In dono al Papa un calendario per raccontare la devastazione dell'Ucraina
di Fabrizio Peloni
Ci sono le terrificanti immagini delle devastazioni della guerra nel calendario per il 2023 che Larissa e Sergheii, la moglie e il figlio di un prigioniero di guerra ucraino, hanno consegnato stamani a Papa Francesco. Sono immagini di denuncia e di dolore. Ma, per certi versi, anche di speranza: sì, perché il 2023 sia un anno di pace per l’Ucraina. Il Pontefice ha guardato, a una a una, le pagine del calendario che testimoniano con crudezza la tragedia della popolazione di Mariupol, la martoriata città nel sud-est del Paese, a lungo sotto l’estenuante assedio russo.
“Azovstal” si legge nella prima pagina del calendario, proprio a ricordo della resistenza ucraina all’interno di quell’acciaieria divenuta un simbolo. Larissa ha consegnato al Papa anche una lista di nomi di prigionieri ucraini. Con la speranza che si possa facilitare la loro liberazione o per lo meno un miglioramento delle loro condizioni di detenzione. Non si conosce il numero esatto dei prigionieri. Ma tra loro c’è anche il marito di Larissa, il padre di Sergheii.
A Francesco hanno simbolicamente donato un telo, ricamato secondo la tradizione popolare, come segno del volersi prendere cura degli altri, un’icona mariana e un’agenda: sulla copertina la mappa dell’Europa con, incastonata, un pezzo di terra ucraina. Ad accompagnare Larissa e Sergheii, la moglie dell’ambasciatore di Ucraina presso la Santa Sede, Diana Yurash, che ha offerto al Pontefice un tipico decoro natalizio realizzato con gli steli di grano. «Sono gli ultimi steli raccolti nei campi dove ora ci sono bombe e mine» spiega Irina Skab, assistente dell’ambasciata.
Il respiro del Natale tra zampognari e Re Magi
A far vivere l’atmosfera del Natale, con l’albero e il presepe allestiti nell’Aula, erano presenti gli zampognari molisani, tre “Re Magi” provenienti da Porto Rico e una delegazione del comune di Bolsena. Il gruppo “Zampognari del Matese di Bojano” ha rinnovato una tradizione iniziata nel 1993, con Giovanni Paolo II. «Ci sentiamo “annunciatori” del Natale così come lo sono stati i pastori» confida Antonio, il capo della “band”, che con Franco, Fernando e Daniele — 19 anni, studente di zampogna al conservatorio — hanno “accompagnato” l’udienza generale con le note dei classici canti natalizi. Direttamente da Porto Rico sono arrivati i tre re magi, che già erano venuti in Vaticano per incontrare Papa Wojtyła, portando in dono una delle rappresentazioni popolari più antiche: una scultura intagliata in legno raffigurante proprio le statuine dei tre magi. E, come ogni anno, la comunità di Bolsena ha offerto al Pontefice i pesci del lago, soprattutto anguille, e prodotti gastronomici locali, secondo una tradizione iniziata dopo la visita di san Paolo VI, l’8 agosto 1976. A consegnare i doni sono stati i “piccoli infioratori” della cittadina viterbese, accompagnati dal sindaco Paolo Dottarelli.
Con gli scout dell’Aquila
A creare un clima di festa nell’Aula Paolo VI hanno contributo anche circa centoquaranta tra castorini (bambini dai 5 ai 7 anni), lupetti (dagli 8 ai 10), esploratori (ragazzi dagli 11 ai 16), rover e scolt (dai 16 ai 21), insieme con i capi del Gruppo Scout Agesci L’Aquila3, che proprio oggi festeggia il 75° anniversario di attività. Tutti avevano già incontrato, lo scorso 28 agosto, Papa Francesco quando si è recato in visita nel capoluogo abruzzese per la Perdonanza Celestiniana. Gli scout più grandi erano impegnati nel servizio d’ordine, mentre i più piccoli avevano partecipato all’incontro con i familiari delle vittime del terremoto del 2009.
Il gruppo, che ha la propria sede in piazza Duomo, presso il Centro pastorale Paolo VI, è stato accompagnato da don Daniele Pinton, parroco di San Marco Evangelista, una comunità tra le più segnate dal sisma, nel pieno centro storico della città. «Molti ragazzi qui presenti, fortunatamente, non hanno vissuto il dramma diretto del sisma in quanto appartengono alla generazione post-terremoto» racconta don Daniele, sottolineando l’importanza della ripresa piena del “percorso Agesci” con la fine della pandemia. Infine, ci tiene a ricordare che il Pontefice, tramite un decreto della Penitenzieria apostolica datato 15 luglio, ha concesso ai fedeli la possibilità di far durare la Perdonanza Celestiniana non un giorno bensì un anno: «Si potrà dunque ottenere l’indulgenza plenaria fino al 28 agosto 2023».
Il Padre Pio di Abel Ferrara
È venuto per presentare al Papa il suo ultimo film, dedicato a padre Pio da Pietrelcina, il regista Abel Ferrara. Girato interamente in Puglia, tra Monte Sant’Angelo e San Giovanni Rotondo, è stato proiettato per la prima volta questa estate alla settantanovesima Mostra internazionale del cinema di Venezia. Tutta la sceneggiatura è incentrata su un momento particolare della vita del santo, quella del suo arrivo nel foggiano - un territorio da sempre caratterizzato dallo sfruttamento dei lavoratori da parte dei grandi proprietari terrieri - fino alla rappresentazione dell’eccidio di San Giovanni Rotondo il 14 ottobre 1920, quando, trentatreenne, visse un periodo di “crisi” nel suo percorso di fede. Il tutto in un momento storico delicato nell’immediatezza del post prima guerra mondiale. Nelle scene sono stati coinvolti direttamente i frati cappuccini di san Giovanni Rotondo. E l’attore Shia LaBeouf, che ha vestito i panni del santo nella pellicola, si è convertito al cattolicesimo proprio in seguito alla sua interpretazione. «È un film che parla della religione dal punto di vista di padre Pio» confida il regista statunitense. Già alcuni anni fa Ferrara si era soffermato sulla figura del santo - canonizzato il 16 giugno 2002 da Papa Giovanni Paolo II - nel documentario Searching for Padre Pio.
La testimonianza dei Missionari della fede
Con il Papa hanno celebrato i 40 anni di fondazione — l’anniversario sarà proprio a Natale — i rappresentanti della congregazione dei Missionari della fede. Guidati dal superiore generale, padre Jesus Dajac. Attualmente i missionari sono circa cinquecento, sparsi in diverse nazioni di Europa, Asia, America del Nord e Oceania. Padre Dajac spiega che il fine della congregazione è «aiutare i sacerdoti in difficoltà, favorire il dialogo ecumenico, promuovere la “missio ad gentes” e l’attività pastorale, così come quelle di giustizia, carità e solidarietà». Prima dell’incontro nell’Aula Paolo VI, il Papa ha ricevuto — nell’auletta — le famiglie di quattro ragazzi israeliani: Avraham “Avera” Mengistu, Hisham A-Sayed, Hadar Gdolin e Oron Shaul. Ad accompagnare il gruppo, l’ambasciatore di Israele presso la Santa Sede.
Grazie per aver letto questo articolo. Se vuoi restare aggiornato ti invitiamo a iscriverti alla newsletter cliccando qui