Il Papa: la paura frena l’anima, l'antidoto è la vicinanza alla gente
Salvatore Cernuzio - Città del Vaticano
“Delle volte sì, quando devo prendere una decisione, mi dico: ‘Se faccio questo così...?’. È un po’ paura di sbagliare no?! E la paura in questo caso mi aiuta, perché mi porta a soppesare bene le decisioni da prendere, come farlo e tutto il resto. Non è la paura che mi annienta, no no... È un sentimento che mi rende attento: la paura è come una madre che ti avvisa”.
Nuove sfaccettature dell’umanità del Papa, che il mondo ha imparato ampiamente a conoscere in questi quasi dieci anni di pontificato, emergono nel lungo colloquio di Francesco con Salvo Noé, psicologo e psicoterapeuta, per il libro “La paura come dono” (Edizioni San Paolo).
Colloquio sereno
Noé ha incontrato il Pontefice a Santa Marta, dove Francesco risiede e dove, fuori dalla porta del suo appartamento, è appeso il cartello con la scritta Vietato lamentarsi, dal titolo di un precedente libro best-seller dello stesso psicologo. “In uno dei tanti incontri – racconta l’autore, a introduzione dell'intervista - ho espresso il desiderio al Santo Padre di scrivere un libro sulle paure, chiedendo a lui se volesse darmi il suo contributo. Come al solito la risposta è stata positiva e così, in un pomeriggio di gennaio, munito di registratore ho posto alcune domande a cui il Pontefice ha risposto con la sua solita voce calma e rassicurante. Anche Lui mi ha rivolto alcune domande sulla paura e così il nostro è diventato un dialogo pieno di spunti di riflessione”.
Il dialogo con il Papa che apre il volume, in uscita il 25 gennaio, scandaglia pensieri, sensazioni ed emozioni di colui che dal 13 marzo 2013 è guida della Chiesa universale (a cominciare dall’iniziale timore divenuto poi “tranquillità” il giorno del Conclave) e analizza temi di stretta attualità ecclesiale, come la formazione nei seminari, le "perversioni" dell’ipocrisia, della mondanità, del carrierismo, l'accoglienza alle persone omosessuali e ai migranti, la prevenzione degli abusi del clero introducendo magari percorsi psicologici nei seminari.
Abusi, psicologia e seminari
Proprio su quest’ultimo punto, Francesco ribadisce - come già in altre occasioni – che “quando si intraprende un iter vocazionale, è necessario valutare in modo integrale il modo di vivere, l’aspetto psicologico, le relazioni interpersonali di colui che vuole intraprendere il cammino entrando in seminario”. “È meglio perdere una vocazione che rischiare con un candidato non sicuro”, afferma. Per il Papa è “molto utile” la proposta di fare entrare la psicologia all’interno dei seminari: “Tutto quello che è accaduto, gli abusi sessuali del clero sui minori ha messo drammaticamente in luce questo problema… Bisogna accorgersi prima dell’ordinazione sacerdotale se ci sono inclinazioni all’abuso. È questo lo può fare un professionista come te che ha studiato anche per questo. Se non riconosciuti questi problemi possono avere effetti devastanti”.
“Il seminario non è un rifugio per tante limitazioni che possiamo avere, né un rifugio di mancanze psicologiche”, afferma ancora Papa Francesco. “Il percorso deve portare a formare sacerdoti e consacrati maturi, esperti in umanità e prossimità, e non funzionari del sacro. La gente ha bisogno di incontrare testimoni della fede con cui potersi confrontare e ricevere sostegno e vicinanza buona, umana”.
Le persone omosessuali
Nel colloquio ci si sofferma anche sul tema delle persone omosessuali: “Dio è Padre e non rinnega nessuno dei suoi figli", dice il Papa. "E lo stile di Dio è vicinanza, misericordia e tenerezza. Non giudizio e emarginazione. Dio si avvicina con amore ad ognuno dei suoi figli, a tutti e ad ognuno di loro. Il suo cuore è aperto a tutti e a ciascuno. Lui è Padre. L’amore non divide, ma unisce”.
