeguatezza ti divorano, se hai fame di giustizia, io, Dio, sono con te. So quello che vivi, l’ho provato in quella mangiatoia. Conosco le tue miserie e la tua storia. Sono nato per dirti che ti sono e ti sarò sempre vicino”.
La fredda stalla ci dice che "le persone sono le vere ricchezze"
La mangiatoia di Betlemme ci parla però anche di povertà, continua il Papa. E’ in una fredda stalla, non nel caldo di un albergo, e Gesù nasce lì, attorniato solo da “chi gli ha voluto bene: Maria, Giuseppe e dei pastori; tutta gente povera, accomunata da affetto e stupore, non da ricchezze e grandi possibilità”. Ma queste, commenta Francesco, sono “le vere ricchezze della vita: non il denaro e il potere, ma le relazioni e le persone”. E “la prima ricchezza, è Gesù”. Ma noi, si chiede, “vogliamo stare al suo fianco? Ci avviciniamo a Lui, amiamo la sua povertà? O preferiamo rimanere comodi nei nostri interessi?”
Soprattutto, lo visitiamo dove Lui si trova, cioè nelle povere mangiatoie del nostro mondo? Lì Egli è presente. E noi siamo chiamati a essere una Chiesa che adora Gesù povero e serve Gesù nei poveri.
Non è veramente Natale senza i poveri
E qui il Pontefice cita monsignor Oscar Romero, vescovo santo e martire, nel messaggio pastorale nel quale spiegava che: “La Chiesa appoggia e benedice gli sforzi per trasformare le strutture di ingiustizia e mette soltanto una condizione: che le trasformazioni sociali, economiche e politiche ridondino in autentico beneficio per i poveri”. Non è facile, ammette poi, “lasciare il caldo tepore della mondanità per abbracciare la bellezza spoglia della grotta di Betlemme, ma ricordiamo che non è veramente Natale senza i poveri”. “Fratelli, sorelle – è l’appello di Papa Francesco - a Natale Dio è povero: rinasca la carità!”
Gesù cerca una fede fatta di adorazione e carità, non chiacchiere
Infine, prosegue, “la mangiatoia ci parla di concretezza. Infatti, un bimbo in una mangiatoia rappresenta una scena che colpisce, persino cruda. Ci ricorda che Dio si è fatto davvero carne”. Gesù, “che nasce povero, vivrà povero e morirà povero – sottolinea il Papa - non ha fatto tanti discorsi sulla povertà, ma l’ha vissuta fino in fondo per noi”. Dalla mangiatoia alla croce, il suo amore per noi è stato tangibile, concreto: dalla nascita alla morte, “non ci ha amato a parole, non ci ha amato per scherzo!”. E dunque, “non si accontenta di apparenze. Non vuole solo buoni propositi”.
Lui che è nato nella mangiatoia, cerca una fede concreta, fatta di adorazione e carità, non di chiacchiere ed esteriorità. Lui, che si mette a nudo nella mangiatoia e si metterà a nudo sulla croce, ci chiede verità, di andare alla nuda realtà delle cose, di deporre ai piedi della mangiatoia scuse, giustificazioni e ipocrisie.
Non lasciamo passare Natale "senza fare qualcosa di buono"
Dio non vuole apparenza, ma concretezza, conclude Francesco. Per questo: “Non lasciamo passare questo Natale senza fare qualcosa di buono. Visto che è la sua festa, il suo compleanno, facciamogli regali a Lui graditi! A Natale Dio è concreto: nel suo nome facciamo rinascere un po’ di speranza in chi l’ha smarrita!”
Preghiera in arabo perchè i responsabili "rigettino la violenza"
Nelle cinque preghiere dei fedeli, insieme a quelle in cinese, francese, portoghese e malayalam, l’invocazione, in arabo, al “Padre di tutti, che ama e dona la pace, affinché conceda a quanti hanno responsabilità politiche, sociali ed economiche il coraggio di rigettare la violenza e di costruire l’amicizia tra i popoli”. A portare l'omaggio floreale alla statua di Gesù Bambino, sono 12 piccoli dall'Italia, India, Filippine, Messico, San Salvador, Corea e Congo. Celebrante all'altare, nella Messa presieduta da Papa Francesco, il cardinale decano Giovanni Battista Re. Al termine della celebrazione, è lo stesso Pontefice, in sedia a rotelle, a portare il Bambinello al presepe della Basilica, mentre la schola canta "Tu scendi dalle stelle"
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