L'appello del Papa per il Perù: cessino le violenze, si intraprenda la via del dialogo
Antonella Palermo - Città del Vaticano
Dopo la preghiera mariana dell'Angelus, il Papa dalla finestra del Palazzo Apostolico esprime preoccupazione per la situazione in Perù, nazione in preda a forti tensioni politiche:
Preghiamo inoltre per la pace in Perù, affinché cessino le violenze nel Paese e si intraprenda la via del dialogo per superare la crisi politica e sociale che affligge la popolazione.
Oggi i vescovi peruviani invitano a una giornata di preghiera per la pace
Il Paese sudamericano è in balìa alla rabbia degli elettori, rimasta a lungo in superficie dopo anni di politica tumultuosa che ha visto sei presidenti in cinque anni. La maggior parte degli ex leader è stata incarcerata o indagata per corruzione. La situazione è esplosa nelle ultime due settimane. Proprio "in considerazione della grave situazione di dolore e violenza che il nostro popolo peruviano sta subendo a causa dell'attuale crisi politica - si legge in una nota della Conferenza episcopale peruviana - si invitano tutti i suoi fedeli e le persone di buona volontà a esprimere il proprio sostegno a pace, speranza e fraternità in Perù, attraverso una Giornata di preghiera per la pace, in tutte le diocesi del Paese" per questa domenica 18 dicembre. Inoltre, l'invito è a mettere un simbolo di pace nelle proprie case e istituzioni (una bandiera bianca o un fazzoletto bianco).
Un Paese in balìa dell'instabilità politica e sociale
I manifestanti hanno bloccato le autostrade, incendiato edifici e occupato gli aeroporti sulla scia dell'estromissione di Castillo, avvenuta il 7 dicembre, poche ore dopo il tentativo illegale di chiudere il Congresso per evitare un voto di impeachment che temeva di perdere. Almeno 18 persone sono morte. Molti di coloro che hanno protestato - alcuni sostenitori di Castillo e altri semplicemente arrabbiati - hanno detto di sentirsi ignorati dai leader politici, riferisce la Reuters. Boluarte, la prima donna presidente del Perù che parla la lingua indigena andina quechua, ha invitato alla calma e ha implorato il Congresso di anticipare le elezioni. Ha dichiarato che non si dimetterà, nonostante le pressioni. Castillo è salito alla presidenza l'anno scorso grazie all'ondata di sostegno degli elettori rurali stufi dello status quo e di quella che consideravano un'élite politica corrotta di Lima. "Sono stato scelto dagli uomini e dalle donne dimenticati del Perù profondo, dai diseredati che sono stati trascurati per oltre 200 anni", ha dichiarato Castillo in una lettera scritta a mano dal carcere. Sta scontando 18 mesi di detenzione preventiva mentre è indagato per presunti reati di ribellione e cospirazione, che nega.
40 escursionisti israeliani indenni a Cuzco
In questo contesto, dopo cinque giorni di incertezze e di difficoltà logistiche, durante i quali erano rimasti bloccati nelle vicinanze di Machu Picchu, 40 escursionisti israeliani sono riusciti a raggiungere indenni oggi la città di Cuzco, malgrado la forte tensione politica che tuttora vige nella zona. Lo ha riferito la radio militare secondo cui per i giovani israeliani l'operazione di soccorso è iniziata con una marcia di 10 chilometri. Dopo una pausa di riposo, la comitiva è salita a bordo di due autobus che sono stati scortati da forze di sicurezza, e dopo sette ore ha raggiunto Cuzco. Durante il tragitto, secondo un membro della comitiva, uno degli automezzi è stato colpito da sassate ma tutti i passeggeri sono rimasti incolumi. Il soccorso agli escursionisti è stato organizzato dal ministero israeliano degli esteri assieme con una compagnia di assicurazione.
Vittime delle violenze
Più di 500 manifestanti e forze di sicurezza sono rimaste ferite nelle proteste che si sono diffuse in tutto il Perù dopo che Castillo è stato rimosso dal potere dai parlamentari la scorsa settimana. Boluarte, che è stata la compagna di corsa in ticket dell'outsider Castillo nella sua vittoria shock dello scorso anno, ha detto di aver cercato il più possibile di "proteggere" Castillo da un Congresso ostile composto da élite che hanno reso impossibile al nuovo politico governare dal momento in cui si è lasciato alle spalle la sua casa di adobe a due piani negli altopiani andini per raggiungere il palazzo presidenziale neobarocco di Lima.
Grazie per aver letto questo articolo. Se vuoi restare aggiornato ti invitiamo a iscriverti alla newsletter cliccando qui