Abusi, il Papa: ognuno di noi toccato da questo male, riparare le vite spezzate
Salvatore Cernuzio – Città del Vaticano
Nessuno, né vescovi, né sacerdoti, religiosi, laici e neanche il Papa, oggi “può dire onestamente di non essere toccato dalla realtà degli abusi sessuali nella Chiesa”. Un male che necessita di “redenzione” e “riparazione”, soprattutto per chi ha la vita spezzata. Francesco torna a parlare della più grave piaga del corpo ecclesiale, quella degli abusi, che ha portato “lacerazioni” nella Chiesa e nel mondo ed esorta a proseguire l’impegno di “migliorare le linee guida e gli standard di comportamento del clero e dei religiosi”, chiedendo anche un rapporto annuale su ciò che sta funzionando bene e ciò che non funziona, “in modo da poter apportare le opportune modifiche”.
Appelli e richieste che il Papa esprime nell’udienza ai partecipanti alla plenaria della Pontificia Commissione per la Tutela dei Minori, iniziata il 3 maggio scorso al Palazzo Maffei Marescotti di Roma e in conclusione domani, sabato 6. Si tratta del primo incontro con il Pontefice da quando la “nuova” Commissione, guidata sin dalla istituzione dal cardinale statunitense Sean O’Malley, è stata annunciata nel settembre 2022 con la nomina di dieci membri e dopo la pubblicazione della Praedicate evangelium che ha incluso l’organismo nella Dicastero per la Dottrina della Fede.
Piani contro le disuguaglianze nel mondo
“I semi” gettati circa dieci anni fa “stanno crescendo, lo vediamo”, rileva il Papa, lodando il lavoro svolto dalla Commissione, che negli anni e anche recentemente ha registrato le dimissioni di alcuni membri. In particolare Francesco dice di aver “appreso con piacere” dell’accordo di cooperazione stipulato con il Dicastero per l’Evangelizzazione, “soprattutto in considerazione del suo vasto raggio d’azione in molti dei luoghi più dimenticati del mondo”. E si dice “incoraggiato” dai piani approntati per affrontare le disuguaglianze all’interno della Chiesa, in termini di formazione e servizio alle vittime in Africa, Asia e America Latina.
Non è giusto, infatti, che le aree più prospere del pianeta possano contare su programmi di tutela ben formati e ben finanziati, in cui le vittime e le loro famiglie sono rispettate, mentre coloro che vivono in altre parti del mondo soffrono in silenzio, magari respinti o stigmatizzati quando cercano di farsi avanti per raccontare gli abusi subiti.
Riflettere sul passato per le sfide del presente
“Anche in quest’ambito, la Chiesa deve sforzarsi di diventare un esempio di accoglienza e di buon modo di agire”, afferma il Papa. Che guarda quindi alle tante e diverse sfide da affrontare e da affrontare “con saggezza e coraggio”, mai dimenticando il passato e l’approccio usato contro questi crimini.
Negli ultimi dieci anni abbiamo tutti imparato molto, me compreso!
Incapacità di agire correttamente
“L’abuso sessuale di minori da parte del clero e la sua cattiva gestione da parte dei leader ecclesiastici sono stati una delle sfide più grandi per la Chiesa del nostro tempo”, afferma Francesco. “Molti di voi hanno impegnato la propria vita in questa causa”, dice il Papa ai membri della Commissione, tra cui figurano anche alcune vittime di violenze.
Le guerre, la fame e l’indifferenza verso la sofferenza altrui sono realtà terribili del nostro mondo, sono realtà che gridano al Cielo. La crisi degli abusi sessuali, però, è particolarmente grave per la Chiesa, perché mina la sua capacità di abbracciare in pienezza la presenza liberatrice di Dio e di esserne testimone.
Con dolore il Papa constata che “l’incapacità di agire correttamente per fermare questo male e di venire in aiuto alle sue vittime ha deturpato la nostra stessa testimonianza dell’amore di Dio”. E non si tratta solo dei torti commessi ma anche dei peccati di omissione.
