Francesco e la profezia per l’Amazzonia e i suoi popoli
di Patricia Gualinga *
Per noi Kichwa di Sarayaku, in Ecuador, la terra dello zenit, il popolo del mezzogiorno, noto per la sua lotta in difesa dell’Amazzonia, dei diritti collettivi e della natura, i sogni sono importanti. Sono la nostra guida e il nostro monito. Dieci anni fa ero tornata nel mio villaggio da uno dei viaggi che spesso faccio per far conoscere la difesa dell’Amazzonia e ho fatto una chiacchierata con mio padre. Il mio amato papà che un anno fa ha lasciato questo mondo. Gli ho chiesto: «Cosa hai sognato mentre stavo tornando?». Mi ha risposto: «Nel sogno sono venuti a casa mia degli uomini vestiti con tuniche bianche e luminose. Venivano ad aiutarci. È un momento di cambiamento, stanno arrivando nuovi tempi, una nuova era per tutti». L’ho ascoltato con attenzione, ora so che quel sogno è vero.
Dieci anni fa sono rimasta sorpresa e incuriosita quando ho visto il nuovo successore di Pietro, il cardinale argentino Jorge Mario Bergoglio, essere eletto al Conclave. Guardavo la tv, la sua prima apparizione per salutare il pubblico, il nome Francesco. Mi sono detta: questo è il Papa che stavamo aspettando. Giorni dopo ne ho parlato con le persone che lavorano con me e loro mi hanno chiesto perché ne fossi così sicura, visto che non lo conoscevamo. Non lo conoscevo infatti, ma la mia risposta è stata: «Lo so, questo Papa difenderà l’Amazzonia».
All’epoca non potevo immaginare quello che sarebbe successo, che avrei avuto la benedizione di salutarlo di persona e che ci sarebbe stato un Sinodo amazzonico a cui avrei partecipato. Non sapevo che avremmo ricevuto la Laudato si’ che abbiamo accolto con gioia ed emozione. Con quella enciclica abbiamo visto che finalmente un leader mondiale ha capito quello che noi popoli indigeni abbiamo cercato di portare avanti per anni con fatica: la cura per la natura, il rispetto per la terra e i suoi ecosistemi, il rispetto per le culture, la consapevolezza che tutti condividiamo lo stesso spazio, la denuncia di un modello di vita consumistico che distrugge. E distruggere il Creato significa distruggere la casa comune. Forse per molti è stato qualcosa di nuovo, ma per noi popoli originari è stato un grande sostegno alle nostre lotte per difendere la vita del pianeta e i luoghi sacri dell’abitare.
Tutto il pontificato di Francesco ha avuto uno sguardo coraggioso verso la realtà amazzonica. Credo che molti di noi nemmeno lo immaginassero. La sua visita nell’Amazzonia del Perú nel 2018, l’incontro con i popoli indigeni e poi l’annuncio di un Sinodo sull’Amazzonia sono stati l’inizio di un nuovo cammino per una Chiesa che si apre con forza guardando a un popolo escluso, sfruttato, emarginato. Il Sinodo, soprattutto, è stata la novità più grande: non avevamo mai partecipato a nulla di simile. Quando ho ricevuto l’invito a Roma ero emozionata e ho condiviso questo con il Consiglio direttivo del mio popolo. Lo sciopero nazionale in Ecuador mi ha impedito di partecipare ai primi momenti. Superando tutti gli ostacoli sono arrivata in ritardo, ma giusto in tempo per poter parlare all’ora stabilita. Il tema scelto per il mio intervento era il disinvestimento nei combustibili fossili di alcuni organismi ecclesiali. Ne ho parlato davanti al Papa che è stato sempre presente ad ascoltarci e incoraggiarci.
Per la prima volta nella storia, popoli indigeni, vescovi, cardinali hanno parlato di come la Chiesa di Cristo debba avere un volto amazzonico. Ci sono state molte riflessioni e contributi accompagnati dalla preghiera per avere la forza del discernimento per una conversione integrale, pastorale, culturale, ecologica. Sono successe molte cose, alcune anche negative e forse per qualcuno la nostra presenza a Roma è stata scomoda... Non per il Papa che ha voluto incontrare personalmente i rappresentanti dei popoli indigeni. Quanta emozione quel giorno...! Penso che Francesco, senza essere amazzonico, ha sentito e conosciuto l’Amazzonia. La sua chiarezza mi ha sempre sorpreso, alla fine dell’incontro le sue parole, dopo anni, ci sono rimaste impresse: «Non permettete a nessuno di passarvi sopra, la Chiesa ha bisogno di voi».
Il 12 febbraio 2020, data simbolica per gli ecuadoriani, abbiamo ricevuto l’esortazione Querida Amazonia. Da allora è iniziato un kairos, la periferia amazzonica è al centro di cambiamenti significativi. Mi sento benedetta perché il sogno di una Chiesa che accompagna un popolo che lotta e soffre è in cammino. Le preghiere dei miei genitori hanno dato frutto. E questo grazie al Papa.
* Rappresentante del popolo originario Kichwa di Sarayaku (Ecuador)
Attivista per l’Amazzonia, i diritti umani e della terra
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