Il Papa: giovani precari e donne schiave del lavoro selettivo. Famiglia è futuro
Salvatore Cernuzio - Città del Vaticano
“Appena 393 mila”. Parte da qui, Papa Francesco, dal dato dei “nuovi nati” che l’Italia ha registrato lo scorso anno - “il minimo storico” - per indicare la sua preoccupazione per il calo demografico che caratterizza tutta l’Europa. La stessa preoccupazione che manifesta per la cultura di oggi “nemica” della famiglia, che esorta a contrastare con la speranza per il futuro mettendo al mondo nuove vite, superando anche quei “condizionamenti quasi insormontabili per le donne”: le “più danneggiate” e “schiave di questo lavoro selettivo”.
Francesco prende parte per la seconda volta agli Stati Generali della Natalità, evento promosso dal Forum delle Associazioni familiari nell’Auditorium della Conciliazione, sul tema Sos Tenere #Quota500mila. Già nel 2021 il Papa aveva partecipato alla seconda edizione dell’iniziativa, svoltasi sempre all’Auditorium ma in misura ‘ristretta’ a causa delle limitazioni imposte dalla pandemia. A fianco a lui c’era l’allora presidente del Consiglio, Mario Draghi. Oggi, 12 maggio, Papa Francesco siede sul grande palco dell’Auditorium e seduta alla sua destra c’è la premier Giorgia Meloni che prende parola prima del Pontefice, ribadendo l’attenzione e l’azione del governo italiano per il tema della natalità, per la “fame di futuro” dei giovani, per il sostegno alle donne.
La speranza di un popolo
Francesco, arrivato in anticipo e accolto da un applauso fragoroso delle tante scolaresche riunite nell’aula, siede su una poltrona circondato da una trentina di bambini seduti a terra o su poltroncine che indossano felpe blu con il logo dell’evento. Il Papa li saluta, poi ascolta i vari interventi: Meloni, ma anche Gigi De Palo, presidente della Fondazione per la Natalità che proprio sul tema della natalità - "che riguarda la salute economica e sociale del Paese" - lancia l'allarme: "Non c'entrano i valori o gli schieramenti politici, ma cosa accade nel presente e cosa accadrà nel futuro a tutti noi, nessuno escluso. Un dato su tutti: siamo al record negativo di 339 mila nascite a fronte di 700 mila morti. Se non cambia qualcosa, tra qualche anno, crollerà tutto". Non dimentichiamo, aggiuge De Palo, che "la nascita di un figlio migliora anche la qualità della nostra cittadinanza: una società più anziana ha come effetto non solo quello di minore forza lavoro, ma anche di minore forza creativa e innovativa. E questo sta incidendo e inciderà sempre di più sulla qualità della vita di tutti, a qualsiasi schieramento apparteniamo e qualsiasi siano i nostri valori di riferimento".
Prendendo la parola, il Papa anzitutto si scusa “di non parlare in piedi, ma non tollero il dolore quando sono in piedi”; poi ribadisce che il tema della natalità è “centrale per tutti, soprattutto per il futuro dell’Italia e dell’Europa”.
La nascita dei figli, infatti, è l’indicatore principale per misurare la speranza di un popolo. Se ne nascono pochi vuol dire che c’è poca speranza.
Il pensiero per le donne
Nel suo discorso, in cui cita Puccini e Peguy, la Bibbia e l’Amoris laetitia, Francesco chiama in causa tutti: cultura, società, politica. In primis la politica perché, afferma, “è sotto gli occhi di tutti che il mercato libero, senza gli indispensabili correttivi, diventa selvaggio e produce situazioni e disuguaglianze sempre più gravi”. Il pensiero va alle donne: “Le più danneggiate sono proprio loro”.
Giovani donne spesso costrette al bivio tra carriera e maternità, oppure schiacciate dal peso della cura per le proprie famiglie, soprattutto in presenza di anziani fragili e persone non autonome. In questo momento le donne sono schiave di questa regola del lavoro selettivo, che impedisce loro pure la maternità.
Ricadute economiche e sociali
“Due fotografie”, indica poi Papa Francesco, due scene avvenute in Piazza San Pietro. La prima è quella già citata in altre occasioni del suo segretario che in Piazza ha incontrato una signora col passeggino con dentro alcuni cagnolini; l’altra è avvenuta quindici giorni fa: “All’udienza generale io andavo a salutare, è arrivata una signora, 50enne più o meno. Come me…”, dice con una battuta che suscita le risate dei presenti. “Saluto la signora e lei apre la borsa e dice: ‘Me lo benedice il mio bambino?’. Il cagnolino… Io non ho avuto tanta pazienza, l’ho sgridata e le ho detto: ‘Signora, tanti bambini hanno fame e lei con il cagnolino'". “Queste sono scene del presente ma se le cose vanno così, sarà l’abitudine del futuro”, afferma Francesco.
Questo, per il Pontefice, “non ha solo ricadute dal punto di vista economico e sociale, ma mina la fiducia nell’avvenire”. “Oggi - afferma - mettere al mondo dei figli viene percepito come un’impresa a carico delle famiglie. E questo, purtroppo, condiziona la mentalità delle giovani generazioni, che crescono nell’incertezza, se non nella disillusione e nella paura”.
Vivono un clima sociale in cui metter su famiglia si è trasformato in uno sforzo titanico, anziché essere un valore condiviso che tutti riconoscono e sostengono.