I migranti usati per fare paura
In tema di accoglienza, il Papa richiama pure la questione a lui cara dei migranti che spesso – dice – sono usati come espediente “per fare paura al popolo, per fare credere che i nostri problemi nascono da questo”. Invece i nostri problemi “nascono dalla mancanza di valori alti, dal modo disorganizzato di vivere nelle nostre case e nelle nostre città, dal vuoto di fede che ci allontana gli uni dagli altri e non ci permette la fratellanza”.
Uno stile rispettoso dell'ambiente
Sulla stessa scia, Papa Francesco ribadisce l’invito ad “adottare uno stile di vita rispettoso dell’ambiente per salvaguardare il patrimonio della creazione e per proteggere la vita di chi abita il pianeta”. “La nostra terra è malata”, denuncia, “è maltrattata e saccheggiata” ed è la conseguenza di “un modo di vivere dominato da egoismo e cultura dello scarto e ci ha posto davanti un’alternativa: continuare sulla strada finora percorsa o intraprendere un nuovo cammino”. Serve una “conversione ecologica”, un “cambiamento di rotta”, rimarca Francesco, “l’uomo si assuma la responsabilità di un impegno per la cura della casa comune”.
La paura eccessiva, un atteggiamento anti-cristiano
A lungo Francesco e Noé riflettono sul concetto di paura, tema centrale del libro. “La paura eccessiva è un atteggiamento che ci fa male, ci indebolisce, ci rimpicciolisce, ci paralizza. Tanto che una persona schiava della paura non si muove, non sa cosa fare: è timorosa, concentrata su se stessa in attesa che succeda qualcosa di brutto. Dunque la paura porta a un atteggiamento che paralizza”, osserva il Papa. “La paura eccessiva, infatti, non è un atteggiamento cristiano, ma è un atteggiamento, possiamo dire, di un’anima incarcerata, senza libertà, che non ha libertà di guardare avanti, di creare qualcosa, di fare del bene”.
L'ipocrisia nella Chiesa è detestabile
Non è cristiana neanche l'ipocrisia, aggiunge ancora il Papa. "È la paura della verità", spiega, e la Chiesa non ne è esente. "L'ipocrita teme la verità. Si preferisce fingere piuttosto che essere se stessi. È come giocarsi l'anima. La finzione annienta il coraggio di dire apertamente la verità e così ci si sottrae facilmente all'obbligo di dirla sempre, dovunque e nonostante tutto". "Ci sono molte situazioni in cui ciò accade: si nasconde nel luogo di lavoro, dove si cerca di apparire amici con i colleghi mentre la competizione porta a colpirli alle spalle; in politica non è inusuale trovare ipocriti che vivono uno sdoppiamento tra il pubblico e il privato". Tuttavia, sottolinea il Papa, "è particolarmente detestabile l'ipocrisia nella Chiesa. Purtroppo esiste e ci sono tanti cristiani e ministri ipocriti. Non dovremmo mai dimenticare le parole del Signore: 'Sia il vostro parlare sì, sì, no, no'. Il di più viene dal maligno".
L'elezione al Conclave
Dalle riflessioni si passa ai ricordi e la memoria torna al giorno dell’elezione, a quel modo “accogliente e semplice” del Papa di presentarsi al mondo, come dice Noé, che “ha conquistato i cuori di tanti”. “Non mi aspettavo di essere eletto, ma non ho perso mai la pace. Mi ero portato una valigetta piccola, convintissimo di tornare a Buenos Aires, per la domenica delle palme. Avevo lasciato le omelie lì preparate. Invece sono rimasto a Roma”, spiega Jorge Mario Bergoglio. Ricorda il cardinale Claudio Hummes, la sua raccomandazione a non dimenticare i poveri, e anche la rassicurazione: “Non preoccuparti, così fa lo Spirito Santo”, di fronte all'espressione sorpresa del neo eletto Papa. “Ho sentito una pace e una tranquillità, anche nelle scelte decisive, per esempio io non ho voluto indossare niente, soltanto l’abito bianco. Anche le scarpe non ho voluto mettere. Le scarpe le avevo già e volevo essere semplicemente normale. Poi sono uscito e ho detto buonasera”.