“Non aver fatto ciò che avremmo dovuto, soprattutto da parte dei leader della Chiesa, ha scandalizzato molti, e negli ultimi anni la consapevolezza di questo problema si è estesa a tutta la Comunità cristiana”, ammette Francesco. Tuttavia, ribadisce l’impegno che la Chiesa ha provato e sta provando a mettere in atto per contrastare questo male. “Non siamo rimasti in silenzio o inattivi”, assicura il Pontefice, ricordando anche il recente rinnovo del Motu Proprio Vos estis lux mundi, divenuto “regolamento permanente”.
Anche i leader della Chiesa sminuiti
Sicuramente “ci sono miglioramenti che vi si possono apportare”, ma il lavoro va avanti secondo una “spiritualità di riparazione”. Al riguardo il Papa indica tre principi. Il primo è quello della speranza.
Il terribile senso di perdita provato da tanti a causa degli abusi può sembrare a volte troppo pesante da sopportare.
“Anche i leader della Chiesa, che condividono un comune senso di vergogna per l’incapacità di agire, sono stati sminuiti - afferma Francesco - e la nostra stessa capacità di predicare il Vangelo è stata ferita. Ma il Signore, che in ogni tempo fa nascere cose nuove, può ridare vita alle ossa inaridite”. È una certezza, questa, che il Pontefice chiede di non perdere mai, anche se il cammino è “arduo e faticoso”.
Non scoraggiatevi quando sembra che poco stia cambiando in meglio. Perseverate, andate avanti!
Ricongiungere i pezzi
L’attenzione si concentra quindi sulle tante vittime che “rimangono avvilite per il fatto che un abuso avvenuto molti anni fa crea ancora oggi ostacoli e spaccature nelle loro vite. Le conseguenze degli abusi possono verificarsi tra coniugi, tra genitori e figli, tra fratelli e sorelle, tra amici e colleghi. Le comunità sono sconvolte; la natura insidiosa dell’abuso abbatte e divide le persone, nel loro cuore e tra di loro”. Anche qui, però, l’invito è ad una prospettiva di speranza e rinascita: “La nostra vita non è destinata a rimanere divisa. Ciò che si è infranto non deve rimanere a pezzi”.
Laddove dunque la vita si è spezzata, vi chiedo di contribuire concretamente a ricongiungerne i pezzi, nella speranza che quanto è frantumato si possa ricomporre.
L'incontro con i sopravvissuti
A queste parole Francesco congiunge l’esperienza personale, l’incontro, cioè, con un gruppo di sopravvissuti da abusi che hanno chiesto di incontrare la direzione dell’istituto religioso che gestiva la scuola da loro frequentata circa 50 anni fa. “Erano tutte persone anziane e alcune di loro, consapevoli dello scorrere veloce del tempo, hanno espresso il desiderio di vivere in pace gli ultimi anni della vita”. E la pace significava “riprendere la relazione con la Chiesa che li aveva offesi”: “Volevano chiudere non solo con il male subito, ma anche con le domande che da allora portavano dentro di sé. Volevano essere ascoltati, creduti, volevano qualcuno che li aiutasse a capire. Abbiamo parlato insieme e hanno avuto il coraggio di aprirsi”.
In particolare, il Papa si dice colpito dalla esperienza della figlia di uno degli abusati che ha parlato dell’impatto dell’esperienza del padre su tutta la famiglia: “Riparare i tessuti lacerati della storia è un atto redentivo…”.
I danni del passato
Infine il Papa, citando la poetessa e attivista nordamericana Maya Angelou, vittima anche lei di abusi e povertà e simbolo dei diritti afroamericani, esorta a “coltivare il rispetto e la gentilezza di Dio”: "Ora è il momento di rimediare al danno fatto alle generazioni che ci hanno preceduto e a coloro che continuano a soffrire".
Al servizio delle Chiese particolari
“È importante che non smettiamo mai di andare avanti”, insiste Papa Francesco. Alla Pontificia Commissione domanda di continuare a mettersi “a servizio delle diverse Chiese particolari”, perché “i principi del rispetto della dignità di tutti, della buona condotta e di uno stile di vita sano devono diventare una norma universale, indipendentemente dalla cultura e dalla situazione economica e sociale delle persone”.
Tutti i ministri della Chiesa devono mostrarli nel servire i fedeli, e a loro volta devono essere trattati con rispetto e dignità da chi guida la comunità.
“Del resto – rimarca Francesco -, una cultura della tutela avrà luogo solo se ci sarà una conversione pastorale in tal senso tra i suoi leader”.
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