La paura dei giovani
Sentirsi soli e costretti a contare esclusivamente sulle proprie forze “è pericoloso”, vuol dire “erodere lentamente il vivere comune e rassegnarsi a esistenze solitarie, in cui ciascuno deve fare da sé”, sottolinea Papa Francesco. La conseguenza è “che solo i più ricchi possono permettersi, grazie alle loro risorse, maggiore libertà nello scegliere che forma dare alle proprie vite. E questo è ingiusto, oltre che umiliante”. Certo, “tra guerre, pandemie, spostamenti di massa e crisi climatiche, il futuro pare incerto”, ammette il Papa, "amici, è incerto; non solo pare, è incerto". Il contesto è di “incertezza e fragilità” e a farne le spese sono i giovani che “sperimentano più di tutti una sensazione di precarietà, per cui il domani sembra una montagna impossibile da scalare”.
Difficoltà a trovare un lavoro stabile, difficoltà a mantenerlo, case dal costo proibitivo, affitti alle stelle e salari insufficienti sono problemi reali.
Ma ricordiamo, dice il Papa a braccio, "dalla crisi non si esce da soli, o usciamo tutti o non usciamo; e dalla crisi non si esce uguali: usciremo migliori o peggiori. Ricordiamo questo. Questa è la crisi di oggi".
Politiche lungimiranti
Francesco ricorda un aneddoto di qualche anno fa: "Una coda davanti a una compagnia di trasporti, una coda di donne che cercavano lavoro. Ad una avevano detto che toccava a lei… Presenta i dati… 'Va bene, lei lavorerà undici ore al giorno, e lo stipendio sarà di 600 (euro). Va bene?'. E lei: 'Ma come, ma con 600 euro… 11 ore… non si può vivere…'. 'Signora, guardi la coda, e scelga. Le piace, lo prende; non le piace, fa la fame'. Questa è un po’ la realtà che si vive".
Anche questo è il segno di “una cultura poco amica, se non nemica, della famiglia, centrata com’è sui bisogni del singolo, dove si reclamano continui diritti individuali e non si parla dei diritti della famiglia”, annota Papa Francesco. La Provvidenza non manca sicuramente e “milioni di famiglie lo testimoniano con la loro vita e le loro scelte", ma "l’eroismo di tanti - dice chiaramente - non può diventare una scusa per tutti”.
Occorrono politiche lungimiranti. Occorre predisporre un terreno fertile per far fiorire una nuova primavera e lasciarci alle spalle questo inverno demografico.
Non degenerare nella tristezza
“Non possiamo accettare che la nostra società smetta di essere generativa e degeneri nella tristezza”, insiste il Papa, "quando non c’è generatività viene la tristezza. È un malessere brutto, grigio. Non possiamo accettare passivamente che tanti giovani fatichino a concretizzare il loro sogno familiare e siano costretti ad abbassare l’asticella del desiderio, accontentandosi di surrogati privati e mediocri: fare soldi, puntare alla carriera, viaggiare, custodire gelosamente il tempo libero…”. Tutte cose buone e giuste “quando rientrano in un progetto generativo”; se invece rimangono solo aspirazioni individuali, “inaridiscono nell’egoismo e portano a quella stanchezza" che "caratterizza la nostra società come società della stanchezza!”.
Ridiamo fiato ai desideri di felicità dei giovani! Ognuno di noi sperimenta qual è l’indice della propria felicità: quando ci sentiamo ripieni di qualcosa che genera speranza…
Al contrario, si è tristi e "grigi" quando “ci chiudiamo e percepiamo tutto come una minaccia”. Ecco, “la natalità, così come l’accoglienza, che non vanno mai contrapposte perché sono due facce della stessa medaglia, ci rivelano quanta felicità c’è nella società”, rimarca Francesco.
Questione di speranza
“Speranza”, è la parola a lui “cara” che lascia come mandato: “La sfida della natalità è questione di speranza”. Ma attenzione, “la speranza non è, come spesso si pensa, ottimismo, non è un vago sentimento positivo sull’avvenire”. Non è “illusione o emozione”, ma ha a che fare con scelte concrete.
Alimentare la speranza è dunque un’azione sociale, intellettuale, artistica, politica nel senso più alto della parola; è mettere le proprie capacità e risorse al servizio del bene comune, è seminare futuro. La speranza genera cambiamento e migliora l’avvenire.
È, questa, una consapevolezza che va controcorrente oggi che “ci sono tante, tante Turandot che dicono che la speranza sempre delude. La Bibbia ci dice invece che la speranza non delude”. E ancora citando la Bibbia, il Papa aggiunge: “Non rassegniamoci al grigiore e al pessimismo sterile… È proprio nei deserti più aridi che Dio apre strade nuove. Cerchiamo insieme queste strade!”.
Trovare soluzioni in mezzo alle ingiustizie
La speranza, conclude Papa Francesco, “interpella a mettersi in moto per trovare soluzioni che diano forma a una società all’altezza del momento storico che stiamo vivendo, tempo di crisi attraversato da tante ingiustizie. E la guerra è uno di questo”. Da qui, un’ultima raccomandazione:
I figli non sono beni individuali, ma persone che contribuiscono alla crescita di tutti, apportando ricchezza umana e generazionale
Un bonsai e un abbraccio
A conclusione dell’evento, al Papa è stato donato da tre ragazze incinte un bonsai, una pianta simbolica: “È una pianta che dobbiamo seminare oggi per raccogliere i frutti domani”, ha spiegato De Palo. Infine, un abbraccio di gruppo di tutti i bambini presenti sul palco, stretti intorno al Vescovo di Roma.
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