Francesco agli ultimi del Congo: chi scarta la gente nuoce alla società
Salvatore Cernuzio – Inviato a Kinshasa
Arrivano zoppicando aggrappati al bastone, con gli occhiali scuri, in sedia a rotelle, indossando tuniche con stampe tribali, magliette con il volto del Papa o corone di piume e abiti di paglia. Portano in mano come dono per Francesco magliette, quadri, disegni, sculture di bronzo o offrendo pure uno spettacolo di musica tradizionale. Gli assistiti di alcune opere di carità della Repubblica Democratica del Congo – orfani, lebbrosi, ciechi, zoppi, mutilati – ricevono oggi l’abbraccio di Papa Francesco che li accoglie nella Nunziatura di Kinshasa insieme ai responsabili di quelle realtà dove questa gente, altrimenti abbandonata, ha ricevuto ristoro, conforto, strumenti per tornare a vivere.
“In questo Paese, dove c’è tanta violenza, che rimbomba come il tonfo fragoroso di un albero abbattuto, voi siete la foresta che cresce ogni giorno in silenzio e rende l’aria migliore, respirabile”, dice Francesco, dopo aver ascoltato le loro testimonianze e averli salutati uno ad uno con il cinque o con strette di mano, oppure aver poggiato la mano su treccine e teste rasate di un gruppo di bimbi in camicia bianca e papillon nero.
Affetto per i poveri
Proprio a partire dalle testimonianze ascoltate, si snoda la riflessione del Pontefice: “Mi ha colpito una cosa – esordisce - non mi avete semplicemente elencato i problemi sociali e non avete enumerato tanti dati sulla povertà, ma avete soprattutto parlato con affetto dei poveri. Avete raccontato di voi e di persone che prima non conoscevate e che ora vi sono diventate familiari: nomi e volti”.
Il Signore va cercato e amato nei poveri e, come cristiani, dobbiamo fare attenzione se ci allontaniamo da loro.
Il disboscamento dello scarto
Parole che suonano come un monito per tanti credenti ma che, in questa occasione, rivolte a uomini e donne, laici e consacrati, che spendono la vita in un contesto difficile come la Repubblica Democratica del Congo, sono un incoraggiamento al loro lavoro. “Mentre tanti oggi li scartano, voi li abbracciate; mentre il mondo li sfrutta, voi li promuovete”, dice infatti il Papa.
La promozione contro lo sfruttamento: ecco la foresta che cresce mentre imperversa violento il disboscamento dello scarto!
Dare voce a chi non ha voce
L’invito del Papa è a “dare voce a quello che fate, favorire la crescita e la speranza nella Repubblica Democratica del Congo e in questo Continente”. Francesco dice di essere venuto nel Paese “animato dal desiderio di dare voce a chi non ha voce”. E di nuovo, come nell’incontro di poco prima con le vittime dell’Est, si rivolge ai media internazionali
Quanto vorrei che i media dessero più spazio a questo Paese e all’Africa intera! Che si conoscano i popoli, le culture, le sofferenze e le speranze di questo giovane Continente del futuro! Si scopriranno talenti immensi e storie di vera grandezza umana e cristiana, storie nate in un clima genuino, che ben conosce il rispetto per i più piccoli, per gli anziani e per il creato.
Indifferenza generale
Il Papa parla poi a Cecilia, Tekadio, suor Maria Celeste, Aline e tutti coloro che hanno voluto condividere i frammenti della propria esistenza, segnata dal dolore. “Viene da piangere nel sentire storie come quelle che mi avete raccontato, di persone sofferenti consegnate dall’indifferenza generale a una vita randagia, che le porta a vivere per strada, esponendole al rischio di violenze fisiche e di abusi sessuali, e pure all’accusa di stregoneria, mentre sono solo bisognose di amore e di cure”, commenta Papa Francesco. Cita il racconto di Tekadio, che diceva di sentirsi a motivo della lebbra “discriminato, guardato con disprezzo ed umiliato”. Questo avviene ancora nel 2023, osserva il Pontefice, con gente che “con un misto di vergogna, d’incomprensione e di paura, si affretta a pulire là dove è passata anche solo la tua ombra”.
La povertà e il rifiuto offendono l’uomo, ne sfigurano la dignità: sono come cenere che spegne il fuoco che porta dentro.
