Il Papa: la liturgia è un'arte che va insegnata con cura
Tiziana Campisi – Città del Vaticano
Esige preparazione e impegno la cura della liturgia, richiede conoscenze approfondite e un profondo senso pastorale. Francesco lo sottolinea più volte nel suo discorso tenuto nella Sala del Concistoro del Palazzo Apostolico ai partecipanti al corso "Vivere in pienezza l'azione liturgica". Esprime apprezzamento per l’iniziativa che il Pontificio Istituto Sant’Anselmo ha pensato per i responsabili diocesani delle celebrazioni liturgiche e ricorda che Paolo VI definiva la liturgia “fonte primaria di quel divino scambio nel quale ci viene comunicata la vita di Dio”. (Ascolta il servizio con la voce del Papa)
La liturgia non si possiede mai pienamente, non si impara come le nozioni, i mestieri, le competenze umane. Essa è l’arte prima della Chiesa, quella che la costituisce e la caratterizza.
Il compito del maestro delle celebrazioni
Il Papa evidenzia, che oggi non è più il cerimoniere ad occuparsene, ma il maestro delle celebrazioni, che deve guidare “all’incontro con il mistero pasquale di Cristo” e “disporre tutto perché la liturgia risplenda per decoro, semplicità e ordine”.
Il ministero del maestro è una diaconia: egli collabora con il vescovo al servizio della comunità. Ecco perché ogni vescovo incarica un maestro, che agisca con discrezione, in modo diligente, non anteponendo il rito a ciò che esprime, ma aiutando a coglierne il senso e lo spirito, sottolineando con il suo agire che il centro è Cristo crocifisso e risorto.
Il bene della comunità
Quello che è “uno dei principi cardine del Concilio Vaticano II, “il bene delle comunità, la cura pastorale dei fedeli, per condurre il popolo a Cristo e Cristo al popolo”, chiarisce Francesco, deve essere l’obiettivo principale del maestro delle celebrazioni. Trascurandolo si avrebbero “belle ritualità, ma senza forza, senza sapore, senza senso perché non toccano il cuore e l’esistenza del popolo di Dio”.
E questo succede quando il preside de facto non è il vescovo, il sacerdote, ma è il cerimoniere, e quando scivola questa presidenza verso il cerimoniere, è finito tutto. Il preside è quello che presiede, non è il cerimoniere. Anzi, il cerimoniere più nascosto sia, meglio è. Meno si faccia vedere, meglio è. Ma che coordini tutto. È Cristo che fa vibrare il cuore, è l’incontro con Lui che attira lo spirito. “Una celebrazione che non evangelizza non è autentica”: è un balletto, un bel balletto, estetico, bellissimo, ma non è autentica celebrazione.
Per far sì che i fedeli possano vivere in pienezza l’azione liturgica e continuino a stupirsi nell'incontro con Dio, aggiunge il Papa, è necessario che vengano formati, come dispone la Costituzione Sacrosanctum Concilium, e per questo occorrono pastori d’anime “impregnati, loro per primi, dello spirito e della forza della liturgia”. Il maestro delle celebrazioni per primo deve crescere alla scuola della liturgia e partecipare “alla missione pastorale di formare il clero e i fedeli”.
La formazione dalla liturgia
Perché trovi attuazione pratica la riforma liturgica voluta dal Vaticano II, precisa Francesco, il maestro delle celebrazioni, insieme al direttore dell’ufficio per la pastorale liturgica deve accompagnare la diocesi, le comunità, i presbiteri e gli altri ministri”. Tutto questo avviene celebrando. “È quella formazione dalla liturgia” di cui il Papa parla nella sua Lettera Apostolica Desiderio Desideravi, perché “il decoro, la semplicità e l’ordine si raggiungono quando tutti pian piano nel corso degli anni, frequentando il rito, celebrandolo, vivendolo, comprendono ciò che devono fare”. Così “la liturgia può essere una sinfonia di lode, una sinfonia appresa dalla lex orandi della Chiesa”.
Valorizzare lo stile celebrativo delle parrocchie
L’invito di Francesco a quanti hanno preso parte al corso del Sant’Anselmo è ad incoraggiare “ad aiutare i superiori dei seminari a presiedere al meglio, a curare la proclamazione, gesti, segni. “Si impara guardando quotidianamente un presbitero che sa come presiedere, come celebrare, perché vive della liturgia e, quando celebra, prega”, specifica il Papa che suggerisce di “preparare la liturgia delle parrocchie avviando piccole scuole di formazione liturgica, che coniughino insieme fraternità, catechesi, mistagogia e prassi celebrativa”. È bene anche valorizzare lo stile celebrativo delle singole parrocchie.
Non serve fare una bella “parata” quando c’è il vescovo e poi tutto torna come prima. Il vostro compito non è disporre il rito di un giorno, ma proporre una liturgia che sia imitabile, con quegli adattamenti che la comunità può recepire per crescere nella vita liturgica.
Ma occorre pure far notare nelle parrocchie che un vescovo visita “liturgie un po’ sciatte, trascurate, mal preparate”. Francesco esorta ad “aiutare i pastori a riflettere sulla liturgia, a prepararla con i fedeli”, con delicatezza e spirito di fraternità. Il maestro delle celebrazioni stando in mezzo al popolo può “suggerire alle comunità ciò che è adatto e realizzabile, quali sono i passi necessari per riscoprire la bellezza della liturgia e del celebrare insieme”.
Curare il silenzio
Infine il Papa chiede di “curare il silenzio. Specialmente prima delle celebrazioni" che non vanno considerate "come un incontro sociale" dove si parla, si chiacchiera. occorre invece "aiutare l’assemblea e i concelebranti a concentrarsi”. Perché “il silenzio apre e prepara al mistero, permette l’assimilazione, lascia risuonare l’eco della Parola ascoltata”, dunque va riscoperto e valorizzato. E terminando Francesco si rivolge ai sacerdoti raccomandando di preparare bene le omelie, che "sono un disastro in genere", siano, invece brevi, non più di dieci minuti, e offrano ai fedeli un pensiero, un'immagine.
La gente si porti qualcosa a casa. Nell’Evangelii gaudium ho voluto sottolineare questo. E tanto l’ho detto… perché c’è una cosa che non finiamo di capirla: l’omelia non è una conferenza, è un sacramentale.
L'omelia la si prepara in preghiera, conclude il Papa e va pensata con spirito apostolico.
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