Girare per strada
Papa Francesco ancora una volta confessa la sua nostalgia di poter girare per le strade come in Argentina, incontrando gente, parlando con loro e condividendo racconti, difficoltà e umori: “Devo attenermi ai protocolli di sicurezza. Qui hanno paura che mi possa accadere qualcosa”. È un’altra paura, in questo caso, però, giustificata. “Le prime volte, appena eletto, ho provato a fare qualche uscita senza avvisare, e ho creato seri problemi alle persone che lavorano per garantire la mia sicurezza”, rivela il Papa.
La scelta di vivere a Santa Marta
Sulla scelta di vivere a Santa Marta, dove il Pontefice mangia in una sala da pranzo comune e condivide la tavola con altre persone, Noé domanda se questa decisione sia stata influenzata da qualche tipo di paura. “Sì”, replica Papa Francesco, “ho scelto di vivere a Casa Santa Marta, anziché nello storico appartamento papale nel Palazzo Apostolico, perché, come tu puoi capire, io ho bisogno di incontrare persone, di parlare e qui mi sento più libero. Là mi sentivo blindato e questo mi metteva paura. Ognuno di noi deve conoscersi per trovare le soluzioni migliori al proprio disagio. Quando appena eletto mi hanno portato al Palazzo Apostolico, ho visto una camera da letto grandissima, un bagno grande e un effetto imbuto. Stanze grandi ma ingresso piccolo, dove possono entrare solo pochissimi collaboratori. Allora ho pensato: pazienza se non posso uscire a passeggiare fuori dal Vaticano, ma almeno voglio vedere persone. Ecco perché ho scelto Casa Santa Marta. Volevo rompere questa abitudine del Papa isolato. Qui prendo il caffè alla macchinetta, mangio a mensa con gli altri, dico messa tutti i giorni e scherzo con le Guardie svizzere. Sul mio pianerottolo c’è sempre una guardia svizzera. Un giorno gli ho offerto una merendina, non voleva accettarla dicendomi che ha ordini del comandante. Io ho risposto: ‘Sono io il comandante!’”.
La vicinanza è il vero antidoto alla paura
D'altronde "la vicinanza alle persone, potersi confrontare, fare cose insieme è il vero antidoto alla paura", evidenzia Papa Francesco. "Molte volte, l’isolamento, il sentirsi sbagliati, avere problemi e non trovare aiuto, può determinare delle crisi che si trasformano in disagi mentali. Il mio lavoro è pieno di persone che si sentono sole e terribilmente lontane da 'casa'. La solitudine è il vero male della nostra società. Tutti connessi con i telefonini, ma sconnessi con la realtà".
La mondanità, perversione nella Chiesa
Infine, Francesco rassicura sul futuro: “Gesù è sempre al nostro fianco”. Incita i fedeli a “vivere con amore, saperci affidare al Padre”. E lancia ancora una volta un appello a tutti i sacerdoti a mostrare “misericordia, coraggio e porte aperte”. “Oggi – dice - la più grande perversione nella Chiesa è quella dei preti arrampicatori e la mondanità. La mondanità che porta alla vanità, alla prepotenza, all’orgoglio. La mondanità uccide, come ho detto una volta, un sacerdote mondano è un pagano clericalizzato. I fedeli hanno bisogno di vedere che noi siamo come loro, che abbiamo le stesse paure e la stessa voglia di vivere in grazia di Dio. Avvicinare credenti e non credenti e parlare a cuore aperto. Questo dobbiamo fare tutti”.
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