Scandaloso lo scarto di anziani e bambini
Quasi come una confessione personale, condivisa con i suoi ospiti disposti a cerchio nel salone della Nunziatura, il Papa dice di essersi “rattristato” nel sentire che anche nella Repubblica Democratica del Congo, “come in molte parti del mondo, bambini e anziani vengono scartati”. È “scandaloso”, rimarca il Papa, ed “è nocivo per l’intera società, che si costruisce proprio a partire dalla cura per gli anziani e per i bambini, per le radici e per l’avvenire”.
Ricordiamoci: uno sviluppo veramente umano non può essere privo di memoria e di futuro.
"Ne vale la pena?"
Due gli interrogativi che il Papa pone ai “tanti operatori di bene in questo grande Paese”. Anzitutto: “Ne vale la pena? Vale la pena impegnarsi di fronte a un oceano di bisogno in costante e drammatico aumento? Non è un darsi da fare vano, oltre che spesso sconfortante?”. “Sì”, assicura il Papa: “Il bene è così, è diffusivo, non si lascia paralizzare dalla rassegnazione e dalle statistiche, ma invita a donare agli altri quanto si è ricevuto gratuitamente”.
C’è bisogno che soprattutto i giovani vedano questo: volti che superano l’indifferenza guardando le persone negli occhi, mani che non imbracciano armi e non maneggiano soldi, ma si protendono verso chi sta a terra e lo rialzano alla sua dignità, alla dignità di figlia e figlio di Dio.
Non delegare tutto al volontariato
Il Papa loda il fatto che che le Autorità, attraverso gli accordi stipulati nel luglio 2022 con la Conferenza Episcopale, “abbiano riconosciuto e valorizzato l’opera di quanti si impegnano in campo sociale e caritativo”. Questo non significa, annota Francesco, che “si possa delegare sistematicamente al volontariato la cura dei più fragili, così come l’impegno nella sanità e nell’istruzione. Sono compiti prioritari di chi governa, con l’attenzione di assicurare i servizi fondamentali anche alla popolazione che vive lontana dai grandi centri urbani”.
Non infangare la carità
Al tempo stesso, i credenti “non devono mai infangare la testimonianza della carità, che è testimonianza di Dio, con la ricerca di privilegi, prestigio, visibilità e potere”.
No, i mezzi, le risorse e i buoni risultati sono per i poveri, e chi si occupa di loro è sempre chiamato a ricordarsi che il potere è servizio e che la carità non porta a stare sugli allori, ma domanda urgenza e concretezza.
Esemplarità, lungimiranza e connessione
Il Papa introduce così il secondo interrogativo: “Come fare la carità, quali criteri seguire?”. Tre i “semplici punti”: innanzitutto “la carità chiede esemplarità” e perciò occorrono “credibilità e trasparenza”: “Penso – dice - alla gestione finanziaria e amministrativa dei progetti, ma anche all’impegno a offrire servizi adeguati e qualificati”. Secondo punto: la lungimiranza, “il saper guardare avanti”. “È fondamentale che le iniziative e le opere di bene, oltre a rispondere alle esigenze immediate, siano sostenibili e durature. Non semplicemente assistenzialiste, ma realizzate sulla base di quanto realmente si può fare e con una prospettiva di lungo termine, perché perdurino nel tempo e non finiscano con chi le ha avviate”, raccomanda il Papa. In una terra come la RD Congo ci sarà sempre bisogno di aiuto, pertanto “piuttosto che distribuire beni”, è meglio “trasmettere conoscenze e strumenti che rendano lo sviluppo autonomo e sostenibile”. Un plauso in tal senso va alla sanità cattolica. Infine, terzo elemento, è la connessione: “Bisogna fare rete, non solo virtualmente ma concretamente, come avviene in questo Paese nella sinfonia di vita della grande foresta e della sua variegata vegetazione”, dice Papa Francesco. “Lavorare sempre più insieme, essere in costante sinergia fra di voi, in comunione con le Chiese locali e con il territorio”. Lavorare “ciascuno con il proprio carisma ma insieme, collegati, condividendo le urgenze, le priorità, le necessità, senza chiusure e autoreferenzialità, pronti ad affiancarsi ad altre comunità cristiane e di altre religioni, e ai molti organismi umanitari presenti”. Tutto, sempre, “per il bene dei poveri”.
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