Il Papa ai buddisti: insieme per curare le ferite del mondo e le ideologie lesive del creato
Salvatore Cernuzio - Città del Vaticano
Il Papa cita Buddha quando tra le regole della Pratimokṣa, lasciate in eredità ai discepoli, inseriva la pratica della “metta”, cioè il “non danneggiare gli esseri viventi” e vivere “uno stile di vita semplice”. È ciò che servirebbe oggi in questo mondo ferito da avidità ed eccessiva ricerca di profitti finanziari, da mancanza di solidarietà con i vicini e scarso o quasi nullo rispetto dell’ambiente in molti ambiti. Francesco riceve una delegazione di monaci della Cambogia in Vaticano. Insieme con loro ci sono rappresentanti della società civile del “nobile Paese”, con il cardinale Miguel Ángel Ayuso Guixot, presidente del Dicastero per il Dialogo Interreligioso.
Soluzioni integrate per il rispetto di uomini e creato
“I Buddisti possono acquisire un atteggiamento compassionevole verso tutti gli esseri, compresa la terra, il loro habitat”, dice il Pontefice nel suo discorso, che si apre con il saluto in inglese "good morning!" e in cui richiama a un impegno congiunto con i cristiani che, da parte loro, “adempiono la propria responsabilità ecologica quando, come custodi fidati, proteggono il creato, l’opera che Dio ha affidato all’uomo perché la coltivasse e la custodisse”.
È urgente cercare, attraverso il dialogo a tutti i livelli, soluzioni integrate basate sul rispetto della fondamentale interdipendenza tra la famiglia umana e la natura.
Cooperazione interreligiosa
Il Papa si dice grato per la visita dei monaci cambogiani che è occasione per consolidare l’amicizia duratura “come leader religiosi impegnati a migliorare la cooperazione interreligiosa, un elemento importante della società, che permette alle persone di vivere pacificamente come fratelli e sorelle, riconciliati tra loro e con l’ambiente in cui vivono”.
La preoccupazione per il benessere della Terra
Oggetto di riflessione nell’incontro dei monaci è la “conversione ecologica”, tema opportuno, annota Papa Francesco, “in un momento nel quale la famiglia umana e il nostro pianeta si trovano di fronte a gravi minacce”.
Questo è un segno positivo della crescente sensibilità e preoccupazione per il benessere della Terra, la nostra casa comune, e per gli importanti contributi che, ispirati dalle credenze religiose e dalle tradizioni spirituali, potete offrire al vostro nobile Paese nel suo percorso di guarigione sociale e ricostruzione economica, dopo le crisi socio-politiche degli ultimi decenni.
Le ferite del mondo
Il Papa osserva come “povertà e mancanza di rispetto per la dignità degli emarginati causano molta sofferenza e scoraggiamento nel nostro tempo”; esorta quindi a contrastarli attraverso “processi concertati” che promuovano “la consapevolezza della radicale fragilità dei nostri contesti ambientali”. Torna quindi l’invito - sulla scia dei predecessori, sottolinea Francesco – alla “cura per la nostra casa comune”, che è anche “vocazione al rispetto: rispetto del creato, rispetto del prossimo, rispetto di sé stessi e rispetto nei confronti del Creatore”. Cosa che però "non può avvenire senza un cambiamento del cuore, un cambiamento della visione e un cambiamento delle abitudini".
La conversione ecologica avviene quando si riconoscono le radici umane dell’attuale crisi ambientale; quando il vero pentimento porta a rallentare o ad arrestare tendenze, ideologie e pratiche lesive e irrispettose del creato e quando le persone si impegnano a promuovere modelli di sviluppo che curino le ferite inferte dall’avidità, dall’eccessiva ricerca di profitti finanziari, dalla mancanza di solidarietà con i vicini e dal mancato rispetto dell’ambiente.
Cambiare marcia
“La conversione ecologica mira a trasformare in sofferenza personale quello che accade al mondo, e così riconoscere qual è il contributo che ciascuno può portare”, conclude infine il Papa. “Ci chiama a cambiare marcia, a modificare le cattive abitudini per poter sognare, per creare e agire insieme nella realizzazione di un futuro giusto ed equo”.
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