RD Congo, Francesco a clero e religiosi: siate profezia di pace nelle spirali di violenza
Adriana Masotti - Città del Vaticano
L’incontro del Papa con sacerdoti, diaconi e seminaristi, consacrate e consacrati della Repubblica Democratica del Congo avviene proprio nella Giornata mondiale della vita consacrata che la Chiesa celebra oggi, festa della Presentazione del Signore. Francesco guarda alle sfide poste alla loro vocazione in una terra segnata da condizioni difficili e ne elenca tre: la mediocrità spirituale, la comodità mondana e la superficialità, dando alcuni suggerimenti per affrontarle. Poco prima ha potuto ascoltare l'arcivescovo di Kinshasa, cardinale Ambongo e alcune testimonianze in un clima di gioia e di affetto. In attesa dell'arrivo del Papa i partecipanti all'incontro, fuori e dentro la Cattedrale Notre-Dame du Congo, hanno recitato insieme il Rosario. (Ascolta il servizio con la voce del Papa)
Un segno delle promesse e dell'amore di Dio
Prendendo la parola, Francesco cita le consolanti parole di Isaia sulla fedeltà di Dio che, attraverso il profeta, promette: “Aprirò anche nel deserto una strada, immetterò fiumi nella steppa”. E’ dunque ciò che Dio opera, rivelandosi come il “Dio della compassione”, ed è anche ciò che chiede ai consacrati: “essere segno di questa promessa”, chiamati cioè a “servire il popolo come testimoni dell’amore di Dio”, a ungerlo “con l’olio della consolazione e della speranza” a “incoraggiare il cammino della comunità e accompagnarla nella fede” incontro a Gesù.
Ecco che cosa significa essere servitori del popolo: preti, suore, missionari che hanno sperimentato la gioia dell’incontro liberante con Gesù e la offrono agli altri. Ricordiamocelo: il sacerdozio e la vita consacrata diventano aridi se li viviamo per “servirci” del popolo invece che per “servirlo”. Non si tratta di un mestiere per guadagnare o avere una posizione sociale, e nemmeno per sistemare la famiglia di origine, ma è la missione di essere segni della presenza di Cristo, del suo amore incondizionato, del perdono con cui vuole riconciliarci, della compassione con cui vuole prendersi cura dei poveri.
Tre tentazioni da vincere, la prima è la mediocrità spirituale
Ed ecco le sfide che si presentano e le tentazioni da cui guardarsi per quanti vogliono vivere così. Il segreto per vincere la prima, la mediocrità spirituale è la preghiera, afferma il Papa, perché la relazione con il Signore “è il fondamento del nostro operare”. Al di là degli impegni pastorali, delle urgenze e della stanchezza, prosegue, è necessario trovare “tempo ed energie sufficienti alla preghiera”, che deve scandire l’intera giornata.
La celebrazione eucaristica quotidiana è il cuore pulsante della vita sacerdotale e religiosa. La Liturgia delle Ore ci permette di pregare con la Chiesa e con regolarità: non trascuriamola mai! E non tralasciamo neanche la Confessione: abbiamo sempre bisogno di essere perdonati per poter donare misericordia. Un altro consiglio: come sappiamo, non possiamo limitarci alla recita rituale delle preghiere, ma occorre riservare ogni giorno un tempo intenso di preghiera, per stare cuore a cuore con il nostro Signore: un momento prolungato di adorazione, di meditazione della Parola, il santo Rosario; un incontro intimo con Colui che amiamo sopra ogni cosa.
La preghiera ci apre a Dio, afferma ancora, “ci rimette in piedi (…) senza preghiera non si va lontano”.
