Sud Sudan, il Papa: chi segue Cristo sceglie la pace, sempre
Tiziana Campisi – Città del Vaticano
Culmina con la Preghiera ecumenica il secondo giorno di Papa Francesco in Sud Sudan. Un momento assai atteso quello al Mausoleo “John Garang” di Giuba per invocare la pace sulla giovane nazione dilaniata da diversi conflitti. Gremiscono il piazzale antistante, composte, raccolte e in silenzio, oltre 50mila persone delle diverse confessioni cristiane da anni impegnate nel processo di riconciliazione e al fianco della popolazione che sta affrontando una grave crisi umanitaria - con oltre 2 milioni di sfollati interni e 2,3 milioni di sud-sudanesi costretti a fuggire negli stati confinanti. Una situazione aggravata da siccità, alluvioni in aumento a causa dei cambiamenti climatici e dalle problematiche provocate dalla pandemia di Covid-19, che ha ostacolato la consegna degli aiuti umanitari internazionali da cui dipendono poco meno di 9 milioni di sud-sudanesi. È presente anche il presidente della Repubblica Salva Kiir Mayardit. All’incontro prendono parte, insieme al Papa, l’arcivescovo di Canterbury, Justin Welby, e il moderatore dell’Assemblea Generale della Chiesa di Scozia, Iain Greenshields, che si sono uniti al viaggio apostolico del Pontefice in Sud Sudan per questo pellegrinaggio ecumenico di pace. (Ascolta il servizio con lavoce del Papa)
I momenti della Preghiera ecumenica
Mentre si fa sera su Giuba, si susseguono orazioni, riflessioni, letture dalla Sacra Scrittura e gesti nella preghiera comune che vuole rafforzare lo spirito del cambiamento, promuovere il perdono, la giustizia, il buon governo e l’unità nell’attuazione dell’Accordo rivitalizzato per la risoluzione del conflitto nel Paese, come spiega nell’introduzione il reverendo Thomas Tut Puot Mut, presidente della South Sudan Council of Churches. Viene proclamata la pagina del Vangelo di Giovanni con la preghiera di Gesù per l’unità dei credenti, quindi parlano l’arcivescovo di Canterbury e il moderatore dell’Assemblea Generale della Chiesa di Scozia. Poi viene recitato il Simbolo degli Apostoli.
Le invocazioni di intercessione e di misericordia
Segue la preghiera di intercessione e di misericordia per la nazione. Ad ogni invocazione ciascun lettore - della Chiesa cattolica, della Chiesa episcopale, dell’Africa Inland Church, della Chiesa presbiteriana, della Chiesa pentecostale, della Chiesa presbiteriana evangelica e della Sudan Interior Church - versa acqua su alberi piantati in precedenza come atto di unità. Si prega perché “la sincera ricerca della pace” da parte dei leader religiosi possa risolvere le controversie; perché l’amore possa “vincere l’odio e la vendetta sia disarmata dal perdono”; per gli sfollati che vivono situazioni difficili e drammatiche; perché nella società ci sia giustizia e trovino spazio “le ricchezze dell’inclusione e i tesori della diversità”; per le divisioni, le fazioni che affliggono il Paese, le controversie civili e per i politici perché possano “prendere le giuste decisioni che promuovano l’unità e la coesione”; per quanti hanno nelle loro mani le sorti della nazione perché governino “con discernimento, comprensione e unità”; perché cessi l’odio e il tribalismo; perché Dio doni al popolo sudsudanese “saggezza e resilienza” per la costruzione della nazione.
Pregare, la cosa più importante per i cristiani
Poi è Papa Francesco ad esprimere il suo pensiero su quelle voci diverse che “si sono unite, formando una sola voce” per il popolo ferito del Sud Sudan.
In quanto cristiani, pregare è la prima e più importante cosa che siamo chiamati a fare per poter bene operare e avere la forza di camminare.
Senza la preghiera ogni opera è vana
Il Pontefice invita a riflettere su tre verbi: “pregare, operare e camminare”. Sottolinea, anzitutto, che senza la preghiera l’“impegno delle comunità cristiane nella promozione umana, nella solidarietà e nella pace sarebbe vano”. Francesco ricorda la figura di Mosè, quando, in cammino verso la libertà con il suo popolo, trovandosi davanti alle acque del Mar Rosso mentre alle spalle avanzava l’esercito nemico con carri e cavalli, ebbe parole di incoraggiamento. A suggerirgliele la fiducia in Dio “coltivata nella preghiera”.
