Francesco abbraccia i bimbi malati di Budapest: "Grazie per la vostra tenerezza"
Tiziana Campisi – Città del Vaticano
Comincia all’Istituto cattolico per ciechi e Casa speciale per bambini Beato László Batthyány-Strattmann la seconda giornata in Ungheria di Papa Francesco. Il Pontefice arriva intorno alle 8.45. Ad accoglierlo, in quella che per tanti bambini ipovedenti o con bisogni educativi speciali è una vera e propria dimora, è il direttore del centro, György Inotay, che gli mostra alcune aule della struttura. (Ascolta il servizio con la voce del Papa)
Francesco viene accompagnato quindi in una sala in sedia a rotelle, che non desta curiosità o stupore fra le tante altre dei bambini con disabilità gravi che nell’istituto vengono non solo curati e assistiti, ma anche educati e avviati ad una professione. Ci sono anche ragazzi, prima in affidamento, ai quali la Casa Beato László Batthyány-Strattmann ha dato una professione, formandoli come infermieri. Il direttore del centro saluta il Papa con la preghiera francescana di pace, poi vengono eseguiti alcuni canti. Francesco ascolta abbracciando con il suo sguardo i piccoli, poi ringrazia tutti “per l’accoglienza e la tenerezza”.
Grazie per i vostri canti, per i gesti, per i vostri occhi. Grazie signor direttore perché lei ha voluto cominciare quest’atto con la preghiera di San Francesco che è un programma di vita. Perché sempre il Santo chiede la grazia che dove non c’è qualcosa che io possa fare qualcosa, quando manca qualcosa io posso fare qualcosa. In un cammino dalla realtà come è, portare avanti, far camminare la realtà.
Il Papa aggiunge che questo è Vangelo puro, che “Gesù è venuto a prendere la realtà com’era e portarla avanti”, che “sarebbe stato più facile prendere le idee, le ideologie e portarle avanti senza tenere conto della realtà”, ma che il cammino evangelico, quello di Gesù, è questo: portare avanti la realtà così com’è.
Lo scambio dei doni
Al Pontefice la Casa Beato László Batthyány-Strattmann offre alcuni doni, tra questi una borsa a tracolla - blu e bianca per richiamare la bandiera dell’Argentina, la patria di Francesco, e gialla e bianca come i colori del Vaticano -, e poi una coroncina del Rosario, ancora gialla e bianca, con una croce tau in frassino bianco che è stata intagliata dal direttore dell’istituto. Vengono consegnate anche una lettera in scrittura Braille, una in italiano e una lettera con la storia della guarigione di un bambino cieco raccontata da monsignor Miklós Beer, vescovo emerito di Vác. Francesco ricambia donando una scultura, realizzata a Lecce, della Madonna che scioglie i nodi, alla quale è particolarmente devoto.
Nel lasciare l’istituto il Papa si ferma a salutare un centinaio di bambini e giovani di una parrocchia vicina, dedicata a San Laszlo, che lo attendevano con preghiere e canti lungo la strada. Insieme a loro alcuni abitanti della zona radunatisi per incontrare il Pontefice.
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