Welby e Greenshields: in Sud Sudan un pellegrinaggio di perdono e giustizia
Michele Raviart - Città del Vaticano
I leader “hanno il potere di agire in base a ciò che gli altri dicono. Possono scegliere di ascoltare o meno gli altri. Possono offrire un modello di valutazione di chi è diverso da loro, oppure possono alimentare le divisioni”. I loro compito, tuttavia, dovrebbe essere quello di aiutare la comunità a “essere uno”, così come lo sono i fedeli che scelgono di seguire Cristo entrando in una nuova comunità. A sottolinearlo è l’arcivescovo di Canterbury Justin Welby, primate della Chiesa anglicana, nell’omelia per la preghiera ecumenica che si è svolta al Mausoleo di John Garang a Giuba.
Essere una cosa sola con Dio
Una comunità, ha detto Welby citando gli atti degli apostoli, in cui “la corruzione era esclusa” e “la violenza era inesistente” e in cui “quando riconosciamo che tutto è di Dio, non abbiamo più paura di perderlo, perché sappiamo che è un Dio di abbondanza e non di mancanza, di grandezza e non di carenza”. Certo, sottolinea l’arcivescovo di Canterbury, “in un mondo di carestia, sete e disastri naturali, la fede nell’abbondanza di Dio è difficile, ma quando siamo una cosa sola, ci apprezziamo a vicenda come apprezziamo le membra del nostro corpo”.
I giovani non siano ingannati dalla guerra
L’appello è quindi quello a dare valore ai giovani, la maggioranza della popolazione del Sud Sudan: “Non siete solo il futuro, siete il presente. Se vi apprezziamo, ascolteremo le vostre speranze di pace e di opportunità e permetteremo a queste speranze di plasmare le nostre nazioni e le nostre chiese. Non sarete ingannati dalla guerra. Non sarete costretti a uccidere. Sarete in disaccordo con gli altri, ma li amerete comunque. Sarete esempio di amore obbediente a Dio”.
Valorizzare e onorare le donne
Un cambio di atteggiamento che non può prescindere dalla considerazione delle donne nella società. ”Valorizzerete e onorerete le donne”, dice ancora l’arcivescovo di Canterbury tra gli applausi, “senza mai violentarle, senza mai essere violenti, senza mai essere crudeli, senza mai usarle come se fossero lì solo per soddisfare il desiderio”. Le stesse donne sudsudanesi, “incredibilmente forti” e che, oltre al dolore del conflitto e alla responsabilità di occuparsi della famiglia, “vivono il trauma della violenza sessuale e la paura quotidiana di subire maltrattamenti perfino nelle proprie case”.
Greenshields: questo pellegrinaggio accresca lo spirito di cambiamento
Justin Welby, insieme a Papa Francesco e al moderatore dell’assemblea generale della Chiesa di Scozia Iain Greenshields sono in Sud Sudan “come parte dalla vostra famiglia, della vostra comunione, per stare con voi e condividere la vostra sofferenza”. “Il sangue di Cristo ci unisce”, ribadisce, “ed è sufficiente da solo per la nostra salvezza”. "Siamo in visita nel vostro Paese per ribadire il nostro impegno, con voi, per la pace in Sud Sudan”, sottolinea Greenshields, “e per incoraggiare la solidarietà con voi, il popolo che sta ancora soffrendo per gli effetti della violenza, delle inondazioni e della carestia. “Preghiamo, cercando la guida e la saggezza dello Spirito Santo, che questo pellegrinaggio ecumenico di pace in Sud Sudan accresca in tutti noi lo spirito di cambiamento”, auspica Greenshields, e che questo ci renda tutti capaci di cercare la speranza, la riconciliazione, il perdono, la giustizia e l'unità in e attraverso il nostro Signore Gesù Cristo".
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