Pregare dà la forza di andare avanti, di superare i timori, di intravedere, anche nelle oscurità, la salvezza che Dio prepara. Di più, la preghiera attira la salvezza di Dio sul popolo. La preghiera di intercessione, che caratterizzò la vita di Mosè, è quella a cui siamo tenuti soprattutto noi, pastori del popolo santo di Dio. Affinché il Signore della pace intervenga laddove gli uomini non riescono a costruirla, occorre la preghiera: una tenace, costante preghiera di intercessione.
L’invito del Papa ai cristiani delle diverse confessioni è a sentirsi uniti “come un’unica famiglia”, “incaricati di pregare per tutti”, “assidui e concordi”, “nelle parrocchie, chiese, assemblee di culto e di lode”, perché il Sud Sudan disponga "serenamente ed equamente della terra fertile e ricca che possiede" e sia colmato di pace.
Operare per la pace
E per la causa della pace Francesco esorta ad operare. Perché “Gesù ci vuole ‘operatori di pace’; Lui che “fa di due una cosa sola”, abbatte muri di separazione ed inimicizie, perciò la pace di Dio non è “solo una tregua tra i conflitti, ma una comunione fraterna, che viene dal congiungere, non dall’assorbire; dal perdonare, non dal sovrastare; dal riconciliarsi, non dall’imporsi”.
Noi, cari fratelli e sorelle, operiamo senza stancarci per questa pace, che lo Spirito di Gesù e del Padre ci invita a costruire: una pace che integra le diversità, che promuove l’unità nella pluralità. Questa è la pace dello Spirito Santo, il quale armonizza le differenze, mentre lo spirito nemico di Dio e dell’uomo fa leva sulle diversità per dividere.
Adoperarsi insieme pur nella diversità
E allora “chi segue Cristo sceglie la pace, sempre; chi scatena guerra e violenza tradisce il Signore e rinnega il suo Vangelo”, osserva il Papa, perché lo stile che Gesù insegna è “amare tutti, in quanto tutti sono amati come figli dal Padre comune che è nei cieli”. E rimarca, Francesco, che “l’amore del cristiano non è solo per i vicini, ma per ognuno, perché ciascuno in Gesù è nostro prossimo, nostro fratello e sorella, persino il nemico”; a maggior ragione quanti appartengono allo stesso popolo, “anche se di etnia diversa”.
Adoperiamoci, fratelli e sorelle, per questa unità fraterna tra noi cristiani e aiutiamoci a far passare il messaggio della pace nella società, a diffondere lo stile di non violenza di Gesù, perché in chi si professa credente non vi sia più spazio per una cultura basata sullo spirito di vendetta; perché il Vangelo non sia solo un bel discorso religioso, ma una profezia che diventa realtà nella storia. Operiamo per questo: lavoriamo per la pace tessendo e ricucendo, mai tagliando e strappando.
L’impegno delle comunità cristiane per la riconciliazione del Sud Sudan
Francesco loda poi l’impegno delle comunità cristiane, che “si sono fortemente impegnate nel promuovere percorsi di riconciliazione”, che non hanno portato disgregazione ma unità, e definisce “l’eredità ecumenica del Sud Sudan” tesoro prezioso, “un esempio universale per il cammino di unità dei cristiani”, “un’eredità che va custodita”.
Il tribalismo e la faziosità che alimentano le violenze nel Paese non intacchino i rapporti interconfessionali; al contrario, la testimonianza di unità dei credenti si riversi sul popolo. In questo senso vorrei suggerire due parole-chiave per il prosieguo del cammino: memoria e impegno.
Ripartire ogni giorno, insieme, con passi concreti di carità e unità
Il suggerimento del Papa ai cristiani è di ricalcare “le orme dei predecessori”, sentirsene sospinti, e di impegnarsi concretamente verso l’unità, soccorrendo insieme “chi sta ai margini, chi è ferito e scartato”. È quanto già viene fatto nel campo della sanità, dell’istruzione, della carità, e il Pontefice esorta a continuare su questa strada, “mai concorrenti, ma familiari; fratelli e sorelle” che hanno “compassione per i sofferenti” e testimoniano l’amore di Cristo. Concludendo Francesco chiede di ripartire ogni giorno pregando “gli uni per gli altri e con gli altri”, operando “insieme come testimoni e mediatori della pace di Gesù”, camminando “sulla stessa strada, muovendo passi concreti di carità e di unità”, amandosi “intensamente e di vero cuore”.
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