Il missionario e la Gmg di Seoul
di Fabrizio Peloni
Con ancora nel cuore l’abbraccio tra il Papa e i giovani a Lisbona, stamani in Aula Paolo VI — alla prima udienza generale dopo la pausa di luglio — ha preso il via la preparazione spirituale per la prossima Giornata mondiale della gioventù che si svolgerà a Seoul nel 2027. Il pellegrinaggio verso la Corea del Sud è iniziato stamani con un altro abbraccio: tra Papa Francesco e padre Vincenzo Bordo, missionario italiano fondatore proprio a Seoul della “Casa di Anna”, una delle istituzioni caritative più importanti nel Paese. Padre Bordo è talmente entrato nel dna del popolo coreano da scegliere per sé il nome Kim Ha Jong. Kim come il nome del primo martire coreano e Ha Jong che nella lingua locale significa “servo di Dio”.
I giovani verso Seoul nel segno della speranza della “Casa di Anna”
Il cammino verso la Gmg di Seoul, insomma, è iniziato stamani sotto il segno della missione e del servizio ai più fragili. «Nella lingua coreana non si dice “io”, si dice sempre “noi”: questa potrebbe essere la chiave della Gmg che non è un evento ma un cammino di riscoperta, di speranza e, come ha detto il Papa, un bel segno dell’universalità della Chiesa e del sogno di unità di cui i giovani sono testimoni» spiega padre Bordo - Kim Ha Jong. Viterbese, 66 anni, religioso Oblato di Maria Immacolata, è in Corea da oltre 30 anni, dopo una esperienza missionaria in Senegal. Dal 1998 a Song-nam, un sobborgo di Seoul, la “Casa di Anna” ha offerto oltre tre milioni di pasti, garantito più di ventimila interventi sanitari e realizzato tante altre iniziative a supporto degli “scartati” delle periferie. Ma «il dono più grande che la “Casa di Anna” può dare ai più fragili ha molto a che fare con l’essenza della Gmg: è la speranza». E forse — suggerisce padre Bordo - Kim Ha Jong che stamane ha presentato al Papa il suo ultimo libro Chef per amore. Missionario tra i poveri in Corea — le strade della Gmg di Seoul dovranno passare proprio dall’esperienza della “Casa di Anna” che — spiritualmente — ha già spalancato le proprie porte ai giovani. Aperte come le porte del “Bus cercatrovaragazzi” del progetto Azit h24, che il missionario definisce «un oratorio mobile, un ospedale da campo per curare le ferite dei giovani che vivono nelle strade, un’oasi di pace per dare ristoro a chi nelle tormentate notti della vita si perde e un oceano di consolazione per dare ascolto a chi tra loro è vittima di abusi».
Di ritorno da Lisbona senza paura di cambiare il mondo
Nella catechesi il Pontefice ha rivissuto — con i numerosi giovani presenti in Aula Paolo VI — il cammino e le emozioni della Gmg appena conclusa a Lisbona. Rilanciando l’invito a vivere senza aver paura di cambiare il mondo. Nel ripercorrere i momenti salienti del suo 42° viaggio internazionale — durante il quale si è recato in visita anche al santuario di Fátima — il Pontefice ha portato in Aula Paolo vi lo stesso clima ed entusiasmo e trasmesso le emozioni vissute in terra portoghese — come ha affermato oggi — «sulle vie del Vangelo, e questo è fonte di speranza per la famiglia umana». Soprattutto dopo il periodo di isolamento e chiusura dovuto alla pandemia, di cui proprio i giovani hanno risentito in modo particolare. E i ragazzi hanno risposto coraggiosamente diventando, anche stamane, gli attori principali di una storia di comunione, di accoglienza, di fratellanza e di ricerca di Dio.
Molte persone presenti in Aula hanno preso parte alla Gmg di Lisbona. Nei loro occhi e nei loro cuori è ancora viva la grande esperienza di fede e di incontro, di condivisione e di crescita, vissuta nella capitale portoghese. Da varie nazioni sono venuti per dire grazie al Papa, per ascoltarlo ancora, quasi a voler dimostrare che loro ci sono, pronti a cambiare il mondo senza aver paura, così come ha chiesto Francesco.
Il saluto dei ragazzi di Tonga
A dar vita a una vera e propria “appendice” della Gmg sono stati, in particolare, oltre cento giovani della diocesi di Tonga. Hanno così continuato il loro pellegrinaggio di fede accompagnati dal direttore della pastorale giovanile, James Mafy. In Aula Paolo vi hanno sventolato piccole bandiere nazionali, cantando e rilanciando, come a Lisbona, lo slogan identificativo del gruppo, il saluto beneaugurante nella propria lingua, “mälö lelei”. Per loro quasi una parola d’ordine. All’udienza generale era presente anche il gruppo dei giovani della diocesi di Arecibo, nella provincia ecclesiastica di San Juan (Puerto Rico). Per tutti — la delegazione è composta da 41 giovani e due sacerdoti — si è trattato della prima volta a Roma, mentre alcuni di loro avevano partecipato alla Gmg di Rio de Janeiro nel luglio del 2013. E in Aula, stamani, era presente, padre Omar Raposo, rettore del santuario del Cristo Redentore a Rio.
Da Ucraina, Libano e Siria nel nome di La Pira per costruire la pace
L’appuntamento di Seoul nel 2017 lo hanno già messo in agenda i giovani dell’Opera fiorentina “Giorgio La Pira”. Stamani lo hanno detto al Papa, durante l’udienza generale, accompagnando otto giovani venuti da Ucraina, Libano e Siria. In particolare, tre giovani ucraini cattolici originari di Kyiv e Kharkiv: Daryna e Dariia, studentesse universitarie, e Kyrylo, che si sta dando da fare come volontario per sostenere la popolazione stremata dalla guerra. Con speranza hanno ascoltato l’appello del Papa perché l’Ucraina possa presto ritrovare la pace.
Con gli ucraini, hanno incontrato il Pontefice anche Mady e Ghady, due ragazzi libanesi cattolici, una latina e l’altro maronita, provenienti da Tiro e Beirut. E due giovani siriani, Stella e padre Dany Kadar — impegnati nella pastorale in particolare sulla questione dei migranti — collaboratori dell’arcivescovo di Homs dei Siri, monsignor Jacques Mourad, co-fondatore della comunità di Mar Mousa con padre Paolo Dall’Oglio. Rapito nel 2015, monsignor Mourad è rimasto per cinque mesi nelle mani di estremisti islamici. Nei prossimi giorni gli otto giovani si ritroveranno al Villaggio “La Vela”, a Castiglione della Pescaia, nel Grossetano, per un campo internazionale promosso dall’Opera “La Pira” — con lo stile del “sindaco santo” — per confrontarsi sulle grandi questioni del dialogo per la pace nel Mediterraneo. Saranno presenti — con i ragazzi delle diocesi di Firenze e di Fiesole — anche giovani israeliani, palestinesi e russi e una rappresentanza di giovani musulmani che vivono in Italia.
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