Il Papa agli sfollati del Sud Sudan: siete il seme di rinascita della vostra terra
Francesca Sabatinelli - Giuba
Sono con voi, soffro per voi e con voi. Francesco è tra gli sfollati del Sud Sudan che lo accolgono nella Freedom Hall, vengono dal campo nei pressi della capitale e da quelli di altre parti del Paese, per l’occasione hanno indossato i loro ornamenti migliori, hanno provato per giorni e giorni balli e canti. Il Papa li abbraccia con parole che esprimono il desiderio condiviso di incontrarsi e che oggi si concretizza, dopo tanta attesa. Li guarda negli occhi, stringe le loro mani, alle grandi vittime di questo Paese devastato da violenza e odio, accanto a lui l’arcivescovo di Canterbury Welby e il moderatore della Chiesa di Scozia Greenshields, i “fratelli” che lo accompagnano in “questo pellegrinaggio di pace”. Poi il suo grido:
A tutti chiedo con il cuore in mano: soccorriamo il Sud Sudan, non lasciamo sola la sua popolazione, che tanto ha sofferto e soffre!
La Freedom Hall è gremita, si calcola che vi siano circa 2.500 persone al seguire l’incontro, occhi che non si staccano dal Papa. Non capiscono l’italiano, ma sanno che sta parlando a loro e per loro, che il Papa è la loro voce. Francesco guarda le potenti immagini di un video che racconta i campi sfollati, e poi rilancia il suo appello, già riposto ieri nelle mani dei governanti, “a far cessare ogni conflitto, a riprendere seriamente il processo di pace, perché abbiano fine le violenze e la gente possa tornare a vivere in modo degno”:
È proprio a motivo delle devastazioni prodotte dalla violenza umana, oltre che per quelle causate dalle inondazioni, che milioni di nostri fratelli e sorelle come voi, tra cui tantissime mamme con i bambini, hanno dovuto lasciare le loro terre e abbandonare i loro villaggi, le loro case. Purtroppo in questo martoriato Paese essere sfollato o rifugiato è diventata un’esperienza consueta e collettiva.
Solo pace, stabilità e giustizia, potranno garantire a queste persone “sviluppo e reintegrazione”, ma non si può perdere tempo, non si può più aspettare, dice, parole che fanno esplodere i presenti in un applauso.
Un numero enorme di bambini nati in questi anni ha conosciuto soltanto la realtà dei campi per sfollati, dimenticando l’aria di casa, perdendo il legame con la propria terra di origine, con le radici, con le tradizioni
il futuro non può essere nei campi per sfollati, perché i ragazzi, è la risposta del Papa a Joseph, che si fa interprete delle sofferenze dei più giovani, devono andare a scuola e devono giocare a calcio. La società sud sudanese dovrà crescere aperta, diventare un unico popolo, parlare in tutte le lingue che si parlano nel Paese, imparare ad accogliere chi è diverso, ritrovare una fraternità riconciliata e costruire l proprio avvenire assieme a quello dell’intera comunità:
E c’è assoluto bisogno di evitare la marginalizzazione dei gruppi e la ghettizzazione degli esseri umani. Ma per tutti questi bisogni c’è bisogno di pace. E c'è bisogno dell’aiuto di tanti, dell'aiuto di tutti.
In Sud Sudan perdura “la più grande crisi di rifugiati” dell’Africa, Francesco elenca i drammi che devastano il Paese: 4 milioni di sfollati, due terzi della popolazione colpita da insicurezza alimentare e malnutrizione, la previsione di una tragedia umanitaria che rischia di peggiorare. Poi rivolge il suo grazie a Sara Beysolow Nyanti, vice rappresentante speciale per la missione Onu in Sud Sudan, e ne riprende le parole.
Le madri, le donne sono la chiave per trasformare il Paese: se riceveranno le giuste opportunità, attraverso la loro laboriosità e la loro attitudine a custodire la vita, avranno la capacità di cambiare il volto del Sud Sudan, di dargli uno sviluppo sereno e coeso!
Le donne, tutte, dalle bambine alle nonne, vanno protette e rispettate, valorizzate e onorate, altrimenti non ci sarà futuro. Il pellegrinaggio ecumenico in Sud Sudan vuole dare “ali” alla speranza, perché anche dalla terra spoglia di un campo sfollati può nascere un “seme nuovo che porterà frutto”:
Vorrei dirvi: siete voi il seme di un nuovo Sud Sudan, il seme per una crescita fertile e rigogliosa del Paese. Siete voi, di tutte le diverse etnie, voi che avete patito e state soffrendo, ma che non volete rispondere al male con altro male. Voi, che fin d’ora scegliete la fraternità e il perdono, state coltivando un domani migliore.
Le vittime della violenza fratricida e devastante potranno essere i semi di speranza, alberi che assorbono l’inquinamento della violenza per restituire l’ossigeno della fraternità, nonostante l’oggi li veda “piantati” nel disagio e nella precarietà, che però non impedirà di “sperimentare” di essere “radicati nella stessa umanità”.
Francesco sollecita tutti ad una nuova “narrativa dell’incontro”, affinché si abbandoni quella caratterizzata dalla violenza, e ad intraprenderne un’altra, di pace, le cui prime pagine possano essere i giovani di etnie diverse:
Se i conflitti, le violenze e gli odi hanno strappato via dai buoni ricordi le prime pagine di vita di questa Repubblica, siate voi a riscriverne la storia di pace! Io vi ringrazio per la vostra forza d’animo e per tutti i vostri gesti di bene, che sono tanto graditi a Dio e rendono prezioso ogni giorno che vivete.
Francesco ringrazia chiunque si adoperi per questo Paese, dalle comunità ecclesiali, ai missionari, alle organizzazioni umanitarie e internazionali, in particolare alle Nazioni Unite, perché il Sud Sudan nonostante il suo “territorio tanto ricco di risorse”, va aiutato esternamente. Ricorda gli operatori umanitari che vi hanno perso la vita, spiega che la popolazione va accompagnata “sulla via dello sviluppo”, sostenendola nella sua crescita autonoma, con un appoggio, ad esempio, nell’agricoltura e nell’allevamento. L’ultimo pensiero del Papa, va a tutti quei rifugiati che hanno dovuto lasciare il Paese, a chi non può rientrare, il cui territorio è stato occupato, l’augurio è che “possano tornare a essere protagonisti del futuro della loro terra, contribuendo al suo sviluppo in modo costruttivo e pacifico”, e poi la benedizione speciale a tutti i bambini del Sud Sudan, chiesta da Nyakuor Rebecca, piccola sfollata del campo di Giuba:
Noi tre come fratelli daremo la benedizione: con mio fratello Justin e il mio fratello Iain, insieme vi daremo la benedizione. Con essa, vi raggiunga la benedizione di tanti fratelli e sorelle cristiani nel mondo, che vi abbracciano e vi incoraggiano, sapendo che in voi, nella vostra fede, nella vostra forza interiore, nei vostri sogni di pace risplende tutta la bellezza dell’essere umano.
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