La tenerezza di Francesco che accorcia le distanze, balsamo sulle fragilità La tenerezza di Francesco che accorcia le distanze, balsamo sulle fragilità 

A Betlemme la pratica della tenerezza cara a Francesco

Nell'Istituto Effetà in Palestina, dove l'incidenza della sordità in alcuni villaggi arriva ad essere la seconda causa di disabilità, il personale continua a vedere nella persona abbandonata nel buio silenzio della solitudine una “perla preziosa” inestimabile e a circondarla di amore, come vuole il Papa

di Lucia Maule*

«Tenerezza», una delle parole che Papa Francesco ripete spesso, è lo sguardo con cui la mamma accarezza il suo piccolo, che stringe tra le sue braccia. Pur essendo un sentimento delicato nei confronti di chi è indifeso, la tenerezza innesca il potente istinto di protezione, creativo e intrepido. Sono stati mossi da questa «tenerezza» i nostri santi, Giovanni Antonio Farina, vescovo e fondatore, e il Papa Paolo VI, le cui intuizioni sono all’origine dell’opera alla quale collaboriamo: si sono lasciati commuovere dalla fragilità indifesa e vulnerabile del sordomuto. È scattata nel loro cuore la molla dell’azione, finalizzata a proteggere e a salvare dall’isolamento i portatori di questo terribile handicap; ed è nato così, nel 1971, l’Effetà.

«Quando i bambini sono accolti, amati, custoditi, tutelati, la famiglia è sana, la società migliora, il mondo è più umano... è un segno concreto della bontà di Dio. È un segno concreto che la società migliora»: con queste parole Papa Francesco ha parlato del nostro istituto che si occupa dei bambini palestinesi sordomuti, durante la messa celebrata, il 25 maggio 2014, nella piazza della Mangiatoia a Betlemme.

L’istituto Effetà Paolo VI è importante per la popolazione palestinese perché qui è molto alta la percentuale delle persone che soffrono di gravi limiti uditivi e quindi prive di comunicazione e socializzazione. Nella nostra scuola dopo un paziente esercizio di rieducazione si impara a parlare e dunque a gestire la propria vita con serenità. La sordità colpisce il 3% circa della popolazione e nelle zone più isolate anche il 15%, ed è la seconda causa di disabilità in Palestina. Molti dei nostri bambini provengono da villaggi isolati, fra Betlemme e Hebron.

Dopo cinquantadue anni, noi dell’Effetà assistiamo, con le nostre maestre e tutto il personale, al ripetersi di quanto compiuto da Gesù, che prese in disparte il sordo e gli ridonò la dignità restituendolo udente, alla famiglia.

Lo sguardo grato delle mamme e dei papà i cui figli hanno imparato a parlare, l’amicizia che continua anche quando quei piccoli sono cresciuti: nonostante le tante difficoltà, le ristrettezze economiche e il vivere circondati da muri, continuiamo a vedere che la Provvidenza ci assiste e siamo quotidianamente confortate. Accogliamo circa duecento alunni, nella quasi totalità appartenenti a famiglie musulmane, che vengono da Betlemme e dai paesi vicini. Ad alcune bambine che risiedono lontano e sono impossibilitate a frequentare Effetà ogni giorno a causa dei check point, offriamo un convitto settimanale fino al venerdì, quando rientrano in famiglia. Ormai da diversi anni ha aperto la rieducazione precoce logopedica individuale dei bambini con un’età inferiore all’anno, così da accompagnarli dal momento in cui viene loro diagnosticata la disabilità fino all’inserimento nella scuola: da quella di infanzia fino all’esame di maturità.

Seguendo le orme del nostro fondatore e l’intuizione di Papa Montini, che volle dar vita all’istituto perché rimanesse quale segno della sua storica visita in Terra Santa del gennaio 1964, continuiamo a vedere nella persona emarginata, abbandonata nel buio silenzio della solitudine, quella “perla preziosa” inestimabile, per cui vale la pena di investire forze e risorse, circondandola di amore e di tenerezza. Chi è infatti più povero ed indifeso di colui o colei che non può percepire il suono della voce dei propri cari né le voci della natura? Chi è più povero di chi è tagliato fuori dalla comunicazione verbale e non può esprimere i suoi sentimenti, la sua volontà, i suoi bisogni? Giovanni Antonio Farina lo aveva capito, e aveva per questi bambini la tenerezza di una madre e ogni particolare attenzione. Diceva alle suore che le persone sordomute «meritano maggiormente l’affetto» e spronava così le nostre consorelle a quel tempo: «Avvicinatevi a loro; date la luce dell’intelletto; sciogliete la lingua; suggerite le parole; usate pazienza; siate costanti e riscattate la dignità di persona che loro spetta; che possano cantare le meraviglie della creazione».

Sono grata di poter partecipare a questo servizio e a questa missione, portando in questo spicchio di mondo un po’ di tenerezza.

*Suora delle Maestre di Santa Dorotea Figlie dei Sacri Cuori - Istituto Effetà di Betlemme

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13 marzo 2023, 08:00