Sobrietà e libertà interiore nella vita dei consacrati
La seconda tentazione indicata da Francesco a sacerdoti e consacrati è la ricerca “di una vita comoda in cui sistemare più o meno tutte le cose”, la ricerca insomma del proprio confort approfittando del ruolo ricoperto per soddisfare i propri bisogni. E prosegue:
È triste quando ci si ripiega su sé stessi diventando freddi burocrati dello spirito. Allora, anziché di servire il Vangelo, ci preoccupiamo di gestire le finanze e di portare avanti qualche affare vantaggioso per noi. È scandaloso quando ciò avviene nella vita di un prete o di un religioso, che invece dovrebbero essere modelli di sobrietà e di libertà interiore. Che bello invece mantenersi limpidi nelle intenzioni e affrancati da compromessi col denaro, abbracciando con gioia la povertà evangelica e lavorando accanto ai poveri! E che bello essere luminosi nel vivere il celibato come segno di disponibilità completa al Regno di Dio!
La formazione spirituale e teologica non è un optional
Anche la superficialità è una sfida e Papa Francesco dice che “c’è bisogno di preti e religiosi preparati, formati, appassionati al Vangelo”. E’ necessario dunque lavorare costantemente su stessi sia dal punto di vista spirituale, sia teologico. Il Papa avverte: la formazione non è un optional e precisa:
Siamo tenuti a entrare nel cuore del mistero cristiano, ad approfondirne la dottrina, a studiare e meditare la Parola di Dio; e al tempo stesso a restare aperti alle inquietudini del nostro tempo, alle domande sempre più complesse della nostra epoca, per poter comprendere la vita e le esigenze delle persone, per capire come prenderle per mano e accompagnarle.
Testimoni di fraternità oltre le culture e le etnie
Il Papa sottolinea ancora che essenziale per il servizio dei consacrati al Popolo di Dio è la testimonianza: non bastano le parole, perché è la vita a parlare per prima. Ricorda come loro stessi abbiano poco prima fatto riferimento alla parabola del buon samaritano, che è Gesù “che passa lungo le nostre strade e, specialmente attraverso la sua Chiesa, si ferma e si prende cura delle ferite degli oppressi”, e raccomanda:
Carissimi, il ministero a cui siete chiamati è proprio questo: offrire vicinanza e consolazione, come una luce sempre accesa in mezzo a tanta oscurità. E per essere fratelli e sorelle di tutti, siatelo anzitutto tra di voi: testimoni di fraternità, mai in guerra; testimoni di pace, imparando a superare anche gli aspetti particolari delle culture e delle provenienze etniche, perché, come affermò Benedetto XVI rivolgendosi ai sacerdoti africani, "la vostra testimonianza di vita pacifica, al di là delle frontiere tribali e razziali, può toccare i cuori".
Persone che non si spezzano quando soffiano i venti delle divisioni
Papa Francesco cita il proverbio: “Il vento non spezza ciò che sa piegarsi”. Riconosce che il continente africano nella storia si è dovuto piegare più volte “alla prepotenza del più forte” ma invita a leggere quelle parole in positivo. Dice: “C’è un piegarsi che non è sinonimo di debolezza ma di fortezza”, quando significa mantenersi flessibili, superare le rigidità, “essere disponibili a lasciarsi cambiare”.
Quando restiamo docili nelle mani di Dio, Egli ci plasma e fa di noi delle persone riconciliate, che sanno aprirsi e dialogare, accogliere e perdonare, immettere fiumi di pace nelle aride steppe della violenza. E, così, quando soffiano impetuosi i venti dei conflitti e delle divisioni, queste persone non possono essere spezzate, perché sono ricolme dell’amore di Dio.
“Siate anche voi così - prosegue Francesco - docili al Dio della misericordia, mai spezzati dai venti delle divisioni”. Raccomanda di non lasciarsi scoraggiare, ricordando che tutti loro sono preziosi e importanti. L'augurio, infine, è di essere sempre “testimoni gioiosi del Vangelo, profezia di pace nelle spirali della violenza, discepoli dell’Amore pronti a curare le ferite dei poveri e dei sofferenti”.
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